I Lombardi alla prima Crociata Jerusalem

Posted by on October 26, 2023

I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera Musica di Giuseppe Verdi Arvino Antonio Corianò Pagano Michele Pertusi Viclinda Giulia Mazzola Giselda Lidia Fridman Pirro Luca Dall’Amico Priore Zizhao Chen Acciano William Corrò Oronte Antonio Poli Sofia Galina Ovchinnikova Violino solista Mihaela Costea Maestro concertatore e direttore Francesco Lanzillotta Regia,

I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA
Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi

Arvino Antonio Corianò
Pagano Michele Pertusi
Viclinda Giulia Mazzola
Giselda Lidia Fridman
Pirro Luca Dall’Amico
Priore Zizhao Chen
Acciano William Corrò
Oronte Antonio Poli
Sofia Galina Ovchinnikova

Violino solista Mihaela Costea

Maestro concertatore e direttore Francesco Lanzillotta
Regia, scene, costumi e video Pier Luigi Pizzi
Luci Massimo Gasparon Coreografie Marco Berriel
Filarmonica Arturo Toscanini
Orchestra Giovanile della Via Emilia
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro Martino Faggiani
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma

https://www.raiplay.it/video/2020/10/Opera—Jerusalem-0f2b7089-9780-4f16-a256-a1d52fd50d2e.html

https://www.raiplay.it/video/2020/11/Jerusalem—Secondo-atto-08cd3be9-bcb6-4507-bbf1-a84f92e1cb2c.html

https://www.raiplay.it/video/2020/11/Jerusalem—Terzo-e-quarto-atto-f9d85873-0aa1-4f6b-81dc-eb697e64e74a.html

https://www.raiplay.it/video/2020/11/Jerusalem—Quarto-atto-6d3eb0da-f0b7-4a89-a9ec-c192b2d75bd3.html

https://my.mail.ru/mail/vassilevv.v/video/2/1311.html

Veronica Villarroel, Carlo Colombara, Ivan Morimov, Alain Fondary, Frederica Bragaglia, Giorgio Casciarri

Regia
Ermanno Olmi

Conductor Michel Plasson
Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova
Coro del Teatro Carlo Felice di Genova
Chorus Master Ciro Visco

Choreographer Mauro Bigonzetti
Stage Director Piergiorgio Gay
Stage Designer Danilo Donati
Costume Designer Danilo Donati

Jérusalem

Gaston, Vicomte de Béarn
RAMON VARGAS

Le comte de Toulouse
PABLO GÁLVEZ

Roger, son frère
MICHELE PERTUSI
MIRCO PALAZZI (20/10)

Hélène, fille du comte
ANNICK MASSIS
SILVIA DALLA BENETTA (20/10)

Isaure, confidante d’Hélène
VALENTINA BOI

Adhémar de Monteil, Légat
DEYAN VATCHKOV

Raymond, l’écuyer
PAOLO ANTOGNETTI

L’émir de Ramla
MASSIMILIANO CATELLANI

Un officier de l’émir
MATTEO ROMA

Un hérauld
FRANCESCO SALVADORI

Un soldat FRANCESCO SALVADORI

Maestro concertatore e direttore
DANIELE CALLEGARI

Regia, Scene, Costumi
HUGO DE ANA

Luci
VALERIO ALFIERI

Projection Designer
Ideogamma srl – SERGIO METALLI

Coreografie
LEDA LOJODICE

Maestro del coro
MARTINO FAGGIANI

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma

In coproduzione con Opéra de Monte-Carlo

Arvino, figlio di Folco so signore di Rò ROBERTO DE BIASIO
Pagano, figlio di Folcignore di Rò,
poi Eremita MICHELE PERTUSI
Viclinda, moglie d’Arvino CRISTINA GIANNELLI
Giselda, sua figlia DIMITRA THEODOSSIOU
SILVIA DALLA BENETTA (18)
Pirro, scudiero d’Arvino ROBERTO TAGLIAVINI
Un Priore della città di Milano GREGORY BONFATTI
Acciano, tiranno d’Antiochia JANSONS VALDIS
Oronte, suo figlio FRANCESCO MELI
Sofia, moglie del tiranno d’Antiochia DANIELA PINI / VERONICA SIMEONI (24)

Maestro concertatore e direttore
DANIELE CALLEGARI

Regia
LAMBERTO PUGGELLI

Scene
PAOLO BREGNI

Costumi
SANTUZZA CALÍ

Regista collaboratore
LORENZA CANTINI

Luci
ANDREA BORELLI

Maestro del coro
MARTINO FAGGIANI

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Allestimento del Teatro Regio di Parma

6 thoughts on “I Lombardi alla prima Crociata Jerusalem

  1. Aperitivi culturali agli Antichi Forni di Macerata luglio 2010

    Di Giosetta Guerra

    Le persone che frequentano gli incontri agli Antichi Forni di Macerata si aspettano di sentire cose nuove o curiosit? sulle opere che andranno ad ascoltare.
    Il 31 luglio Carla Moreni ha presentato al folto pubblico l?opera di Giuseppe Verdi ?La Forza del destino?, raccontandone la trama (che si pu? leggere ovunque) e mettendo in evidenza il carattere dei personaggi e alcune particolarit? musicali, certamente noti alla maggior parte degli astanti.
    Forse poteva essere pi? accattivante parlare di ci? che accadeva alla Scala nel 1869, fuori e dentro il teatro, prima e dopo il debutto dell’ultima edizione dell?opera in questione, degli interpreti, visto che il protagonista era marchigiano, dello stato d?animo di Verdi e dei compositori che attendevano il loro turno per l?uso del teatro, visto che uno di loro era marchigiano.
    Forse Carla Moreni non sa che esiste un libro di una marchigiana dove tutto questo ? ben descritto, ma Pier Luigi Pizzi s?.
    Insomma queste Marche le vogliamo valorizzare anche per ci? che ci hanno donato in passato o vogliamo farne una terra per ospiti graditi e non paganti che non metteranno piede nella nostra regione fino al prossimo invito? E noi marchigiani paghiamo, paghiamo anche per loro.

    Ecco un estratto dal mio libro sul tenore marchigiano, favorito di Verdi, ?Mario Tiberini?.
    Provate a vedere se appaga la vostra curiosit?, come ha appagato la mia.

    Durante la cosiddetta ?settimana grassa? di carnevale1869, alla Scala di Milano ogni sera viene allestita un?opera con il teatro illuminato a giorno.

    Domenica Don Carlos
    Luned? Mos?
    Marted? Gli Ugonotti
    Mercoled? Don Carlos
    Gioved? Mos?
    Venerd? Don Carlos
    Sabato Gli Ugonotti

    Le opere si protraggono per tutta la settimana di quaresima, (Tiberini canta solo ne Gli Ugonotti, nelle altre due canta Mongini), procurando un notevole ritardo sull?allestimento della nuova opera, La Forza del destino di Verdi. Gli abbonamenti per la realizzazione di tale opera erano comunque iniziati alla fine dell?anno precedente.
    Finalmente mercoled? 27 gennaio 1869 cominciano le prove de La Forza, sotto la direzione dello stesso Verdi e con un cast d?eccezione.
    Ma il Maestro ? preoccupato, perch?, a causa dei troppi impegni dei cantanti, le prove sono poche. Il 5 febbraio (domenica) 1869 Verdi scrive ad Escudier da Milano:
    ?Caro L?on,
    Sono qui da otto giorni e voleva scrivervi sempre in ogni giorno, ma nei primi giorni di prova vi ? sempre molto da fare, e non ho mai potuto farlo. Non saprei dirvi quando andr? in scena La Forza del Destino, perch? si fanno prove brevi, dovendo gli artisti cantare in questa settimana tutte le sere o D. Carlos o gli Ugonotti. Capite bene, tutte le sere! C?? da crepare cantar sempre opere di quella mole e provare il mattino?. (G. Marchesi ? Gli anni della Forza del destino, in Verdi, Bollettino dell?Istituto di Studi Verdiani, vol. II, n. 6, Parma, Istituto di Studi Verdiani, 1966).

    Il 10 febbraio l?opera non ? ancora andata in orchestra e gli altri compositori, che attendono il loro turno per presentare la loro opera alla Scala, sono in fibrillazione a causa di tali ritardi.
    La Commissione del Teatro alla Scala, infatti, aveva gi? inserito come opera d?obbligo nel cartellone della stagione un?opera nuova del compositore marchigiano Filippo Marchetti (1831-1902), che music? Ruy Blas nel 1869, ma il prolungarsi dei lavori per l?allestimento de La Forza del destino, la confina alla fine della stagione, l?opera andr? in scena alla Scala il 5 aprile dello stesso anno con Tiberini nel ruolo protagonista.
    ?Montuoro e Marchetti si sono messi l?anima in pace, giacch? volle il destino che in causa della ?Forza del destino? essi sieno forzati ad aspettare che le loro opere sieno date per ultime. Il ?Pungolo? per tranquillizzare Marchetti, dice che Tiberini ha prolungato il suo contratto, ma sino ad ora questo non ? che un pio desiderio del pubblico, che in Tiberini vede e riconosce un vero appoggio della stagione ed una balla dell?Impresa della Scala, la quale si ? addormentata e se la ?Forza del destino? ritarda di comparire, dovr? smettere le rappresentazioni, perch? Tiberini andr? via e allora non saranno pi? in tempo di riconfermarlo!? (Il Trovatore ? 4 febb. 1869 ? LA RIVISTA DELLA SETTIMANA – Firmato: IL NOVELLIERE).

    Mario Tiberini ? ormai diventato un punto fermo per molti compositori e per tutti gli spettatori. La sua partecipazione a questa opera verdiana rende ancor pi? frenetica l?attesa. E finalmente il 27 febbraio 1869 alla Scala di Milano avviene il debutto de La Forza del destino presentata nella definitiva edizione riformata. (Interpreti: Mario Tiberini tenore (Don Alvaro), Ida Benza Nagy giovane mezzosoprano magiaro (Preziosilla – debutto), Luigi Colonnese baritono (Don Carlo), Marcello Junca basso (Padre Guardiano), Giacomo Rota basso (Fra Melitone), Teresa Stolz soprano (Leonora), Giuseppe Vecchi basso (il Marchese di Calatrava), Ester Neri mezzosoprano (Curra), Luigi Alessandrini basso (un alcade), Antonio Tasso tenore (Mastro Trabucco), Vincenzo Paraboschi basso (un chirurgo militare). Scene di Carlo Ferrario, pittore dei costumi Pessina. Maestro del Coro Zirillo (bravissimo). Dir. Orch. Angelo Mariani. Clarinettista Bassi. Flautista Pizzi. Regista e coordinatore: Giuseppe Verdi. 13 repliche.

    Tutti i timori vengono di colpo fugati e tutte le ansie trovano appagamento nell?enorme successo ottenuto da quest?opera nuova, che fa incassare dieci mila lire.
    ?Tentar di ridire le emozioni vivissime che abbiam provato jersera alla Scala ? cosa impossibile. Non fu una prima rappresentazione – fu una festa dell?arte – una di quelle feste che lasciano incancellabile la loro memoria in quanti vi presero parte. Tutto il pubblico e l?orchestra in piedi, a batter le mani freneticamente, applausi con l?agitar dei cappelli, con lo sventolare in platea dei fazzoletti, e nei palchi col grido Viva Verdi.? (Il Pungolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 66 e 67.

    La sera della prima e nelle serate successive con la Stolz e Tiberini si toccano le punte pi? alte dell?entusiasmo e lo splendido allestimento dell?Impresa Bonola e Brunello contribuisce visibilmente alla buona riuscita dello spettacolo, che unisce la precisione tedesca al fuoco e al colorito italiano.
    ?E? vero che il solito Parravicini non pu? fare a meno di notare che, unitamente alla Benza, essi tendono a crescere rispetto al basso diapason,??ma ? anche vero che lo stesso critico riconosce che la Stolz merit? grandi applausi e che Tiberini fu sublime come attore e come cantante.? (Giorgio Gualerzi: op. cit. p. 902) ?Luigi Colonnese, la Benza, Rota, Tiberini gareggiarono a chi meglio.? (La Lombardia dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 66). La Stolz, Tiberini e Rota risultano essere gli eroi della serata. Unanime ? il consenso della critica per il tenore Mario Tiberini.
    ?Tiberini si rivel? per cos? grande artista, che io dovetti chinare il capo e rinnegare le mie ingiuste prevenzioni?, scrive il critico de Il Gazzettino Rosa (28 febbraio 1869) e su Il Pungolo si legge che ?la deliziosa romanza con cui si apre il terzo atto ? stata cantata dal Tiberini con quell?accento di cui egli solo possiede il segreto, e con quella correttezza artistica, che lunge dallo scemare, aggiunge espressivit? all?accento? (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 68), infine La Lombardia esprime ?speciale ammirazione pel tenore Tiberini , che in nessun?opera mai ci parve pi? grande, sia dal lato del canto che dell?azione drammatica.?
    Egli ottiene forti applausi nell?atto terzo per la romanza e il duettino col Colonnese e nell?ultimo atto per il duetto tenore ? baritono e il terzetto basso ? tenore ? soprano col quale si chiude l?opera. L?esecuzione della romanza del terzo atto ?da parte dell?esimio Tiberini fu all?altezza della bellissima composizione; poscia piacque il duetto di Carlo e Alvaro (ferito).? (Il Secolo, 28 febbraio 1869).
    ?Il duettino col baritono parve un giojello di limpida e serena melodia???Nell?atto quarto Havvi un bellissimo duetto per baritono e tenore (Colonnese e Tiberini )? ed un nuovo terzetto per soprano, tenore, e basso, che piacer? maggiormente dopo parecchie udizioni. Verdi venne gloriosamente chiamato all?onore del proscenio pi? di venti volte, ed il grand?uomo ne sembrava profondamente grato e soddisfatto??Tiberini fu sublime come attore e come cantante.? (Il Secolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, Anno XXIV, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 68 e 69).
    ?Dopo la comica scena della minestra (atto IV), c?? il duetto tra baritono e tenore, quindi la grande aria della donna e finalmente il terzetto finale ? tre pezzi in cui l?odio, l?amore, la rassegnazione cristiana trovano la loro pi? alta espressione ? e in cui il Tiberini e la Stolz sono veramente sublimi per ispirazione d?accento e d?azione, assai bene secondati dal Colonnese nel duetto, dal Junca nel terzetto?. (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, p. 68).
    ?Terzo atto, fanatismo la romanza di Tiberini, due chiamate Verdi: duettino Tiberini e Colonnese, acclamatissimo, due chiamate Verdi???
    Atto quarto,???fanatismo il duetto fra Tiberini e Colonnese, due chiamate Verdi. Chiamato il pittore per la scena dei dirupi?Terzetto finale fanatismo. Calata la tela, quattro chiamate Stolz, Junca, Tiberini col maestro ed un?ultima volta il maestro solo. Somma, 24 chiamate per Verdi. Esecuzione stupenda, come non si ud? forse mai alla Scala. Pubblico infanatichito. Verdi commosso tanta ovazione? . (Cosmorama, p. 69).

  2. SFERISTERIO OPERA FESTIVAL 2010 (46.a edizione)

    Servizio di Giosetta Guerra

    Non possiamo negare che con la direzione artistica di Pier Luigi Pizzi, che cura anche l?allestimento delle opere insieme a Massimo Gasparon, lo Sferisterio Opera Festival abbia acquisito un certo prestigio: le stagioni hanno avuto un tema conduttore, si sono ripristinati gli spazi storici della citt? per opere, mostre e conferenze, ? stata rivalutata la nudit? del palcoscenico dello Sferisterio; tuttavia quest?anno, vista l?uniformit? degli allestimenti, sembra che la zampata creativa dei due registi/scenografi abbia avuto una battuta d?arresto.
    ?A maggior gloria di Dio?, questo il tema del Festival 2010, comprendeva tre titoli allo Sferisterio (Faust, La forza del destino e I Lombardi alla prima crociata) curati da Pizzi e due titoli al Teatro Lauro Rossi (Juditha triumphans e Attila) curati da Gasparon, pi? il Vespro della Beata Vergine in forma concertante all?Auditorium San Paolo, curato e diretto da Dantone.
    Bello, ma non ci aspettavamo di vedere un unico allestimento per le tre opere allo Sferisterio e con elementi usati in passato (anche se gi? l?anno scorso qualcosa di simile era accaduto) e un unico allestimento per le due opere al Lauro Rossi, in parte ripreso dalla Cleopatra di due anni fa. In clima di risparmio ben venga il ripescaggio di materiali e strutture, ma la creativit? del regista non dovrebbe essere condizionata dalla crisi economica.

    Il Vespro della Beata Vergine: oratorio in costume
    Auditorium San Paolo 29 luglio 2010

    Titolo inaugurale della 46? edizione dello Sferisterio Opera Festival ? stato il Vespro della Beata Vergine, prima opera sacra di Claudio Monteverdi con una partitura monumentale di straordinario fascino, presentato nell?Auditorium San Paolo di Macerata il 29 luglio ore 21.
    Opera estremamente complessa per invenzione compositiva e per articolazione interna, ? costituita da una introduzione (“Deus in adjutorium”), cinque antifone, cinque salmi, cinque concerti (di origine profana), un inno, un Magnificat con antifona, una Oratio e si conclude con un “Benedicamus Domino”.
    Pubblicato nel luglio del 1610, anno in cui moriva a Pechino il grande missionario maceratese P. Matteo Ricci, il Vespro ? un lavoro monumentale scritto per un grande coro e sette differenti solisti, assomma in s? stili antichi e moderni ed esalta lo ?stile concertante? e il cantus firmus.
    Le parti strumentali sono scritte per violino e cornetto, mentre la composizione del ripieno non ? specificata dall’autore, come non sono specificate le parti di canto piano e antifona da inserire fra i salmi ed il conclusivo Magnificat. Questo fa s? che gli esecutori modifichino l’opera secondo l’organico che hanno a disposizione.
    L?impressione che si ha nell?ascoltare il Vespro della Beata Vergine ? quella di un?armonia diffusa che investe gli spettatori a 360?.
    Marco Mencoboni, musicista maceratese di fama internazionale, allievo come Ton Koopman di Gustav Leonhardt (uno dei pionieri della filologia barocchista), e particolarmente attivo nel recupero delle antiche prassi esecutive del repertorio musicale rinascimentale e barocco delle Marche, alla guida del Complesso vocale e strumentale del Cantar Lontano, ha infatti attuato la tecnica del ?Cantar lontano?, una straordinaria tecnica vocale marchigiana dei primi del ?600 che si realizza disponendo strategicamente i cantori nello spazio, per creare uno spettacolare effetto di suono diffuso con eco.
    I coristi, divisi in due blocchi, erano disposti nei due altari laterali, i cantanti e gli strumentisti erano sistemati nell?altare centrale, dal pulpito sovrastante si esibivano alcuni solisti e una voce bianca (Asia D?Arcangelo, la figlia del basso Ildebrando).
    Le voci dei solisti (i soprani Roberta Mameli e Francesca Lombardi Mazzulli, la voce bianca Asia D?Arcangelo, il controtenore Andrea Arrivabene, i tenori Gianpaolo Fagotto, Luca Dordolo, Simone Sorini e Raffaele Giordani, i baritoni Mauro Borgioni e Marco Scavezza, il basso baritono Fulvio Bettini, il basso Walter Testolin) si amalgamavano perfettamente con quelle dei coristi, creando un cantar melodioso ed ampie sonorit? per una full immersion molto coinvolgente.

    Juditha trionfa, Attila no.
    Teatro Lauro Rossi – prova generale

    Nei due allestimenti di Gasparon (belli da vedersi per la luminosit? e l?eleganza dell?ambientazione, dominata dal candore delle scene e dal contrasto cromatico dei costumi arricchiti dallo scintillio degli ori), gli abiti erano quasi gli stessi (quelli femminili bianchi e lunghi fino ai piedi si differenziavano solo in un particolare: avevano il taglio sotto il petto in Juditha e in vita in Attila, quelli maschili erano verdi in Juditha e azzurri in Attila e i pantaloni alla araba/turca dei maschi avevano il cavallo bassissimo in Attila e pi? alto in Juditha (poi cosa c?entrano gli Arabi o i Turchi con gli Unni? Forse perch? le trib? guida degli Unni erano di lingua turca?), le scimitarre erano le stesse (e le abbiamo ritrovate anche nei Lombardi), i movimenti dei figuranti con le suddette armi uguali, l?uso della scala centrale e dei piani laterali sovrastanti uguali, con gli stessi ?scimitarratori? sui piani alti laterali. Anche la morte dei due protagonisti avviene allo stesso modo: il taglio del collo con la scimitarra. A meno che il tutto non sia stato intenzionale, vista l?affinit? delle due storie. Registicamente azzeccata la scena della morte di Holofernes: disteso sulla scala con la testa appoggiata sullo scalino superiore, al momento del taglio del collo, scivola nel gradino di sotto rendendo il capo invisibile al pubblico.
    Accontentiamoci, visto che l?allestimento ? luminoso, classico, pulito, chiaro, anche se non differenziato e quindi poco funzionale alla comprensione dell?azione drammatica, che fortunatamente gi? conosciamo, ma almeno sul piano vocale avremmo gradito una maggior efficienza da parte del protagonista delle due opere, Nmon Ford, il quale ci ha pienamente soddisfatto in Juditha, ma ci ha profondamente delusi in Attila, come era successo l?anno scorso per Don Giovanni. Come pu? il baritono cantare il pomeriggio Juditha e la sera stessa Attila? Non solo per il tour de force, ma anche e soprattutto per il differente registro dei due ruoli: baritono il primo, basso il secondo.
    Va bene che Ford appaga l?occhio con la sua bellezza statuaria e il magnetismo di un corpo palestrato, ma per Attila ci vuole la voce di basso, lo scavo della parola scenica, la giusta intonazione, cose che lui non ha, la sua ? una grande voce di baritono che esplode in zona acuta con suono pieno e tenuto a lungo, ma nei gravi c?? carenza di materiale.
    Si afferma invece per autorevolezza scenica, bel corpo vocale e nobilt? d?accento Claudio Sgura nel ruolo del generale romano Ezio e anche Maria Agresta, nel ruolo di Odabella, si mette in luce per la variet? dei colori e potenza vocale; buona la prova vocale di Giuseppe Gipali (Foresto), di Enrico Cossutta (Uldino) e di Alberto Rota (Papa Leone).

    Tornando al baritono panamense Nmon Ford, dobbiamo riconoscergli un grande carisma nel ruolo di Holofernes (ha sostituito il controtenore siriano Razek Francois Bitar), che gli calza alla perfezione: vocalmente si destreggia ottimamente nella coloratura della scrittura musicale del personaggio, scenicamente ? estremamente a suo agio nell?atmosfera di piccante erotismo e nelle scene os?es ideate dal regista, si muove come una pantera con quel corpo di cioccolata modellato (seminudo – WOW!!!), per stimolare i pensieri erotici di Juditha e non solo.
    Tutto il cast era abilitato a eseguire le invenzioni sonore e le architetture musicali barocche atte a crear la ?maraviglia?.
    Juditha era interpretata dalla voce morbida del mezzosoprano Milijana Nikolic (fisicamente esuberante). Splendida nella parte dell?eunuco Vagaus, Giacinta Nicotra ha esibito una vocalit? sopranile agile e sicura in ogni registro. Buone anche le prestazioni del soprano Davinia Rodr?guez (Abra) e del contralto Alessandra Visentin (Ozias).
    Riccardo Frizza, alla guida dell?orchestra regionale delle Marche, ? passato con facilit? e precisione dallo stile barocco della Juditha triumphans di Antonio Vivaldi ai ritmi verdiani di Attila e il coro Bellini, preparato da David Crescenzi, ha dato prova di grande professionalit?.

    Delle tre opere di Pizzi ho perso Faust causa pioggia, mi ? piaciuta I Lombardi e non mi ? piaciuta La Forza.

    I Lombardi vincono la prima crociata
    Sferisterio 30 luglio 2010

    Un cast prestigioso ha determinato la vittoria dei Lombardi approdati per la prima volta a Macerata: Michele Pertusi nella figura bifronte di Pagano, fratello di Arvino e padre di Giselda, Francesco Meli nel ruolo di Oronte, figlio di Acciano tiranno di Antiochia e Dimitra Theodossiou in quello di Giselda, la bella cristiana prigioniera figlia di Arvino e amata da Oronte.
    I due amanti danno vita ad appassionati duetti tra l?irruenza degli inni bellicosi e gli intrighi delle congiure, Meli con voce sicura ed eroica in grado di piegarsi a timbri suadenti, a melodie di trasparente morbidezza, a sensibili mezzevoci con cura del fraseggio e dell?accento, la Theodossiou con passionale irruenza espressa con intensit? d?accento e vocalit? prorompente negli slanci acuti, che sfuma in filati dolcissimi, in entrambi colpisce l?estensione e la tenuta del suono oltre che la bellezza del timbro vocale. Pertusi si impone per l?autorevolezza e la pacatezza della sua figura, ma soprattutto per il velluto della voce, che si ? fatta ancor pi? rotonda e accattivante, grazie ad una tecnica sicura di giusta proiezione del suono e di morbidezza d?emissione. Tutti e tre, nella scena della morte di Oronte, sono uniti in un trio vocale di rara suggestione con violino obbligato, suonato da Michelangelo Mazza, primo violino del Regio di Parma, che accompagna in palcoscenico anche la bravissima ballerina solista Anbeta Toromani.
    Hanno soddisfatto anche le prestazioni degli altri cantanti: il buon tenore Alessandro Liberatore nel ruolo del battagliero Arvino fratello di Pagano, il bel soprano lirico Alexandra Zabala (Viclinda, moglie di Arvino), il bravo basso Andrea Mastroni (Pirro, scudiero di Pagano), il tenore Enrico Cossutta (priore della citt? di Milano), il basso/baritono Luca Dall?Amico (Acciano, tiranno di Antiochia e padre di Oronte), il mezzosoprano Annunziata Vestri (Sofia, madre di Oronte).
    E poi c?? l?ottimo Coro Bellini, arricchito di bravi coristi del Teatro Regio di Parma, che contribuisce a dipingere grandi affreschi, nota ? l?attenzione di Verdi alla coralit?, e d? spessore e suggestione ai momenti pi? salienti dell?opera, come il celebre Coro di Crociati e Pellegrini ?O Signore dal tetto nat?o?, intonato sulle acque del Siloe.
    La direzione di Daniele Callegari entra in quel concentrato di forza che ? il linguaggio musicale verdiano con tempi serrati e scattanti per mantenere alta la tensione drammatica.
    Pregevoli i costumi, in un bellissimo contrasto cromatico tra musulmani e crociati, disegnati da Pier Luigi Pizzi, che per l?allestimento ha valorizzato l?austerit? naturale dello Sferisterio, con elementi scenici essenziali (una scala e una piattaforma circolare girevole al centro), dominati da un grande crocifisso e creando riflessi d?acqua sul muro di fondo con i giochi di luci di Sergio Rossi, acqua riversata nelle vasche laterali, a simular la piscina di Siloe, dove i cristiani hanno immerso i piedi.

    Non sempre il destino d? la Forza?di sopportare.
    (Sferisterio 8 agosto 2010)

    Giuseppe Verdi nelle lettere inviate il 1? marzo 1869 da Genova all?amico senatore Pirolli e all?Arrivabene, per comunicare il buon esito de La Forza del destino, andata in scena alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869 col tenore Mario Tiberini e il soprano Teresa Stolz, definisce la Stolz e Tiberini ?superbi? e nella lettera scritta il 2 marzo all?editore francese li definisce ?sublimi?.
    Allo Sferisterio di Macerata, invece, nessun artista pu? essere definito tale e le recite de La Forza non hanno goduto della soddisfazione del pubblico.
    Il tenore Zoran Todorovich porge bene, pur con qualche portamento, ma non ammalia come Don Alvaro, un ruolo terribile per la voce tenorile specialmente nella seconda parte dove il canto ? pi? teso e quasi furioso, e non ? certo una voce leggera e opaca, di timbro poco accattivante, che fatica nelle proiezioni acute e nelle ampie arcate melodiche, a render giustizia al canto, all?espressivit? dell?accento e all?azione drammatica. Dov?era l?eroe baldanzoso e fiero, capace di grandi slanci? Fabio Armiliato quanto ci sei mancato!
    Decisamente positiva, invece, ? stata la prova del soprano venticinquenne Teresa Romano nell?altrettanto difficile ruolo di Leonora: l?interpretazione ? stata intensa, l?espressivit? fantastica, la linea di canto morbida, con ottima proiezione della bella voce e magistrale uso dei pianissimi (toccante l?attacco in pianissimo della ?Vergine degli angeli? preceduta dal coro a mezza voce).
    Bravo il baritono Marco Di Felice nel ruolo di Don Carlo, che ha esibito bel corpo vocale, buona estensione belle progressioni acute e tenuta del fiato. Bello il duettino col tenore ferito.
    Roberto Scandiuzzi ha tutti i numeri per essere un buon Padre Guardiano: autorevole nella voce e nella figura, usa con morbidezza una cavernosa voce di basso, ferma pi? nei gravi che negli acuti.
    Il basso Paolo Pecchioli canta bene, ma sia vocalmente che scenicamente non ? uscito il carattere di Melitone, che ? risultato scialbo, poco caratterizzato e con poco spessore vocale. Ancor meno adatta al ruolo di Preziosilla, il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, che canta abbastanza bene ma ha voce chiara e leggera e a volte traballante in acuto, la voce manca di corpo e di spessore, l?interpretazione non ha mordente e del virtuosismo del Rataplan si ? sentito solo qualche strilletto.
    Medio lo spessore vocale del basso – baritono Ziyan Atfeh nel ruolo del Marchese di Calatrava, padre di Leonora.
    Le coreografie di Gheorghe Iancu sono pi? acrobazie che balletti.
    Movimenti coreografici di massa e mimici di Roberto Maria Pizzuto.
    Pier Luigi Pizzi ha presentato bei costumi non d?epoca, scene generiche con un crocifisso nero onnnipresente, una regia piatta che non scava nella psicologia dei personaggi: tutto d?j? vu e piuttosto noioso.
    Non c?? neanche la sospensione emotiva delle grandi scene corali, tutto ? lento e dilatato e tutti arrivano dai lati e sfilano lentamente come in tutte le opere che Pizzi ha fatto allo Sferisterio.
    Piuttosto piatta e senza colori anche la direzione orchestrale di Daniele Callegari.
    Se avessi saputo prima di essere relegata al palco 17 del secondo ordine, dove alcune voci non arrivavano se i cantanti erano girati dall?altra parte, avrei fatto come nell?800: mi sarei portata la cena in palco, tanto non c?era niente da vedere.

  3. Delle tre opere di Pizzi ho perso Faust causa pioggia, mi ? piaciuta I Lombardi e non mi ? piaciuta La Forza.

    I Lombardi vincono la prima crociata
    Sferisterio 30 luglio 2010

    Un cast prestigioso ha determinato la vittoria dei Lombardi approdati per la prima volta a Macerata: Michele Pertusi nella figura bifronte di Pagano, fratello di Arvino e padre di Giselda, Francesco Meli nel ruolo di Oronte, figlio di Acciano tiranno di Antiochia e Dimitra Theodossiou in quello di Giselda, la bella cristiana prigioniera figlia di Arvino e amata da Oronte.
    I due amanti danno vita ad appassionati duetti tra l?irruenza degli inni bellicosi e gli intrighi delle congiure, Meli con voce sicura ed eroica in grado di piegarsi a timbri suadenti, a melodie di trasparente morbidezza, a sensibili mezzevoci con cura del fraseggio e dell?accento, la Theodossiou con passionale irruenza espressa con intensit? d?accento e vocalit? prorompente negli slanci acuti, che sfuma in filati dolcissimi, in entrambi colpisce l?estensione e la tenuta del suono oltre che la bellezza del timbro vocale. Pertusi si impone per l?autorevolezza e la pacatezza della sua figura, ma soprattutto per il velluto della voce, che si ? fatta ancor pi? rotonda e accattivante, grazie ad una tecnica sicura di giusta proiezione del suono e di morbidezza d?emissione. Tutti e tre, nella scena della morte di Oronte, sono uniti in un trio vocale di rara suggestione con violino obbligato, suonato da Michelangelo Mazza, primo violino del Regio di Parma, che accompagna in palcoscenico anche la bravissima ballerina solista Anbeta Toromani.
    Hanno soddisfatto anche le prestazioni degli altri cantanti: il buon tenore Alessandro Liberatore nel ruolo del battagliero Arvino fratello di Pagano, il bel soprano lirico Alexandra Zabala (Viclinda, moglie di Arvino), il bravo basso Andrea Mastroni (Pirro, scudiero di Pagano), il tenore Enrico Cossutta (priore della citt? di Milano), il basso/baritono Luca Dall?Amico (Acciano, tiranno di Antiochia e padre di Oronte), il mezzosoprano Annunziata Vestri (Sofia, madre di Oronte).
    E poi c?? l?ottimo Coro Bellini, arricchito di bravi coristi del Teatro Regio di Parma, che contribuisce a dipingere grandi affreschi, nota ? l?attenzione di Verdi alla coralit?, e d? spessore e suggestione ai momenti pi? salienti dell?opera, come il celebre Coro di Crociati e Pellegrini ?O Signore dal tetto nat?o?, intonato sulle acque del Siloe.
    La direzione di Daniele Callegari entra in quel concentrato di forza che ? il linguaggio musicale verdiano con tempi serrati e scattanti per mantenere alta la tensione drammatica.
    Pregevoli i costumi, in un bellissimo contrasto cromatico tra musulmani e crociati, disegnati da Pier Luigi Pizzi, che per l?allestimento ha valorizzato l?austerit? naturale dello Sferisterio, con elementi scenici essenziali (una scala e una piattaforma circolare girevole al centro), dominati da un grande crocifisso e creando riflessi d?acqua sul muro di fondo con i giochi di luci di Sergio Rossi, acqua riversata nelle vasche laterali, a simular la piscina di Siloe, dove i cristiani hanno immerso i piedi.

    Non sempre il destino d? la Forza?di sopportare.
    (Sferisterio 8 agosto 2010)

    Giuseppe Verdi nelle lettere inviate il 1? marzo 1869 da Genova all?amico senatore Pirolli e all?Arrivabene, per comunicare il buon esito de La Forza del destino, andata in scena alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869 col tenore Mario Tiberini e il soprano Teresa Stolz, definisce la Stolz e Tiberini ?superbi? e nella lettera scritta il 2 marzo all?editore francese li definisce ?sublimi?.
    Allo Sferisterio di Macerata, invece, nessun artista pu? essere definito tale e le recite de La Forza non hanno goduto della soddisfazione del pubblico.
    Il tenore Zoran Todorovich porge bene, pur con qualche portamento, ma non ammalia come Don Alvaro, un ruolo terribile per la voce tenorile specialmente nella seconda parte dove il canto ? pi? teso e quasi furioso, e non ? certo una voce leggera e opaca, di timbro poco accattivante, che fatica nelle proiezioni acute e nelle ampie arcate melodiche, a render giustizia al canto, all?espressivit? dell?accento e all?azione drammatica. Dov?era l?eroe baldanzoso e fiero, capace di grandi slanci? Fabio Armiliato quanto ci sei mancato!
    Decisamente positiva, invece, ? stata la prova del soprano venticinquenne Teresa Romano nell?altrettanto difficile ruolo di Leonora: l?interpretazione ? stata intensa, l?espressivit? fantastica, la linea di canto morbida, con ottima proiezione della bella voce e magistrale uso dei pianissimi (toccante l?attacco in pianissimo della ?Vergine degli angeli? preceduta dal coro a mezza voce).
    Bravo il baritono Marco Di Felice nel ruolo di Don Carlo, che ha esibito bel corpo vocale, buona estensione belle progressioni acute e tenuta del fiato. Bello il duettino col tenore ferito.
    Roberto Scandiuzzi ha tutti i numeri per essere un buon Padre Guardiano: autorevole nella voce e nella figura, usa con morbidezza una cavernosa voce di basso, ferma pi? nei gravi che negli acuti.
    Il basso Paolo Pecchioli canta bene, ma sia vocalmente che scenicamente non ? uscito il carattere di Melitone, che ? risultato scialbo, poco caratterizzato e con poco spessore vocale. Ancor meno adatta al ruolo di Preziosilla, il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, che canta abbastanza bene ma ha voce chiara e leggera e a volte traballante in acuto, la voce manca di corpo e di spessore, l?interpretazione non ha mordente e del virtuosismo del Rataplan si ? sentito solo qualche strilletto.
    Medio lo spessore vocale del basso – baritono Ziyan Atfeh nel ruolo del Marchese di Calatrava, padre di Leonora.
    Le coreografie di Gheorghe Iancu sono pi? acrobazie che balletti.
    Movimenti coreografici di massa e mimici di Roberto Maria Pizzuto.
    Pier Luigi Pizzi ha presentato bei costumi non d?epoca, scene generiche con un crocifisso nero onnnipresente, una regia piatta che non scava nella psicologia dei personaggi: tutto d?j? vu e piuttosto noioso.
    Non c?? neanche la sospensione emotiva delle grandi scene corali, tutto ? lento e dilatato e tutti arrivano dai lati e sfilano lentamente come in tutte le opere che Pizzi ha fatto allo Sferisterio.
    Piuttosto piatta e senza colori anche la direzione orchestrale di Daniele Callegari.
    Se avessi saputo prima di essere relegata al palco 17 del secondo ordine, dove alcune voci non arrivavano se i cantanti erano girati dall?altra parte, avrei fatto come nell?800: mi sarei portata la cena in palco, tanto non c?era niente da vedere.

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