Dopo l’apertura della stagione musicale ravennate “post Covid” che ha riportato in scena il grande Bruno Canino, a 44 anni dal suo debutto a Ravenna, torna sul palcoscenico dell’Alighieri il Maestro Paolo Olmi, che ha diretto il suo ultimo concerto a Ravenna (a S.Apollinare in Classe) nel 2019, ma la cui ultima apparizione per un Concerto al Teatro Alighieri risale al lontano maggio 2003.
Per la serata, organizzata dalla Cooperativa Emilia Romagna Concerti, dal Cidim e dal Comune di Ravenna mercoledì 26 maggio alle ore 20, il Maestro ravennate guiderà la Young Musicians European Orchestra e due valenti giovani cantanti: il soprano Sara Rossini e il mezzosoprano Daniela Pini.
Il Concerto presenta nella prima parte il celebre Stabat Mater di Giovan Battista Pergolesi, musicato sul testo di Jacopone da Todi, che descrive il pianto della Madonna davanti a Gesù crocifisso.
Seguirà l’ultima delle 41 sinfonie Mozartiane, la cosiddetta “Jupiter”, brano monumentale e possente scritto dall’autore nel pieno della maturità.
Il Concerto – dice la Presidente Silvana Lugaresi – viene dedicato idealmente al ricordo delle Vittime Innocenti delle Mafie, una ricorrenza annuale che a causa del Covid non ha potuto essere degnamente celebrata prima come avremmo voluto e che ci ripromettiamo di riprendere il 21 marzo 2022.
Come avvenuto nel Concerto precedente, tra il pubblico saranno molto numerosi gli studenti delle scuole medie di Ravenna e Forli, insieme a un folto gruppo di studenti universitari, coinvolti con un progetto promozionale fortemente sostenuto dagli sponsor: Bper, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e Romagna Acque .
Anche per tutte le manifestazioni estive di Erconcerti, programmate in luglio all’Arena Classis, sarà valida questa promozione che permette a decine di giovani di partecipare ai Concerti al prezzo simbolico di 1 euro.
I pochissimi biglietti ancora disponibili si acquistano presso la biglietteria del Teatro Alighieri oppure online sul sito teatroalighieri.org
Gerusalemme 2013
STABAT MATER PERGOLESI – QUANDO CORPUS MORIETUR, AMEN
Orchestra d’archi Jerusalem Academy
Soprano MARIANGELA SICILIA
Mezzosoprano ADRIANA DI PAOLA
Direttore PAOLO OLMI
http://cetv-online.it/demand.php?id=106
Salone d’Ercole di Palazzo Reale
Intrattenimento a casa Di Giacomo
La Serva Padrona
intermezzo buffo in due parti di Giovan Battista Pergolesi
Direttore Salvatore Percacciolo
Maestro al clevicembalo Dario Tondelli
Regia, drammaturgia e spazio scenico Mariano Baduin
Costumi Marianna Carbone
Serpina Mariangela Sicilia
Umberto Davide Bartolucci
Vespone Raffaello Converso
Orchestra del Teatro di San Carlo
ADRIANO IN SIRIA
Dramma per musica in tre atti su libretto di Pietro Metastasio musica di Giovanni Battista Pergolesi
Revisione critica a cura di Dale E. Monson Edizioni Pendragon Press, New York – Ricordi, Milano
Adriano Marina Comparato
Sabina Nicole Heaston
Osroa Stefano Ferrari
Emirena Lucia Cirillo
Farnaspe Anna Maria Dell’Oste
Aquilio Francesca Lombardi
Direttore, Ottavio Dantone
Regia, Ignacio Garcia
Scene Zulima Memba del Olmo
Costumi, Patricia Toffolutti
Luci, Ignacio Garcia e Fabrizio Gobbi
Accademia Bizantina
Allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini
Il Teatro Pergolesi di Jesi non si ferma! Ogni settimana di venerdì o di sabato, le opere di Pergolesi e di Spontini registrate nelle passate edizioni del Festival Pergolesi Spontini sono trasmesse in streaming sul sito della Fondazione Pergolesi Spontini. Si inizia sabato 11 aprile ore 21 con “La serva padrona” di Giovanni Battista Pergolesi. Ogni video resterà disponibile per 48 ore.
Il sipario è chiuso, il palcoscenico è spento, la sala è vuota, ma il Teatro Pergolesi di Jesi non si ferma! In questo tempo sospeso, il cuore culturale della città progetta il futuro e gli spettacoli di musica, opera, prosa, danza che verranno. Inoltre, attraverso i canali social della Fondazione Pergolesi Spontini – Facebook e Instagram – e sul sito fondazionepergolesispontini.com si continuano a produrre contenuti per mantenere i contatti con il pubblico e per continuare a trasmettere la bellezza dell’esperienza artistica e della musica. Un modo per combattere l’isolamento e sentirsi meno soli!
Parte in questi giorni, la trasmissione in streaming gratuita delle opere di Giovanni Battista Pergolesi e di Gaspare Spontini che negli scorsi anni sono andati in scena nel Festival Pergolesi Spontini e che sono state edite in DVD da Unitel. Per gentile concessione di Unitel, le opere saranno trasmesse sul sito fondazionepergolesispontini.com/diretta-streaming/ con cadenza settimanale, di venerdì o di sabato, e resteranno disponibili per le successive 48 ore alla messa in onda.
Si inizia sabato 11 aprile alle ore 21, con “La serva padrona” di Pergolesi registrata il 3 settembre 2011 al Teatro Pergolesi di Jesi per l’XI Festival Pergolesi Spontini in un nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini con la direzione di Corrado Rovaris alla guida dell’Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani, la regia di Henning Brockhaus, le scene di Benito Leonori, i costumi di Giancarlo Colis; interpreti Alessandra Marianelli (Serpina), Carlo Lepore (Uberto) e il mimo Jan Mening (Vespone). Revisione critica a cura di Francesco Degrada.
Gli intermezzi de “La serva padrona”, su testo del librettista napoletano Gennarantonio Federico, furono rappresentati per la prima volta al Teatro San Bartolomeo di Napoli nel 1733, tra gli atti dell’opera seria Il prigionier superbo dello stesso Pergolesi. L’opera si segnala per la squisita eleganza e per l’acuto studio psicologico dei caratteri, che ne fanno un prototipo della tradizione teatrale comica napoletana. La sua rilevanza storica fu sottolineata dallo straordinario successo che la Serva padrona ottenne in occasione della rappresentazione all’Opéra di Parigi nel 1752 e che diede luogo alla Querelle des Bouffons. La trama narra di Serpina, che tiranneggia il padrone Uberto, un po’ avanti nell’età e anche attratto dalla bellezza e giovinezza della donna, e che riesce a farsi sposare con l’inganno e l’aiuto di Vespone, l’altro servo (muto). Vespone, su istigazione di Serpina, si finge il Capitan Tempesta (tipico personaggio derivato dalla Commedia dell’Arte) e si presenta come il futuro sposo della donna pretendendo la dote. Uberto, però, non vuole sborsare la dote e allora, dopo che Vespone- Capitan Tempesta lo minaccia di morte se non sposerà Serpina, cede e sposa la donna.
Il calendario degli appuntamenti con le opere in streaming sul sito della Fondazione proseguirà poi con:
venerdì 17 aprile, ore 21 “La fuga in maschera” di Spontini;
venerdì 24 aprile, ore 21 “Il prigionier superbo” di Pergolesi;
sabato 2 maggio, ore 21 “Livietta e Tracollo” di Pergolesi;
venerdì 8 maggio, ore 21 “Adriano in Siria” di Pergolesi;
venerdì 15 maggio, ore 21 “Il Flaminio” di Pergolesi;
venerdì 22 maggio, ore 21 “L’Olimpiade” di Pergolesi;
venerdì 29 maggio, ore 21 “Lo frate ‘nnamorato” di Pergolesi;
sabato 6 giugno, ore 21 “La Salustia” di Pergolesi.
From the Luna Theater in Brussels (1996)
Livietta e Tracollo (La contadina astuta)
Music Giovanni Battista Pergolesi
Libretto Tommaso Mariani
“Livietta e Tracollo” is the intermezzo of Pergolesi’s last opera
for the city of Naples, “Adriano in Siria e la ripresa di Lo frate ‘nnamorato” (1734)
Luisa Spinatelli – stage design & costumes
Albert Faura – light design
Dirk Gryspeirt – tv-director
Livietta e tracollo Giovanni Battista Pergolesi Tommaso Mariani
Orchestra La Petite Bande
Conductor Sigiswald Kuijken
Nancy Argenta (Livietta)
Werner Van Mechelen (Tracollo)
Marie Kuijken (Fulvia)
Stefano di Lucca (Faccenda)
Regia Ferruccio Soleri
Luisa Spinatelli Stage design & costumes
Albert Faura – light design
Dirk Gryspeirt Tv director
giovedì 1 settembre 2011, ore 20 – anteprima giovani
sabato 3 settembre 2011, ore 21
Jesi, Teatro G.B. Pergolesi
LA SERVA PADRONA
intermezzi di Gennarantonio Federico
musica di Giovanni Battista Pergolesi
revisione critica a cura di Francesco Degrada
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Bartolomeo, 1733
Personaggi e interpreti
Serpina Alessandra Marianelli
Uberto Carlo Lepore
Vespone Jean Méningue
direttore Corrado Rovaris
regia Henning Brockhaus
scene Benito Leonori
costumi Giancarlo Colis
luci Alessandro Carletti
assistente alla regia Valentina Escobar
Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani
Nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini
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Recensione dello spettacolo
A Jesi l’inusuale e ‘coraggioso’ accostamento tra Pergolesi e Beckett
Regia di Henning Brockhaus. Direzione di Corrado Rovaris con Alessandra Marianelli, Carlo Lepore ed il mimo Jean Me’ningue
Il secondo spettacolo dell?11.mo Festival Pergolesi Spontini prevedeva un nuovo allestimento incentrato su un riproposta de La Serva Padrona di Giovanni Battista Pergolesi che, per l?occasione, il regista Henning Brockhaus ha voluto accostare ad un lavoro di Samuel Beckett.
I motivi di questa scelta che, sulla carta appare del tutto singolare, li ha spiegati lo stesso Brockhaus con una nota pubblicata nel programma di sala i cui contenuti, se condivisi, ci fanno capire che le due cose sono in un certo senso affini.
Il comune donominatore il regista l?ha trovato nell?elemento surreale ed assurdo, che i due testi contengono. Quello di Gennarantonio Federico, scritto come ?Intermezzo?, ad uso di quella forma musicale che veniva utilizzata tra un atto e l?altro dell?opera seria, ? molto particolare rispetto ad altri intermezzi, perch? mancano quelli elementi caricaturali e buffoneschi che di solito ne facevano la parte del leone. Qui ne nella Serva tutto ? delicato, sospeso; la parte mimica di Vespone ? usata come ?ponte? tra i due protagonisti, Serpina ed Uberto, per delle situazioni teatrali che non sono pi? di estremo ?naturalismo? come nella tradizione dell?epoca ma, al contrario, irreali, spesso surreali.
Per non lasciare La Serva Padrona sola, lontana dal contesto che la voleva come intermezzo tra i tre atti de Il Prigionier Superbo, Brockhaus, prendendo spunto dalla parte mimica di Vespone, ha abbinato Atto senza parole I, un lavoro teatrale di Samuel Beckett che, come ci fa capire il titolo, ? completamente imperniato su un personaggio muto che mette a disposizione la sua mimica per interpretare delle azioni particolari, anch?esse assurde e surreali.
L?accoppiamento, inoltre, ricreava quell?alternanza tra ?serio? e ?buffo? che Pergolesi diede a Il Prigionier Superbo e La Serva Padrona qui riproposta in senso speculare perch? al ?buffo? della Serva fa da intermezzo il ?tragico? di Beckett per un contrasto senza precendenti.
L?allestimento scenico teneva, ovviamente conto di questa ?dicotomia?; Benito Leonori e Giancarlo Colis (scene e costumi) hanno concepito due impianti scenici molto contrastanti tra loro, solare, luminoso, colorato molto adatto alle evoluzioni giocose de La Serva Padrona, dall?ambientazione circense ma molto raffinato, ben calibrato con i movimenti ideati da Brockhaus, il tutto opposto al mondo gelido di Atto Senza Parole I, dai colori irreali, dal sapore quasi onirico ma dallo sfondo ossessivo, tragico, infinitamente drammatico. Ad entrambi giovavano le luci di Alessandro Carletti.
Come di consueto Corrado Rovaris ci ha offerto un?esecuzione molto lucida e coinvolgente grazie anche alla professionalit? dell? Accademia Barocca dei Virtuosi Italiani ed una compagnia di cantanti composta dal bravo Carlo Lepore (Uberto), come sempre molto efficace in un repertorio come questo che non ? da sottovalutare perch?, non dimentichiamo, ha spalancato le porte all?opera buffa di fine ?700, primo ?800, per un pecorso che copre l?epoca di Mozart fino al primo Rossini.
Poi Alessandra Marianelli, una graziosa (scenicamente) e gradevole (vocalmente) Serpina che ben si integrava con tutto lo spettacolo. L?ultima citazione ? per il mimo Jean M?ningue, che sapientemente ha realizzato quel punto di unione che lega Pergolesi a Beckett secondo l?idea di Brockhaus, entrambi i pi? applauditi della serata.
Il pubblico che ha assistito alle recita alla quale ci riferiamo (3 settembre) ha dimostrato entusiasmo e partecipazione per questa inedita accoppiata teatrale applaudendo molto, sia a scena aperta, sia al termine della serata, premiando quindi senza riserve il coraggio dimostrato da Henning Brockhaus per questa inusuale proposta.
Claudio Listanti
claudio.listanti@voceditalia.it
Seconda serata del Festival Pergolesi-Spontini con La serva padrona
Nella seconda serata, il festival ? proseguito con ?La serva padrona, Intermezzi per Il prigionier superbo?, nella regia di Henning Brockhaus, artista notissimo nel mondo teatrale, che ha alternato lo spettacolo con ?Atto senza parole I? di Samuel Beckett, interpretato in chiave di clownerie da Jean M?ningue, lo stesso artista che ha vestito poi i panni di Vespone, il personaggio muto dell?intermezzo pergolesiano. Un mimo fantasioso, ricco di inventiva, il francese, che ha raccolto molta simpatia fra il numeroso pubblico presente.
In Serpina e Uberto, i due unici protagonisti del breve Intermezzo, Pergolesi ha acceso un inesorabile gioco dialettico intorno alla figura dello scapolone innamorato, invano resistente e invano protestante e intorno alla figura della astuta cameriera che ha cos? bene recitata la commedia (ma in fondo chi pu? dirlo) di un amore ragionato e riflesso.
Il nuovo allestimento della Serva padrona ?opera famosa nella storia per le ?querelles des bouffons? sorte tra i sostenitori della musica italiana e quelli della francese- si ? avvalso anche delle scene di Benito Lenori (curiosamente inserite fra le tende di un piccolo circo) e dei costumi di Giancarlo Colis, con le luci di Alessandro Carletti. Corrado Rovaris ha diretto I Virtuosi Italiani (per l?occasione Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani), con la giovane sorprendente freschezza di una Alessandra Marianelli, sopranino davvero in gamba, nelle vesti spumeggianti di Serpina. E di un Carlo Lepore, un Uberto in piena voce e dal consumato mestiere.
La serata ? state accolte con molti consensi e persino dagli applausi continuamente ritmati del divertito pubblico.
(Gianni Villani)
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IL ?COMICO? NELL’OPERA
FA SORRIDERE PERGOLESI
ENTUSIASMA HOFFENBACH
DALL’INTERMEZZO BUFFO AL BRILLANTE ASSOLUTO
?MONSIERUR CHOUFLEURI…? PICCOLO GIOIELLO DI MUSICA E TEATRO
BOLOGNA. I travestimenti e gli inganni, ma specialmente la parodia dell?opera seria italiana erano i temi del secondo dittico Pergolesi-Offenbach formato da ?Livietta e Tracollo? e ?Monsieur Choufleuri? e andato in scena al Teatro Comunale di Bologna per il cartellone della rassegna ?Estate 2010?.
?Livietta e Tracollo? ? un intermezzo buffo che Pergolesi scrisse nel 1734, quando ?La Serva Padrona? di un anno precedente aveva idealmente dato inizio al filone delle opere comiche, destando un certo clamore in Francia, con la celebre ?querelle des buffones?.
Il secondo intermezzo pergolesiano non pu? per? reggere il confronto col pi? celebre precedente per vari motivi; fra di questi vi ? il testo assurdo, ma ben lungi dal destare una pur minima ilarit?, di Tommaso Mariani, forse per via della vicenda inverosimile e pallida.
Quel che ? certo ? che difficilmente pu? entusiasmare un pubblico moderno, mentre ?La Serva Padrona? ha dalla sua un soggetto valido in ogni epoca, infatti esisteranno sempre gli arzilli vecchietti che si fanno abbindolare e sposare, dalla servetta ieri, dalla badante oggi.
Il cast, proveniente per intero dalla Scuola dell?Opera del Comunale, vedeva Lavinia Bini e Mattia Campetti nei ruoli eponimi. I due non si sono rivelati esenti da pecche: voci praticamente inudibili nei suoni gravi, acuti il pi? delle volte tendenti all?urlo.
Chi ? rimasto deluso dalla prima parte dello spettacolo ? stato per? ripagato dalla seconda, che vedeva rappresentata ?Monsieur Choufleuri restera chez lui? scoppiettante operetta in cui Offenbach si diverte a fare la parodia dell?opera italiana. La vicenda ruota tutta attorno al concerto italiano che Choufleuri deve dare a casa propria: poco prima dell?arrivo degli invitati egli riceve per? una lettera in cui viene avvisato che Rubini, Tamburini e Madame Sontag, ovvero i pi? celebri cantanti dell?epoca, sono indisposti e non potranno presenziare. La figlia di Choufleuri allora ha un?idea: lei, il fidanzato e il padre sostituiranno i divi cantando al loro posto. ? a questo punto che Offenbach si scatena e regala al pubblico una delle scene pi? esilaranti di tutto il repertorio lirico, ovvero il terzetto italiano, dove ne accadono davvero di tutti i colori: dal recitativo di lei, al duetto amoroso, dalla classica maledizione paterna alla cabaletta e concertato finale, ogni battuta ? esilarante e indimenticabile. Si tratta di una finissima nonch? divertentissima parodia dell?opera italiana, in cui vengono prese bonariamente in giro tutte le forme, e gli eccessi, che hanno contribuito a rendere questo genere celebre nel tempo e nello spazio. La compagnia di canto si ? dimostrata affiatatissima e tutti hanno meritato il grande successo che ? stato loro tributato.
Il soprano Anna Maria Sarra, gi? brillante in Pomme d?Api, si ? ancora dimostrata una valida artista grazie allo squillo vocale e al buon fraseggio; Francisco Brito, Babylas, pur disponendo di uno strumento dal volume non ampio ha cantato con eleganza e ha emesso acuti piuttosto sostenuti.
Il baritono Mattia Olivieri, nei panni di Choufleuri, ? stato il vero trionfatore della serata: ha miscelato una buona dose di istrionismo francese a una linea di canto sempre morbida e calda.
L?auspicio ? che le numerose operette di Offenbach vengano riprese dai teatri italiani con pi? frequenza, perch? c?? sempre la possibilit? di scovare autentici tesori, come ?Monsieur Choufleuri?
Mirevole ? infatti la proposta, inclusa nel cartellone del Festival della Valle d’Itria, del dittico ?Livietta e Pomme d’Api? che riprende il fil rouge filosofico di Bologna. : da Pergolesi ad Hoffenbach, dall’intermezzo buffo al comico assoluto.
Michele Donati
PERGOLESI SI ABBINA CON HOFFENBACH NELLA STAGIONE ESTIVA DEL COMUNALE DI BOLOGNA
?LA SERVA PADRONA? E ?POMME D?API?: DUE OPERINE DELIZIOSE “INTERMNEZZI BUFFI” DIVERTENTI E SCANZONATI. UNA TRAMA PIACEVOLE.DA ASCOLTARE PER LA MUSICA FRIZZANTE.
BOLOGNA. ? andato in scena, il 22, 23 e 24 luglio al Teatro Comunale di Bologna, il primo dei due dittici ?Pergolesi-Offenbach? previsti nella piccola stagione estiva, con protagonisti i giovani studenti della Scuola dell? Opera.
L?occasione per gli amanti delle rarit? operistiche era ghiotta: ?La Serva Padrona? di Pergolesi e ?Pomme d?Api? di Offenbach sono due operine deliziose, divertenti da seguire per la trama scanzonata e piacevoli da ascoltare per la musica frizzante.
Inoltre la rappresentazione degli intermezzi buffi di Pergolesi cade a pennello: proprio quest?anno si celebrano i trecento anni dalla nascita del compositore jesino.
Interessante anche la scelta di accompagnare ai lavori di Pergolesi, padre dell? opera buffa, quelli di Offenbach, genitore dell?operetta.
In particolare il ?fil rouge? che univa la ?Serva Padrona? e ?Pomme d?Api? ? sembrato essere quello della domestica piccante e del datore di lavoro attempato.
Per quanto riguarda la ?Serva? pergolesiana, il cast era formato da Davide Bartolucci, Uberto, Mariangela Sicilia, Serpina, e Mattia Campetti, il mimo Vespone.
Il ruolo di Uberto avrebbe richiesto la presenza di un basso di professione, mentre Bartolucci ? un baritono, per questo quando la tessitura ? scesa nel registro grave non sempre il volume ? parso adatto, e qualche acuto un po? ?stiracchiato?. Tutto sommato una prova onorevole, riscattata dal fraseggio adeguato.
Chi invece non ha avuto problemi ? stata Mariangela Sicilia, buona Serpina.
?Pomme d?Api?, raffinata operetta di Offenbach, ha visto nel ruolo del vecchio Rabastenes il disinvolto, sia scenicamente che vocalmente, Mattia Campetti, Vespone nell? intermezzo di Pergolesi. Nel ruolo di Catherine si ? distinta Anna Maria Sarra, una domestica spigliata e con bella voce utilizzata correttamente in ogni registro. Il giovane Gustave ? stato interpretato da Edoardo Milletti: bench? la voce fosse piccola e il fraseggio non sempre riuscitissimo, anch?egli ha dato buona prova di s?, soddisfacendo il pubblico grazie ad acuti sicuri.
Il giovane Salvatore Percacciolo manca forse di un po? di esperienza, e la direzione pertanto non sempre si ? dimostrata all?altezza, specialmente nella ?Serva Padrona?, in cui avrebbe dovuto guidare l?orchestra con piglio maggiore.
L?allestimento, invero cupo nella prima opera, ma comunque divertente, si ? riscattato nell?operetta francese dove ha brillato per freschezza, vivacit? e fantasia.
Caldo successo per tutti gli artefici della serata, che avrebbero sicuramente meritato una maggior affluenza di spettatori a teatro, data la piacevolezza dello spettacolo.
Il 29 e 30 luglio in scena anche l?altro dittico: ?Livietta e Tracollo? e ?Monsieur Choufleuri?.
Michele Donati
‘La Fenice sul rogo o vero la morte di San Giuseppe’ eseguito con successo a Jesi
L’inizio del Pergolesi maturo
Fabio Biondi e l’Europa Galante hanno eseguito l’oratorio con una interpretazione intensa e brillante
Parlare di maturit? per un musicista come Giovanni Battista Pergolesi, morto giovanissimo a 26 anni, sembrerebbe un controsenso ma, quando si parla di musicisti geniali, soprattutto di coloro che, come lo jesino, nella breve vita hanno avuto un’evoluzione artistica rapida e luminosa, il termine da noi usato non ? affatto fuori luogo.
Con l’oratorio La Fenice sul Rogo o vero la morte di San Giuseppe, eseguita a Jesi nell’ambito del Festival di Primavera, primo spezzone del Festival Pergolesi Spontini, quest’anno interamente dedicato al genio locale per celebrare il trecentesimo anniversario della nascita, appare molto evidente all’ascolto che si tratta di una composizione di notevole interesse musicale e storiografico.
La Fenice fu commissionata a Pergolesi nel 1731, dalla Congregazione di San Giuseppe a Napoli i cui Padri vollero affidare al ventenne musicista molto apprezzato nella citt? che, all’epoca, era una delle ‘avanguardie’ musicali d’Europa, le celebrazioni del 19 marzo di quell’anno che si svolgevano nell’Atrio della Chiesa dei Filippini per onorare il loro Santo, la cui figura ‘mistica’ era molto sentita a Napoli
Pergolesi non deluse le loro aspettative perch? cre? una composizione di grande pregio nella quale ? molto ben rappresentato il contenuto ‘mistico’ che il testo suggerisce con la similitudine tra la morte della Fenice e quella di San Giuseppe, cos? come l’uccello rinasce dalle proprie ceneri anche San Giuseppe risorger? dal suo destino, nella gloria di Dio.
Nonostante il libretto ci dica che trattarsi di un ‘Melodramma’ la composizione ? senza dubbio un ‘Oratorio’ perch? contiene tutte le peculiarit? di questa forma musicale a partire dal limitato numero dei personaggi, quattro, Amor Divino, San Michele Arcangelo, Maria Santissima e San Giuseppe per finire alla mancanza di un’azione teatrale vera a propria.
Il testo dell’oratorio si basa su un libretto di Antonio Maria Paolucci, che risulta non molto geniale sia per le frequenti goffe e banali rime sia per le grossolane similitudini ma Pergolesi, come tutti i grandi musicisti, cre? una musica di straordinaria pregnanza e di intenso misticismo.
Gi? la Sinfonia ci fa capire che ci troviamo di fronte ad un’opera di straordinario valore musicale: costruita su tre movimenti, Allegro assai e spiritoso, Larghetto, Presto gode, soprattutto, di una elegante orchestrazione che abbina al suono degli archi gli oboi ed i corni. Poi la straordinaria descrittivit? musicale di tutto l’oratorio, che esalta gli elementi narrativi del testo come lo sfavillio delle fiamme od il cinguettio degli uccellini, come a riscattare, con la musica, i valori poetici negati dal poco felice testo.
Altro elemento interessante ? l’uso del recitativo accompagnato, ci riferiamo alla seconda parte con San Giuseppe, ‘O lito, o mar, mi aspetta’, per una sorta di sperimentazione che porter? di li a poco allo straordinario recitativo del San Gugliemo d’Aquitania, denso di drammaticit? ed espressivit?. Poi tutta la parte di San Giuseppe, inusualmente, per i tempi, affidata alla voce di tenore quasi a volerne esaltare il misticismo, personaggio caratterizzato da un accompagnamento orchestrale di particolare efficacia che abbina al basso continuo la tiorba e la viola d’amore per un effetto sublime ed etereo.
L’oratorio comprende notevoli scene d’insieme, che lasciano intravedere il radioso futuro dell’opera, sia pergolesiana, che di tutta la produzione italiana, con ‘Il signor vuol ch’a te solo’ a due nella prima parte (San Giuseppe e Maria Santissima, ‘Intanto chiudi i lumi’ a tre (Amor Divino, San Michele e San Giuseppe) ed il grandioso assieme finale ‘Se Giuseppe cos? more’ che impegna tutti e quattro i solisti.
Per una ‘meraviglia’ musicale di questa portata era indispensabile scritturare artisti specialisti in questo genere di musica che potessero eseguire la partitura con competenza ed intensit? musicale. La scelta degli organizzatori del Festival Pergolesi Spontini ? caduta su Fabio Biondi ed il complesso Europa Galante con quattro specialisti del barocco Roberta Invernizzi (Amor Divino), Pamela Lucciarini (San Michele), Sonia Prina (Maria Santissima) ed il tenore Ferdinand Von Bothmer.
E’ stata una scelta molto felice sia perch? i cantanti hanno mostrato, tutti, una buona tecnica di canto che ha consentito loro di interpretare efficacemente le rispettive parti vocali ma, soprattutto per Fabio Biondi che ha dato, come di consueto, grande vivacit? e grande espressivit? a tutta l’esecuzione, per l’ottima cura dedicata ai recitativi ed all’accompagnamento delle arie. Biondi ? stato felicemente coadiuvato da l’Europa Galante che ancora una volta ha dimostrato di essere una delle formazioni strumentali pi? straordinarie per la musica barocca, esibendo una sonorit? di grande fascino e di indiscutibile brillantezza.
Tutti gli esecutori hanno mostrato un non comune affiatamento fornendo una prova di rara efficacia ed omogeneit? esecutiva. L’unico inconveniente ? stato la non brillantissima acustica del Teatro Valeria Moriconi, uno spazio teatrale suggestivo, molto utile perch? consente agli organizzatori di programmare due spettacoli nello stesso perido, Ricavato nella chiesa, ora sconsacrata, del convento di San Floriano, a pianta centrale e, sebbene siano stati apportati utili accorgimenti, l’orchestra ? collocata in modo non ottimale, per cui il suono risulta un p? attutito, sopratutto per quanto gli strumenti sistemati in fondo, in questo caso alcuni strumenti a fiato, per una resa sonora alla quale manca un tantino di brillantezza, elemento molto importante per le caratteristiche di Europa Galante.
Comunque l’esecuzione ? stata molto apprezzata dal pubblico che al termine ha dimostrato il suo gradimento applaudendo vivacemente e a lungo tutti gli interpreti, chiedendo reiteratamente un bis che ? stato concesso con la ripetizione del grandioso quartetto finale.
Claudio Listanti
claudio.listanti@voceditalia.it
Successo a Jesi per Adriano in Siria unito agli intermezzi Livietta e Tracollo
Il contrasto tra opera seria e opera buffa
Esecuzione di pregio di Ottavio Dantone con l’Accademia Bizantina ed una buona compagnia di canto
Prosegue l’iniziativa della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi che per tutto il 2010 proporr? al pubblico tutte le opere di Giovanni Battista Pergolesi. Il primo gruppo di opere, contenuto nel Festival di Primavera, presentava Il Flaminio, del quale abbiamo gi? riferito, l’oratorio La Fenice sul Rogo e Adriano in Siria accoppiato, secondo le usanze del tempo, agli intermezzi Livietta e Tracollo.
Proprio di quest’ultimo avvenimento vogliamo parlare perch? racchiudeva in se forti elementi di interesse storico facendoci rivivere un po’ dell’atmosfera che regnava nei teatri in quel lontano 1734 quando, il 25 ottobre Adriano in Siria fu rappresentato presso il Teatro San Bartolomeo di Napoli.
L’accostamento tra il contenuto ‘serio’ di Adriano con la spumeggiante vicenda di Livietta e Tracollo ? stato particolarmente affascinante perch?, per noi spettatori, quell’elemento di contrasto ? risultato inusuale e, allo stesso tempo, trascinante, divertente ma anche foriero di un senso di sollievo, una sorta di liberazione interiore dopo le drammatiche vicende di Adriano in Siria.
Nell’Adriano, si svolge un’azione molto complessa, come nelle migliori tradizioni dell’opera barocca con intrighi, travestimenti, gelosie, colpi di mano, carcerazioni e scarcerazioni, tutti stilemi che caratterizzano l’opera barocca. Quando si chiude il sipario ed inizia l’intermezzo lo spettatore passa rapidamente dal dramma al divertimento per una ‘sdrammatizzazione’ di rara efficacia
Inoltre, presentare l’opera pi? gli intermezzi con l’ovvio allungamento dei tempi dello spettacolo, non lo ha affatto appesantito rendendolo, paradossalmente, pi? godibile e scorrevole.
Altro punto di interesse della serata era, come avviene quando si esegue un’opera del periodo barocco, la realizzazione della parte vocale. Come ? noto uno dei primi interpreti del capolavoro pergolesiano fu Gaetano Majorano, molto pi? noto come Caffarelli o Cafariello (come lo cita Rossini nel Barbiere) uno dei castrati pi? celebri di tutta la storia dell’opera.
A quell’epoca rivaleggiava con l’altro grande di sempre, Carlo Broschi, universalmente conosciuto come Farinelli. Di personalit? opposte, gentile modesto e cortese il Broschi, arrogante, litigioso e capriccioso il Caffarelli. Proprio questa sua particolarit? costrinse il ventiquattrenne Pergolesi a modellare una parte vocale che accontentasse tutte le bizze del grande cantante.
Ne ? nata una parte vocale, quella di Farnaspe, molto difficile, con tre arie di straordinaria difficolt? esecutiva. La prima ‘Sul mio cor so ben qual sia’ situata a met? del primo atto ma soprattuto le altre due collacate come finale del primo e del secondo atto per permettere al grande cantante di primeggiare sugli altri e valorizzare quella straordinaria caratteristica dei cantanti di allora, vale a dire la capacit? dell’improvvisazione che provocava in chi le ascoltava, stupore e meraviglia.
Parliamo di ‘Lieto cos? tal volta’ con oboe obbligato che conclude il primo atto, nella quale Pergolesi, oltre alle difficolt? vocali, trasfuse tutta la sua abilit? melodica e, soprattutto, di ‘Torbido in volto e nero’ , forse la pi? popolare di tutta l’opera, inserita anche nella successiva Olimpiade, che possiede una estensione di oltre due ottave con frequenti salite e passaggi molto ampi, il tutto per la delizia del pubblico.
Annamaria Dell’Oste ha sostenuto questa parte con coraggio, esibendo la sua bella linea vocale per una interpretazione molto calda e convincente. Lucia Cirillo ha sostenuto l’altra parte principale di quest’opera, quella di Emirena, all’epoca eseguita da Giustina Turcotti, prima donna di grande richiamo, per la quale fu scritta una parte molto pi? lirica ma straordinariamente espressiva, nella quale la Cirillo ha molto ben figurato. Il ruolo del titolo (Adriano) ? stato sostenuto da Marina Comparato cantante molto apprezzata nel repertorio barocco per il quale fornisce sempre delle interpretazioni di grande fascino ottenendo anche un lusinghiero successo personale.
Completavano la compagnia di canto Nicole Heaston (Sabina) voce ‘fascinosa’ dalle splendide e delicate raffinatezze, Stefano Ferrari (Osroa) e Francesca Lombardi (Aquilio) entrambi ben inseriti nel contesto generale.
Altro elemento di pregio dello spettacolo ? stata la non comune fusione tra parte musicale, cantanti ed orchestra e parte recitata, tutto molto ben calibrato con recitativi ben curati nell’espressione ed arie accompagnate dall’orchestra con eleganza e partecipazione che completavano una regia, semplice ed attenta, efficace nel porre in risalto quanto accadeva sulla scena.
Il merito ? da attribuire ad Ottavio Dantone ed al complesso Accademia Bizantina che hanno dimostrato, ancora una volta, il loro valore e la loro esperienza nelle esecuzioni ‘barocche’, tutti molto abili nel superare la staticit? di cui soffrono le opere di quel periodo, curando approfonditamente l’espressione del canto e l’accompagnamento musicale. Inoltre Dantone ha dimostrato grande versatilit? passando, repentinamente, dalle atmosfere drammatiche di Adriano a quelle pi? scanzonate di Livietta e Tracollo alle quali ha donato leggerezza ed incisivit?.
Il regista Ignacio Garzia ? stato l’altro grande artefice della riuscita della spettacolo. Riproponeva la regia del 2007, sempre a Jesi, con il medesimo allestimento, semplice e lineare, opera di Zulima Memba del Olmo con i nuovi costumi di Patricia Toffolotti.
Ricordiamo anche le interpretazioni di Monica Bacelli (Livietta) e Carlo Lepore (Tracollo) sia per la loro bravura vocale che per la loro recitazione, perfettamente in linea con le peculiarit? dello spettacolo, prima citate, efficaci anche nella parte pi? giocosa.
Allo spettacolo (ci riferiamo alla recita del 12 giungo) ha partecipato un folto pubblico che ha applaudito a lungo tutti gli interpreti decretando un lusinghiero successo e, soprattutto, un incoraggiamento per gli organizzatori a continuare su questa strada tracciata che sta dando ottimi e confortanti risultati.
Claudio Listanti
claudio.listanti@voceditalia.it
Foto Binci
Successo a Jesi per il nuovo allestimento firmato da Benito Leonori
Con ‘Il Flaminio’ le celebrazioni pergolesiane entrano nel vivo
Ottima esecuzione di Ottavio Dantone assieme all’Accademia Bizantina ed una compagnia di buoni cantanti
Le celebrazioni per il trecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Battista Pergolesi, che la citt? di Jesi dedica al suo illustre cittadino, sono entrate nel vivo, con una esecuzione molto apprezzata ed applaudita de Il Flaminio, una delle opere pi? importanti del grande musicista jesino.
Il Flaminio non poteva essere che l?opera ideale per iniziare questa importantissima celebrazione che prevede l?esecuzione di tutte le opere scritte da Pergolesi. L?opera, che chiuse nel 1735 la produzione musicale di Pergolesi, morto giovanissimo, nel 1736, a causa della tubercolosi, ma che ha lasciato nella storia dell?opera un?impronta indelebile tracciando la strada maestra dell’evoluzione dell’opera come forma di spettacolo.
Il Flaminio, come tutta la produzione di Pergolesi, ? situato in un punto cruciale della storia della musica perch? proprio in quel momento l?esperienza del ?barocco? era alla conclusione ed il musicista jesino ne ha raccolto l?eredit? creando i presupposti per quello che sar? l?opera del fine ?700 e la grande stagione dei primi dell?800.
La culla ideale per questo passaggio fu Napoli, citt? allora molto aperta alle novit? e molto colta, nella quale Pergolesi trov? l?habitat giusto per le sue idee, utilizzando la forma della commedia per musica, allora molto apprezzata nella citt? partenopea. Il Flaminio, pur conservando le caratteristiche e la complessit? delle trame ?barocche? rappresentava, per?, vicende lontane dai personaggi ‘barocchi’ per lo pi? di origine storica o mitologica, narrando storie legate alla borghesia ed al popolo.
Sulla scena agiscono sette personaggi ognuno con le proprie specificit?: Flaminio e Giustina, parti serie derivate dall?esperienza barocca, entrambi borghesi, Agata, Ferdinando e Polidoro parti di ‘colore’ per finire a Checca e Vastiano, entrambe parti buffe mutuate dall?intermezzo, genere musicale utilizzato, all’epoca, nei due intervalli fra i tre atti delle grandi opere serie barocche, costituendo un elemento di forte contrasto e di antitesi tra le due forme.
Pergolesi concep? Il Flaminio, rappresentato al Teatro Nuovo di Napoli nel 1735, come opera di grandi dimensioni, sempre in tre atti, per complessive 55 scene con 24 arie e 4 pezzi d?insieme, 2 duetti, un terzetto ed il finale. Possiede, inoltre, due aspetti di grande interesse, una introduzione strumentale, in tre movimenti, molto elegante che abbandonava la funzione di richiamo che sovente avevano nel ?barocco? e, sopratutto, dei recitativi di grande effetto per lo sviluppo della trama, merito del librettista Gennarantonio Federico, vero genio letterario dell?epoca, elemento destinato a soddisfare i gusti del pubblico napoletano dell?epoca, grande stimatore di opere teatrali in prosa.
Da tutto ci? ? facile comprendere le difficolt? che possono incontrare coloro che decidono di cimentarsi nell?esecuzione di un capolavoro di queste dimensioni. A Jesi la Fondazione Pergolesi Spontini ha affidato l?impresa ad Ottavio Dantone ed al complesso Accademia Bizantina con un nuovo allestimento di Benito Leonori (scene) e Klaudia Koniecki (costumi) con la regia di Michal Znaniecki.
Ne ? uscito uno spettacolo molto godibile, curato in tutte le sue componenti, che godeva di uno straordinario affiatamento tra tutti gli interpreti, frutto di un lavoro serio e appassionato conscio delle difficolt? da affrontare. Ottavio Dantone ha confermando ancora una volta la sua sensibilit? nelle esecuzioni di musiche di questo periodo alle quali dona una straordinaria incisivit? ed intensit? nella realizzazione delle arie con tempi sovente serrati, senza mai cadere nell?appiattimento che spesso si rivela in esecuzioni di questo tipo. E? stato coadiuvato, oltre che dalla splendida Accademia Bizantina, anche da una compagnia di canto molto ben assortita che ha affrontato l?impegno con umilt? e dedizione, con cantanti che hanno dimostrato di aver lavorato a lungo per sostenere questa difficilissima prova.
Juan Francisco Gatell (Polidoro), Laura Polverelli (Flaminio), Marina De Liso (Giustina), Sonia Yoncheva (Agata), Serena Malfi (Ferdinando), Laura Cherici (Checca) e Vito Priante (Vastiano) hanno tutti fornito una eccellente prova che ha evidenziato estrema cura sia nelle parti vocali che nei recitativi il tutto abbinato ad una, altrettanto, eccellente recitazione.
Il Flaminio ? stato rappresentato presso il Teatro Valeria Moriconi, uno spazio teatrale ricavato nella chiesa, ora sconsacrata, del convento di San Floriano, chiesa a pianta centrale, nella quale Benito Leonori ha costruito un impianto scenico che ne sfruttava alla perfezione tutti gli spazi, creando uno spettacolo ?avvolgente? e ?coinvolgente? per il pubblico collocato al centro. C?era per? un rapporto invertito tra orchestra e cantanti, la prima collocata nel fondo e l?azione scenica che si svolgeva davanti, elemento che ha creato qualche squilibrio nell’ascolto della musica, con una non perfetta fusione tra suono e canto, cos? come siamo abituati ad ascoltare in un teatro di struttura tradizionale.
L?acustica generale era comunque assicurata da alcuni giganteschi palloni gonfiabili collocati sotto l?ampia volta della cupola che hanno permesso un ascolto adeguato all?importanza dell?evento musicale.
La recita alla quale abbiamo assistito (4 giugno) ha avuto un grande successo di pubblico che ha seguito con partecipazione ed interesse tutto lo svolgimento della trama, merito della straordinaria cura con la quale ? stato realizzato lo spettacolo nell’inseme, dedicando a tutti gli intepreti applausi entusiastici e numerose chiamate al proscenio.
Vogliamo concludere citando l’esperimento effettuato nel corso della recita de Il Flamino che ha visto l’introduzione di un sistema innovativo, myKain?, una tavoletta ‘touch screen’ sulla quale lo spettatore poteva visualizzare i sottotitoli ed avere notizie sul libretto il cast e su tutto il Festival. E’ un sistema che utlizza la trasmissione Wireless e da la possibilit? di scegliere tra quattro lingue. Ci ? parsa una cosa ottima che, se utlizzata senza eccessi, pu? avere un grande futuro.
Claudio Listanti
claudio.listanti@voceditalia.it
Foto Binci
IESI: Il Flaminio, commedia per musica in tre atti di Gennarantonio Federico, musica di Giovanni Battista Pergolesi
(recita del 6 giugno 2010)
Di Giosetta Guerra
Nel terzo centenario dalla nascita di Giovanni Battista Pergolesi la Fondazione Pergolesi Spontini onora il suo concittadino allestendo alcune opere del compositore jesino.
Il 4 e il 6 giugno 2010 nel Teatro “Valeria Moriconi”, uno spazio teatrale ricavato nella chiesa sconsacrata del convento di San Floriano, va in scena l?ultima opera composta da Pergolesi prima della sua prematura morte per tubercolosi all?et? di ventisei anni, Il Flaminio.
In questa occasione viene introdotto il nuovo sistema tecnologico myKoin?, che permette di visualizzare sul display di un piccolo apparecchio touch screen che si tiene in mano i sopratitoli dell?opera, il programma di sala, l?argomento dell?opera, il cast, la sinossi, le immagini dell?allestimento ai video di backstage. MyKoin? nasce da una Joint Venture di due dinamiche societ?, la NetResults, azienda Spin-off dell’Universit? di Pisa, e la Eikon di Firenze, e dall?esperienza nel teatro di Cristian Venturini.
Il Flaminio, rappresentato al Teatro Nuovo di Napoli nel 1735, ? un? opera di grandi dimensioni, in tre atti, per complessive 55 scene con una introduzione strumentale molto elegante in tre movimenti, recitativi di grande effetto, 24 arie, 4 pezzi d?insieme, 2 duetti, un terzetto ed il finale. Le arie, molto belle, hanno un?introduzione strumentale che ne annuncia il clima.
L?esecuzione musicale ? affidata ad Ottavio Dantone, direttore e maestro al cembalo, e al complesso Accademia Bizantina, grandi esperti di musica del 700 e della prassi esecutiva barocca e ad una compagnia di canto specializzata.
L?intreccio ? complicato e stravagante, ruoli buffi convivono con ruoli seri, il dialetto napoletano si intreccia con la lingua italiana.
In scena agiscono sette personaggi ognuno con le proprie specificit?: i borghesi Flaminio e Giustina, parti serie derivate dall?esperienza barocca, Agata, Ferdinando e Polidoro parti di ?colore?, Checca e Vastiano, parti buffe.
Juan Francisco Gatell (Polidoro, fratello di Agata, innamorato di Giustina) fin dalla prima aria che ? di gioia ?Amor che si sta accolto? (atto II sc. I) dimostra di essere un tenore con bella proiezione vocale, bel timbro chiaro, robusto e deciso, corretto nel porgere e nel rispettare le dinamiche del canto.
Vito Priante (Vastiano, servo di Polidoro) ? un basso dalla bella voce ampia, di buon peso, timbratissima sia nei recitativi che nel canto (?Con queste paroline?), ha note gravi importanti (?Quando voi vi arrosseggiate?), bellissima estensione e notevole capacit? di alleggerire.
Marina De Liso (Giustina, vedova innamorata di Flaminio) esibisce voce densa e di bel colore mezzosopranile, corpo vocale interessante, vibrante, ricco di pathos, luminoso in zona acuta, sia nelle arie di dolore (?D?amor l?arcano ascoso?), sia in quelle di furore (?In mezzo a questo petto?) sia in quelle che esprimono dolcezza (?Pi?, crudel, non mi dirai?).
Laura Polverelli con un vestito bianco da uomo ? Flaminio col nome di Giulio, amante di Giustina; nell?aria di furore, con introduzione strumentale e accompagnamento vigoroso, ?Scuote e fa guerra? (atto I sc. IX) ? una virtuosa con voce estesissima e solida, anche se piuttosto chiara per essere un mezzosoprano. Nell?Aria di disperazione molto lunga ?O Dio. Sei troppo barbara? la voce ? usata sia con impeto che con morbidezza.
Serena Malfi in abito maschile grigio, scarpe e cappello neri, baffi, capelli brizzolati, occhiali, ? fortemente caratterizzata nel ruolo di Ferdinando, un uomo pieno di fisime, promesso sposo di Agata; scenicamente bravissima, ? un mezzosoprano dotato di voce pulita, ricca di sonorit? e vibrazioni e luminosissima, canta bene sia le arie di dolore del tipo ?Non si? cchella ch?io lassaie? accompagnata da una musica struggente, sia quelle di rabbia come ?Lo caso mio?.
Sonia Yoncheva (una provocante Agata, innamorata di Flaminio), ? un soprano d?agilit? che si destreggia benissimo nell?aria agitata ?Non vo? tal sposo? e alterna abilmente una vocalit? lanciata con trilli, mezze voci e delicatezze su musica agitata nell?aria ?Da rio funesto turbine?.
Il soprano Laura Cherici (Checca, fante di Giustina) esegue con maestria arie brillanti del tipo ?A lui donai mio core?.
Molto originale e funzionale il nuovo allestimento scenico di Benito Leonori. La chiesa a pianta centrale ospita il pubblico, in palcoscenico ? disposta l?orchestra dietro un reticolato di corde e foglie, i personaggi agiscono in tutti gli spazi possibili e inimmaginabili, in palcoscenico, in platea, negli spazi laterali divisi da tende di corda (in quello a destra si vede Agata a mollo in una tinozza), dietro porte che si aprono intorno alla platea e nei terrazzini del piano superiore della chiesa, niente arredi, se non quattro sedie, ma quanta abilit? a far sembrare pieno un palcoscenico praticamente inesistente e a coinvolgere il pubblico in un carosello di apparizioni, in cui le luci hanno ampio gioco (regia scherzosa con immagini anche in controluce e luci di Michal Znaniecki, costumi di Klaudia Koniecki).
Spettacolo ben fatto e molto interessante. E sicuramente sar? stato bellissimo ed interessantissimo anche l?altro spettacolo, Adriano in Siria con gli intermezzi Livietta e Tracollo, che io non ho visto, e mi dispiace molto, per ragioni di orario: non si possono iniziare alle 21 opere che durano pi? di quattro ore (il barocco ha bisogno di gente sveglia) e rimettere le persone non residenti e non alloggiate in loco alla guida della propria auto a notte inoltrata.
C?? tanto bene la domenica pomeriggio per queste operazioni????..