1957
Isabella Teresa Berganza
Mustafa Mario Petri
Zulma Vittoria Palombini
Elvira Rena Gary Falachi
Haly Valerio Meucci
Lindoro Alvino Misciano
Taddeo Sesto Bruscantini
Orchestra & Chorus of RAI Milan
Nino Sanzogno, conductor
Dresda 1978
Conductor Gary Bertini
Orchestra Dresdner Staatskapelle
Chorus Dresdner Staatsoper
EINSTUDIERUNG FRANZ PETER MULLER-SYBEL
CEMBALOSOLO VOLKER ROHDE
REGIA UGO GREGORETTI
Isabella Lucia Valentini-Terrani
Lindoro Ugo Benelli
Mustafà Sesto Bruscantini
Taddeo Enzo Dara
Elvira Norma Palacios-Rossi
Zulma Gigiola Caputi
Haly Alfredo Mariotti
https://my.mail.ru/mail/viktorlaskin/video/1014/28850.html
Bologna 2012
Regia Francesco Esposito
Conductor Paolo Olmi
Michele Pertusi
Anna Maria Sarra
Giuseppina Bridelli
Clemente Antonio Daliotti
Yijie Shi
Marianna Pizzolato
Paolo Bordogna
Regia Tv Andrea Dorigo
https://youtu.be/GSsdLAUgjw4https://my.mail.ru/mail/viktorlaskin/video/1014/45837.html
Teatro Regio di Torino 2000
Conductor Alessandro De Marchi
Luciana D’Intino, Juan Diego Florez, Mark S.Doss, Maura Maurizio, Alberto Rinaldi, Alessandro Svab
Regia, scene e costumi di Jean-Pierre Ponnelle ripresa da Sonia Frisell
Regia tv di Roberto Capanna
Cecilia Bartoli, Ildar Abdrazakov, Edgardo Rocha, Alessandro Corbelli, José Coca Loza
Philharmonia Chor Wien
Ensemble Matheus, conducted by Jean-Christophe Spinosi
Regia Mosh Leiser & Patrice Caurier
Rossini Opera Festival 2013
L’ITALIANA IN ALGERI
Music by Gioachino Rossini
Isabella Anna Goryachova
Mustafà Alex Esposito
Lindoro Yijie Shi
Taddeo Mario Cassi
Elvira Mariangela Sicilia
Zulma Raffaella Lupinacci
Coro del Teatro Comunale di Bologna
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
José Ramón Encinar, conductor
Davide Livermore, regia
https://www.teatromassimo.it/teatro-massimo-tv-567/l-italiana-in-algeri.html
Teatro Massimo di Palermo – Novembre 2017
Direttore Gabriele Ferro
Regia Maurizio Scaparro
Mustafà Simone Alaimo
Elvira Maria Francesca Mazzara
Zulma Isabel De Paoli
Haly Giovanni Romeo
Lindoro Pietro Adaini
Isabella Marianna Pizzolato
Taddeo Vincenzo Taormina
Catania 2012
Regia Michele Mirabella
Conductor Giuseppe La Malfa
Simone Alaimo (Mustafà)
Manuela Custer (Isabella)
Daniele Zanfardino (Lindoro)
Sonia Peruzzo (Elvira)
Clemente Antonio Daliotti (Taddeo)
Loredana Megna (Zulma)
Salvo Todaro (Haly)
Maggio 2019
Alessandro De Marchi direttore d’orchestra
Vittorio Borrelli regia
Claudia Boasso scene
Santuzza Calì costumi
Andrea Anfossi luci
Vladi Spigarolo ripresa luci
Andrea Secchi maestro del coro
Giannandrea Agnoletto maestro al fortepiano
assistenti alla coreografia
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Allestimento Teatro Regio Torino
Isabella Mezzosoprano
Martina Belli
Lindoro Tenore
Xabier Anduaga
Carlo Lepore
Mustafà Basso
Carlo Lepore
Taddeo Basso
Paolo Bordogna
Elvira Soprano
Sara Blanch
Haly Baritono
Benjamin Cho
Zulma Mezzosoprano
Rosa Bove
COLORI E FANTASIA
PER L’ITALIANA IN ALGERI DI STEFANO VIZIOLI
STAGIONE LIRICA 2020
DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA
AL TEATRO FILARMONICO
L’Italiana in Algeri, 2018 – ©Imaginarium Creative Studio, Fondazione Teatro Verdi di Pisa
Domenica 23 febbraio alle 15.30, a distanza di 6 anni dall’ultima rappresentazione, torna sul palcoscenic del Teatro Filarmonico L’Italiana in Algeri di Gioachino Rossini, secondo titolo operistico della Stagione Artistica 2020 di Fondazione Arena.
L’allestimento della Fondazione Teatro Verdi di Pisa in coproduzione con la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste ha la regia di Stefano Vizioli, le scene e i costumi del pop artist Ugo Nespolo, i movimenti mimici di Pierluigi Vanelli e le luci di Paolo Mazzon. Sul podio torna il direttore veneziano Francesco Ommassini, già più volte alla guida dei complessi artistici areniani nel repertorio sinfonico e operistico.
Repliche:
martedì 25 febbraio ore 19.00;
giovedì 27 febbraio ore 20.00;
domenica 1 marzo ore 15.30.
Rossini compone L’Italiana in Algeri nel 1813 in meno di tre settimane su commissione di Giovanni Gallo, impresario del Teatro San Benedetto di Venezia. Dati i tempi stretti sceglie come libretto quello già esistente scritto da Angelo Anelli per l’opera del napoletano Luigi Mosca e andata in scena alla Scala nel 1808: il testo attinge a quel filone di soggetti turcheschi che si basava su numerose costanti narrative, espressione di un gusto per le turqueries vivo in Europa nei balletti di corte, nelle arti figurative e nella musica già nel Settecento, oltre che probabilmente su un fatto di cronaca del 1805. Rossini chiede quindi qualche revisione del libretto per meglio farlo aderire alla sua idea musicale e al suo concetto di “comicità”: se nei pezzi d’assieme si arriva a momenti di «follia organizzata e completa», come dirà un ammiratore d’eccezione come Stendhal a proposito del grande concertato finale del primo atto, nei pezzi solistici il compositore guarda anche al registro serio e sentimentale per bilanciare il lato comico-farsesco dell’opera e dare maggiore autenticità ai personaggi principali.
La vicenda racconta del Bey Mustafà che, stanco della moglie Elvira, decide di ripudiarla per darla in sposa a Lindoro, il suo schiavo italiano; nel contempo ordina al capitano dei corsari, Haly, di trovargli una donna italiana per il suo harem. Proprio in quel momento fa naufragio nei pressi di Algeri una nave veneziana che reca a bordo la bellissima italiana Isabella, partita alla ricerca dell’amato Lindoro. L’opera si snoda quindi tra le astuzie e le arti seduttive che la donna metterà in atto per sfuggire alle grinfie del Bey e fare ritorno in patria con Lindoro e gli schiavi italiani.
La prima ha luogo il 22 maggio 1813 e viene accolta con grande entusiasmo, tanto che andrà in scena al Teatro San Benedetto di Venezia per oltre un mese per poi riscuotere unanime successo in tutta Italia. Da quel debutto, l’opera non è più uscita dal repertorio ed è oggi uno dei titoli rossiniani più rappresentati al mondo.
L’opera del compositore di Pesaro è stata messa in scena al Filarmonico per la prima volta nel 1816 e successivamente solo nel 1988, nel 1998, e infine nel 2014.
Stefano Vizioli, regista con oltre trent’anni di consolidata carriera, intende semplificare e mettere a nudo quel meccanismo di follia «che fa dell’Italiana in Algeri uno dei capolavori assoluti dell’opera comica (non solo) rossiniana. Tagliare più che aggiungere, arrivare al cuore delle situazioni. Perché nella perfetta struttura architettonica di quest’opera si chiude tutto un capitolo storico e culturale che Rossini riassume prima di avviarsi a nuove forme di partecipazione intellettiva. L’Italiana è il trionfo dell’ambiguità: sul palcoscenico non ci sono più maschere stereotipate, e non ci sono ancora psicologie ben definite. Ma la scena è catalizzata dai personaggi, dai caratteri, dai colori dell’anima. E intorno a loro una grande ariosità per permettere alla musica di “volare”: bastano pochi elementi di scena, che alludano alle diverse situazioni.
Allusione e fantasia, dunque: quasi a suggerire allo spettatore il coinvolgimento di una partecipazione attiva che richiede di interpretare lo spettacolo nelle diverse valenze di una sottile ambiguità».
La regia dello spettacolo, ricca di cromie e fantasia, si sposa quindi alla perfezione con il lavoro di Ugo Nespolo, che cura scene e costumi di una produzione dal gusto provocatorio, ma anche dolcemente infantile, impreziosita dalle luci dell’areniano Paolo Mazzon. Ne scaturisce uno spettacolo frizzante e dinamico che, come ha dichiarato lo stesso regista, si propone di «divertire perché la semplicità e l’allegria sono per un regista le cose più difficili da realizzare in palcoscenico, e il controllo del gioco scenico dei numerosi pezzi d’insieme richiede una sorta di “pazzia lucida”: lavorare con il Rossini comico, nelle su polifonie gestuali e testuali, è come entrare nei meccanismi di un raffinatissimo orologio svizzero, dove infinitesimali particelle servono alla funzionalità del tutto, e se una sola non funziona l’intero meccanismo va a rotoli».
La leggerezza, l’ironia e il divertimento che permeano l’opera rossiniana sono stati certamente il punto di partenza per Ugo Nespolo, artista di fama internazionale che, a proposito di Rossini, racconta: «Mi piace molto per quell’ironia, quel gioco, quel senso di fiaba che caratterizzano i suoi lavori comici, e quindi mi sono molto divertito a disegnare le scene per L’Italiana in Algeri, un’opera pazza, assolutamente svitata, sia linguisticamente che musicalmente». Il suo approccio all’arte è dunque quello dell’eclettismo ispirato alle avanguardie storiche come il futurismo. «Cosa facevano quegli artisti? Cercavano di occupare gli spazi del mondo, cioè di portare l’arte fuori dagli studi, di uscire dall’autoreferenzialità». E la musica non può che
rientrare in questo processo creativo: «Al piano superiore del mio atelier abbiamo una sala musica dove ogni giorno c’è gente che suona. La musica è connaturata con il mio lavoro. (…) L’artista per me ha ancora questo compito, se un compito lo deve avere: di far parlare della cultura, di diffonderla, di praticarla e di portarla in giro. Un compito che certo riguarda anche l’opera lirica, con tutti i limiti che ormai ha anche la cultura musicale nella nostro Paese, con le potenzialità dei teatri sempre più ridotte, con il progressivo invecchiamento del pubblico e la difficoltà di avvicinare i giovani. Bisogna adoperarsi per riportare le persone a teatro, per far capire che, oltre a essere un patrimonio nazionale, l’opera è soprattutto patrimonio culturale, che la musica dei grandi compositori è una ricchezza. Forse anche trasformando il modo di fare opera. Ecco, spero che quel poco che facciamo Stefano Vizioli e io, rivivificare l’opera col colore e col movimento, possa essere un piccolo passo in questa direzione».
Torna sul podio del Teatro Filarmonico Francesco Ommassini, frequentatore esperto e attento del repertorio rossiniano, alla guida di un cast eterogeneo di assoluto livello.
Carlo Lepore (23, 25/02 – 1/03) e Alessandro Abis (27/02) daranno voce all’arrogante Mustafà, Daniela Cappiello sarà Elvira, mentre il giovane soprano russo Vasilisa Berzhanskaya (23/02 – 1/03) in alternanza a Chiara Tirotta (25, 27/02) daranno voce ad Isabella. Lo schiavo italiano Lindoro sarà interpretato da Francesco Brito, mentre nel ruolo del compagno Taddeo vedremo Biagio Pizzuti (23/02 – 1/03) e Salvatore Salvaggio (25, 27/02); la serva Zulma sarà Irene Molinari, ed infine il capitano Haly sarà il basso coreano Dongho Kim.
La produzione vede impegnati l’Orchestra, il Coro maschile e i Tecnici dell’Arena di Verona.
L’ITALIANA IN PESARO: IL ROF APRE CON UNA COLORATISSIMA “FOLLIA ORGANIZZATA”
Compie 200 anni l?italiana in Algeri, e il Rossini Opera Festival di Pesaro non si ? lasciato sfuggire l?occasione per offrire ai propri spettatori un nuovo allestimento della celebre opera. Un allestimento che, se ha convinto per quanto riguarda certe componenti, per certe altre ha deluso. L?Italiana in Algeri ? un?opera difficile, non solo dal punto di vista squisitamente musicale: il libretto variopinto e surreale di Angelo Anelli la rende un rompicapo per qualsiasi regista, che deve riuscire a non impantanarsi nelle solite gag trite e ritrite. Penso che nell?Italiana sia molto importante valorizzare il senso di assoluta libert? immaginifica con cui Rossini ha deciso di intonare il singolare libretto. Si tratta di un?opera in cui il ritmo non deve calare nemmeno per un?istante: fin dall?inizio dell?Overture il compositore ci trasporta, con leggerezza, in una dimensione onirica in cui il tempo ha l?incedere ora sospeso di un pizzicato d?archi, ora vorticoso di un crescendo. Il regista cui il ROF ha affidata questa nuova produzione ? Davide Livermore, che l?anno scorso aveva centrato lo spettacolo-capolavoro con un bellissimo Ciro in Babilonia. Per l?Italiana non parler? certo di capolavoro, visto che l?aggettivo pi? calzante a quanto fatto fatto da Livermore ? ?carino?. Il regista ha virato verso un?interpretazione molto pop dell?opera rossiniana, riempiendo il palcoscenico di luci colorate, proiezioni animate, vestendo i personaggi con costumi appariscenti (talora svenstendoli), facendoli esprimere con fumetti. L?idea non ? brutta: effettivamente l?Italiana in Algeri ? un?opera dove l?eccesso coloristico e dei caratteri gioca un ruolo di primo piano, ? un?opera buffa indiavolata, di un?esuberanza folle. Lo spettacolo, poi, ? pensato per gli spettatori dell?intero teatro: dal loggione si pu? vedere che i cantanti recitano anche dietro una barriera, invisibili ai fortunati della platea. Da apprezzare, quindi, la cura dei dettagli. Da apprezzare meno certe animazioni durante l?overture, in stile ?riassunto delle puntate precedenti? dei cartoni animati: coerentissime con l?idea registica, ma in s? francamente un po? fastidiose e per il mio gusto bambinesche, laddove l?irrazionalit? del capolavoro di Rossini non ? infantile ma adulta e direi pure felliniana (anche se per Fellini potrebbe essere benissimo adoperato il termine ?rossiniano?). In ogni caso l?opera scorre bene fino alla fine, si ride e, nella seconda met? del secondo atto, si riflette, perch? i Pappataci sono italiani cos? volutamente stereotipati da risultare inquietanti. Nel gesticolare del coro riconosciamo l?atteggiamento di molti che conosciamo, finanche di politici, e le corna fatte dietro a Mustaf? che giura fanno venire in mente un nome che non c?? bisogno di scrivere qui perch? compare gi? abbastanza nei documenti dei tribunali.
Abbastanza buono il livello musicale: dove spiccava su tutti il Mustaf? di Alex Esposito. Il basso, eccellente nelle note gravi come in quelle acute, faceva del Bey d?Algeri un personaggio cafone e sopra le righe. Era insomma perfetto, dimostrandosi notevole pure nelle ardue colorature. Come attore, poi, ? un mattatore.
Veramente molto bravo Yijie Shi, tenore dal bel timbro chiaro e sicuro nella tessitura proibitiva di Lindoro. Ha risolto molto bene la difficilissima scena che lo vede protagonista nel primo atto, distinguendosi anche nel duetto con Mustaf? e nel terzetto dei Pappataci, il momento migliore della serata. Corretti il Taddeo di Mario Cassi, purtroppo di non grandissimo spessore come buffo, e Davide Luciano come Haly. Per ultima del cast tengo la protagonista Anna Goryachova, autrice di una prova dimenticabile, ma non pessima. La bella russa la ricordiamo come sfocato Edoardo nella Matilde di Shabran: quest?anno pare un po? migliorata, specialmente nella maniera di sostenere il registro grave. Per? il carisma manca ed ? questo, non tanto il volume piccolo (in Rossini non serve un vocione da Arena di Verona) a far storcere il naso.
Discutibile, e infatti discussa, anche la direzione di Jos? Ram?n Encinar, in questo o quel punto (all?inizio del concertato che conclude il primo atto) soverchiante e voci, carente di quella brillantezza frizzante che Rossini aveva profuso a piene mani.
Nel complesso una bella serata di intrattenimento a teatro, accolta calorosamente da un pubblico in vena di generosit? per tutti gli interpreti (escluso, come gi? detto, il Maestro Encinar). D?estate non fa male!
Michele Donati
L?ITALIANA IN ALGERI DI ROSSINI ALL?ALIGHIERI DI RAVENNA
Rossini ? un compositore estremamente popolare. Il ?Figaro qua, Figaro l?? del Barbiere di Siviglia si situa nell?immaginario collettivo, cos? come il finale del Guglielmo Tell ha accompagnato per molti anni gli italiani al termine delle trasmissioni Rai. Popolare, per?, non significa semplice: la vocalit? nelle partiture del pesarese ? sottoposta a sforzi spesso sovrumani, e l?orchestra non si limita ad accompagnare il canto, ma riveste un ruolo molto pi? marcato. Non per niente il piccolo Gioachino veniva soprannominato proprio per questo ?il Tedeschino?, con uno stile pi? vicino a Mozart o Haydn piuttosto che agli illustri maestri di scuola italiana. L?Italiana in Algeri naturalmente non si allontana dai classici stilemi rossiniani, si pu? anzi definire ?codice? per le successive opere buffe del compositore: andata in scena a Venezia lo stesso giorno della nascita di Wagner, fu per Rossini il primo lavoro di questo genere a ottenere successo. Vero ? che all?anno precedente risalgono le divertenti farse, sempre per la citt? delle calli, ma appunto di farse trattasi, e non di opera buffa in senso stretto. A rimanere positivamente impressionato dalla nuova opera rossiniana fu, come noto, Stendhal, che defin? la vicenda di Lindoro, Mustaf? e Isabella un ?follia organizzata?. Osservazione assai felice, a mio avviso, poich? ritengo l?intero corpus comico del Cigno di Pesaro, ma l?Italiana in modo particolare, un concentrato di surrealismo ante litteram. Il non sense all?inizio dell?800 era qualcosa di estremaente ardito, ma il capolavoro rossiniano ne ? straordinariamente ricolmo. Ne risulta un capolavoro assoluto, esilarante e straniante, sereno come un chiaro ?studio di nuvole? di Constable, scoppiettante. Rossiniano. Per tali caratteristiche, proprie di questa e poche altre opere, trovo indovinati anche gli allestimenti scenici ?eccessivi?, densi di colore e gestualit? vivaci, che avvicinano lo spettacolo ad un mondo felliniano assolutamente coerente con la poetica di Rossini. D?altronde la Romagna ? una terra di profonde suggestioni oniriche. Questa convinzione mi ha fatto apprezzare l?allestimento del Teatro Alighieri di Ravenna, firmato Pier Luigi Pizzi e ripreso da Paolo Panizza. Uno spettacolo godibilissimo, senza pretese intellettualistiche che sarebbero state davvero inadatte al repertorio in questione. Le gags fanno sorridere (alcune mosse di esplicita derivazione sessuale potevano per? essere risparmiate, non perch? volgari, ma perch? pretestuose) e la scenografia stimola felicemente l?occhio. A essere, e in maniera grave, sotto tono in questa produzione ravennate dell?Italiana in Algeri, ? purtroppo il lato musicale, a cominciare dal direttore Francesco Pasquetti. Davvero troppo pesante per essere vera la sua bacchetta. La sua direzione si distungue per lo scollamento fra pezzo e pezzo, determinando discontinuit? anche all?interno delle diverse sezioni del medesimo. Ottima, tuttavia, l?Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, specialmente gli archi, e fra essi i violoncelli in particolare. La compagnia id canto risultava complessivamente insufficiente. Su tutti emergeva il bravo Davide Luciano, senza problema alcuno nel cantare correttamente la parte e contemporaneamente dar vita a uno scaltro Taddeo. Buona anche la prova di Teresa Iervolino, protagonista nelle vesti contraltili di Isabella. Ha voce piccola (e il Direttore Pasqualetti non l?aiuta, con un volume troppo elevato) e gli acuti sono invero pallidi, ma almeno sa tenersi salda nel registro medio-grave, dove invece sono abituato a sentire le cose peggiori. Probabilmente ci? che le manca ? la personalit? sulla scena, ma essendo giovane rimedier? con gli anni e l?esperienza. Da notare che entrambi gli artisti sono risultati vincitori nella categoria Esordienti del Concorso As.Li.Co.
Inspiegabile (sotto il profilo musicale, perch? scenicamente era perfetto) il successo riscosso da Abramo Rosalen, Mustaf? dal timbro poco originale. I suoi problemi, che gi? si manifestano parzialmente nel registro acuto, si fanno peccato grave nella coloratura, gonfia d?aria e spinta con la gola al massimo. Nulla di pi? scorretto e fastidioso: le fioriture dovrebbero essere naturali e l?emissione non sforzata. Anche il Lindoro di Enea Scala non ha soddisfatto: note alte strozzate in gola, quando dovrebbero ?sgusciare? facilmente dopo aver rimbalzato in maschera. Non ho riconosciuto nemmeno una qualche parvenza di fraseggio, ma sarebbe bastata una correttezza tecnica che non ho purtroppo udito. Mirko Quarello era un pessimo Haly, Sonia Ciani un?Elvira un poco migliore. Al termine della recita di domenica pomeriggio il successo ? stato entusiastico. Non so, tuttavia, quanto criticamente giustificato, avendo sentito con le mie orecchie, al termine dell?aria di Lindoro, una signora dietro di me esclamare entusiasta: ?Bello, bel baritono?. Il tenore contraltino rossiniano ? quanto ci possa essere di pi? lontano dalla voce baritonale?
Michele Donati