The Servant

Posted by on May 3, 2011

Macerata Opera Festival 2008 Marco Tutino The Servant Alfonso Antoniozzi, Mark Milhofer, Giuseppina Piunti, Ruth Rosique Quartetto di Fiesole Direttore Guillaume Tourniaire Regia di Gabriele Lavia Opera in un atto Teatro Rossini Lugo 2011 Regia Rosetta Cucchi Scene Tiziano Santi Costumi Claudia Pernigotti Direttore Francesco Cilluffo  Camille Dereux, Giuseppina Piunti, Peter Furlong, Alexey Bogdanchikov  

Macerata Opera Festival 2008

Marco Tutino The Servant

Alfonso Antoniozzi, Mark Milhofer, Giuseppina Piunti, Ruth Rosique

Quartetto di Fiesole
Direttore Guillaume Tourniaire
Regia di Gabriele Lavia

Opera in un atto

Teatro Rossini Lugo 2011

Regia Rosetta Cucchi
Scene Tiziano Santi
Costumi Claudia Pernigotti
Direttore Francesco Cilluffo

 Camille Dereux, Giuseppina Piunti, Peter Furlong, Alexey Bogdanchikov

 

2 thoughts on “The Servant

  1. Anime perse in un interno nel ?The Servant? di Tutino allestito al Teatro Rossini di Lugo

    Pi? che una storia ? un intreccio di psicologie e di relazioni su cui aleggia l’omosessualit? latente dei due protagonisti: ?The Servant? al Teatro Rossini di Lugo il 5 e il 6 maggio contempla l?evoluzione del rapporto fra un ricco e annoiato rampollo inglese e il suo servitore, che si trasforma a poco a poco fino a diventare una vera e propria sudditanza psicologica del padrone nei confronti del dipendente. Qualcuno potrebbe ravvisare una metafora socio-politica, ma questo non era nelle intenzioni dell’autore che fu sempre attirato da temi omosessuali e omoerotici. Il tema del romanzo del 1948 di Robin Maugham, nipote del pi? celebre Somerset e segretario di Churchill, che turb? l?Inghilterra dell?epoca e non ha perso attualit?, divenne una pi?ce teatrale con la regia di Harold Pinter e il regista Losey lo trasform? nel 1963 in un celebre film con Dirk Bogarde nella parte del servo, una pellicola che ? stata proiettata pochi giorni fa al Teatro Rossini per consentire al pubblico di immergersi totalmente nell’atmosfera ambigua della storia. E’ proprio questa atmosfera che il compositore Marco Tutino, gi? definito negli anni ottanta neo-romantico, ha tradotto in un’opera essenzialmente teatrale che si sviluppa in un atto unico nello stesso scenario per quadri successivi, dandole una partitura musicale dapprima sottilmente inquietante, poi, mano a mano che si manifestano le reali intenzioni dell’infido Barrett, sempre pi? ossessiva e drammatica, fino alla drammatica dissoluzione finale della personalit? del padrone, soggiogato eroticamente prima da Vera, fidanzata di Barrett che Tony ha assunto ritenendo fosse sua nipote e successivamente da Mabel, necessariamente in condivisione con il servo. L?ambiente ? spiccatamente claustrofobico, una pedana ? lo spazio circoscritto in cui si muovono i personaggi, le pareti sono cupe, un grande specchio centrale riflette e lascia trasparire chi sta dietro, le porte sono orbite scavate nel buio, un letto di candida seta e bianchi cuscini si colorer? di nero di pari passo con la dissoluzione della personalit? interiore del padrone fino al quadro pi? angoscioso, in cui lo spettatore assiste all?auto imprigionamento dei protagonisti, chiusi dentro lacci che essi stessi hanno fissato segnando il perimetro del loro destino. A nulla servir? l’estremo tentativo di salvare Tony esperito dalla bella e raffinata fidanzata Sally, gi? annullata dal disegno prevaricatore di Barrett. Tony se ne libera frettolosamente nell’urgenza di congiungersi al servo e alla sua amante in un gioco erotico da cui ogni sentimento ? bandito e si esprime come un arido e forse fin troppo protratto contatto frenetico di corpi. La sessualit? ? uno degli strumenti pi? efficaci di sudditanza psicologica, come dimostra ampiamente quest’opera, con visioni al limite del disturbante. L?effetto-deriva ? lampante e l?icona finale con una solitaria e perdente Sally da un lato e dall?altro lato il terzetto dominato dall?incombenza di Barrett non lascia nessuna speranza. Il destino che la musica annuncia fin dalle prime battute si ? compiuto. L?opera debutt? a Macerata il 27 luglio 2008 con la regia di Gabriele Lavia. Dopo due successivi diversi allestimenti all’Opera di Pilsen nella Repubblica Ceca e al Teatro dell’Opera di Zseged in Ungheria e l?allestimento lughese con la regia di Rosetta Cucchi, dal 26 al 30 maggio sar? al Teatro Col?n di Buenos Aires in Argentina con un nuovo allestimento. Davvero un bel successo per un compositore che ha appena 57 anni e che, oltre a comporre, ha dedicato parte della sua vita ad attivit? manageriali teatrali. Tutino ha scritto oltre alla partitura anche il testo in inglese, lingua che ne ha influenzato sia la struttura generale sia i recitativi e le arie. All’incontro pomeridiano prima della rappresentazione il compositore ha detto che ci sono due arie importanti, ma sinceramente non saprei dire in quale quadro siano collocate. Della scrittura musicale colpisce l?ossessivit? del ritmo e del suono, la drammatizzazione strumentale espressa dall?ensemble limitato a soli sette strumenti sui quali spiccano la profondit? del contrabbasso e il lamento degli archi, mantenendo un sottofondo pervasivo continuo che ? come il motivo conduttore di un film. Siamo in un contesto di modernit? musicale che non ha dimenticato i classici inglesi n? il pi? vicino Britten volto a configurare con estrema efficacia i mutamenti psicologici ancora inespressi, che si riverberano anche sui costumi di Claudia Pernigotti e sulle scene di Tiziano Santi di cui ? gi? stato detto. Sul podio c?? il giovane direttore e compositore torinese Francesco Cilluffo, autore della fortunata opera “Il caso Mortara” che ha avuto un grande successo a New York lo scorso anno. Gli interpreti sembravano disegnati apposta per il ruolo: la sguaiata e subdola Vera ? il soprano Camille Dereux contrapposta alla raffinata e algida Sally interpretata dal mezzo soprano Giuseppina Piunti dai bei toni bruniti (la pi? applaudita) , il torbido Barrett ? il baritono esteso nei bassi Alexey Bogdanchikov, reso spettrale dalle luci fredde di Daniele Naldi, fisicamente imponente e mefistofelico contrapposto al fragile e sempre pi? confuso Tony, il tenore ?chiaro all?inglese? Peter Furlong, che incarna una personalit? dissolvente e anche vocalmente ha avuto alternanza di momenti pi? o meno brillanti. Il tema ancora molto forte e attuale potenziato dalla musica carica di suggestioni arriva diretto alla coscienza, come esprime chiaramente la brava regista pesarese Rosetta Cucchi, rispondendo alla domanda su che cosa l?attrae maggiormente dell?opera: ?Direi la crudezza del racconto e della musica, che descrive mirabilmente una prevaricazione psicologica di un uomo su un altro uomo. Tutto ? sottilmente disegnato, tutto ? molto raffinato ma morboso??A un certo punto si adombra una relazione sessuale fra i due uomini sempre pi? attratti fra di loro?. E prosegue ?Ho scelto di muovere il racconto all’interno di un ambiente asettico, quasi astratto, dove sono le passioni pi? o meno represse a disegnare lo spazio, un contenitore dell?essenza pi? profonda dell?anima umana?. Grazie all?intuizione creativa della regista pesarese, che trova in questo allestimento un?ulteriore conferma, il Lugo Opera Festival sorprende anche quest?anno un pubblico sempre pi? avviato su strade percettive innovative nel teatro lirico moderno.

    Attilia Tartagni
    Attilia Tartagni 6.5.2011.

  2. Pubblicato su gliamicidellamusica.net

    Cronache dal Palcoscenico 4

    A Macerata in prima esecuzione mondiale la nuova opera di Tutino
    The servant le miserie dei vinti e dei vincitori
    di Giosetta Guerra

    MACERATA – Recita del 30 luglio 2008.

    Dopo il lungo monologo Le bel indiff?rent su testo di Jean Cocteau, allestito per lo Sferisterio Opera 2005, il compositore Marco Tutino torna a Macerata con un nuovo lavoro The Servant, opera da camera in un atto, tratta dal romanzo di Robin Maugham scritto nel 1948 e reso celebre nel 1963 dal film di Losey, che denuncia le miserie morali di certe persone, siano esse vittoriose o vinte. Tutino stende il libretto nella lingua originale e lo musica, non lo traduce in italiano per non fargli perdere il ritmo e l?espressivit? del testo inglese.
    L?opera ? introdotta da inquietanti arcate e isolati tocchi di pianoforte, poi il flusso musicale, continuo e delicato con qualche colpo di percussioni, non si arresta mai, neanche nelle pause vocali, una musica ora soft ora martellante accompagna le azioni silenziose dei protagonisti, strappi di violini sottolineano le prese di posizione del servant, un pianoforte dominante su deboli arcate dei violini descrive lo stato d?ebbrezza dei due uomini, una musica sottilmente penetrante, delicata, triste e ripetitiva accompagna le allucinazioni del servant, gli intermezzi musicali sono di profonda intensit?, una lunga pagina straniante introduce la scena d?amore omosessuale. I recitativi e i momenti lirici si compenetrano. Quella che Tutino compone per quest?opera ? una musica che non allenta mai la tensione, ma non ? mai invadente, ? poco orecchiabile e difficile da memorizzare ma molto accattivante, perch? se non c?? melodia c?? cantabilit? e magnetismo. Vera protagonista della storia ? l?atmosfera creata dalla musica, presente anche nei silenzi, perch? molte cose non dette vanno intuite. La drammaturgia musicale ? basilare nel progressivo mutamento del rapporto interpersonale e nello scavo psicologico dei personaggi.
    La parte musicale ? eseguita con grande precisione dal Quartetto di Fiesole (composto da Alina Company e Daniela Cammarano al violino, Junichiro Murakami alla viola, Sandra Bacci al violoncello), insieme a Marco Vincenzi al pianoforte, Pasquale Bardaro alla marimba, Gabriele Ragghianti al contrabbasso e diretto con gesto largo e preciso dal giovane Guillaume Tourniaire che non fa uso di bacchetta. Questo tipo di musica ben si adatta ad un testo scabroso e di grande attualit?. Il nobile Tony Mounset, ricco, superficiale ed inetto, assume come servitore Hugo Barrett, calmo, formale ed ipocrita (tenete presenti tali aggettivi), il quale, dopo aver conquistato la fiducia del padrone per lo stile e la dedizione al lavoro, introduce in casa come nipote la sua amante Vera, la quale seduce Tony ma verr? presto scoperta in atteggiamenti intimi col suo vero amante. I due vengono cacciati e Tony, rimasto senza servitori, comincia a perdere fascino agli occhi di Sally, la fidanzata arrivista. Allora Tony comincia a bere ? e beve ? e beve (come il protagonista di Memorie dal sottosuolo), fino a diventare schiavo dell?alcol. Richiama allora il servant che ritorna, ma a quel punto c?? un fatale ribaltamento dei ruoli: la dipendenza dall?alcol viene aggravata dalla sottomissione psicologica e materiale di Tony a Barrett, del quale accetta tutte le azioni e di cui addirittura si innamora fino a baciarlo. E qui entra in scena il deus dell?esistenzialismo, inteso non come corrente filosofica, ma come analisi dell?esistenza.
    Questo tipo di testo, infatti, non poteva avere miglior regista di Gabriele Lavia. Lavia adora analizzare i temi esistenziali esasperati, i personaggi problematici, contorti, trasgressivi, autolesionisti e in palcoscenico li delinea capillarmente sia come attore che come regista con uno stile inconfondibile. Profondo conoscitore del teatro, sa che sullo spettatore bisogna lasciare il segno. E qui lo sorprende con l?originalit? dell?allestimento in un ex-luogo sacro, ossia l?auditorium San Paolo, ex-complesso dei barnabiti, chiesa sconsacrata del XVII secolo a croce latina, sita nella piazza principale di Macerata. Lavia copre con drappi bianchi le figure sacre laterali, adibisce a palcoscenico la zona dell?altare principale, coperto da una specie di torba e sovrastato da un drappo dorato arcuato da cui pende a testa in gi? un corpo bronzeo maschile (simbolo del mondo alla rovescia), posiziona l?orchestra a destra del palcoscenico e distribuisce gli spettatori tutt?intorno, nella navata centrale, nel braccio sinistro della croce e nell?abside. In palcoscenico ci sono gli arredi tipici dello stile Lavia: un grande letto nero di ferro in posizione obliqua a sinistra, un divano nero sul davanti, entrambi con cuscini bianchi, un tavolo rettangolare con tre seggiole da cucina nella parte posteriore e uno rotondo di cristallo con sedie sul davanti. L?azione avviene quindi in mezzo alla gente, che naturalmente non usufruisce in ugual misura di tutte le scene. Io che ero dietro il palcoscenico, ad esempio, non ho visto la Piunti desnuda mentre amoreggiava sul divano con Tony, (quella se l?? goduta tutta il sindaco, giustamente seduto in prima fila), ho intravisto il bacio omosessuale, le varie evoluzioni erotiche sopra il letto e quelle particolarmente circostanziate del servant con l?amante sul davanti del palcoscenico, mentre avevo proprio sotto il naso le effusioni sessuali della servetta sopra il tavolino con i due uomini di casa e, soprattutto, le espressioni del viso e degli occhi dei protagonisti. Fortissima la caratterizzazione dei personaggi. L?onnipresente servant sempre in nero ? impenetrabile, calmo, formale, lezioso, impomatato, meccanicamente ipercinetico, accigliato, poi ubriaco, barcollante, scarmigliato, scalzo e allucinato (un personaggio tipico delle pi?ces di Lavia); sprezzante e dominatrice ? Sally, elegantissima e altera in completi moderni scuri e formali, sexy e provocante in splendidi abiti da sera; dark e disinibita in versione sado-maso, prorompente, provocatoria e di facili costumi anche con una castigata divisa da cameriera ? Vera, alias Mabel; prima gaudente e assatanato e poi ripiegato su se stesso, disperato e smarrito ? Tony, vittima pi? degli altri del crollo dei valori, che travolge tutti tranne Sally, lei rimane lucida e se ne va; dall?alto viene calata la statua bronzea, si fa buio in sala, l?opera finisce e la statua risale.
    La regia, scaturita dalla grande libert? creativa di Gabriele Lavia, dal ritmo serrato, spinta ma mai volgare, ? orientata a comunicare il climax di ogni situazione. Il colore dominante ? il nero con qualche pennellata di bianco, unica macchia di colore ? un fascio di girasoli veri in un vaso in mezzo alla stanza. Protagonisti quattro artisti di altissimo livello sia sul versante vocale che sul piano attoriale. Alfonso Antoniozzi nella parte lunga e difficile di Barret-the servant (un ruolo inusuale per un baritono buffo) esibisce una bella voce scura, la tensione del ruolo non toglie duttilit? al suo mezzo vocale che si esprime con intensit?, Mark Milhofer in quella del Padrone Tony ? un tenore dalla vocalit? chiara e sicura; Giuseppina Piunti nel ruolo della bella Sally ? un soprano armonioso e di certo spessore, capace di piegare la voce a belle modulazioni, Ruth Rosique nel duplice ruolo di Vera e di Mabel ? un soprano brillante dalla voce chiara e ben proiettata.
    Comunque presumo che le voci siano pi? possenti di quanto io abbia potuto sentire dal retro palco. Alla fine inchini per tutti da tutti e tre i lati del palcoscenico. Uno spettacolo molto interessante, curato da Lavia (attentissimo in piedi di lato tra gli spettatori) anche per costumi e luci, da riproporre in altri teatri e realizzabile anche in piccoli teatri.

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