Moise et Pharaon, Mos? in Egitto

Posted by on August 20, 2011

3 thoughts on “Moise et Pharaon, Mos? in Egitto

  1. Recensione dello spettacolo
    Il Moise et Pharaon di Rossini illuminato da Riccardo Muti
    L’opera mai eseguita a Roma accolta da un pubblico entusiasta

    Moise et Pharaon ? approdata finalmente a Roma. E’ la versione che Gioacchino Rossini appront? per Parigi nel 1827 ristrutturando uno dei suoi lavori pi? significativi Mos? in Egitto che il musicista compose nel 1818 per il Teatro di San Carlo di Napoli, a quell’epoca uno centri musicali pi? importanti d’Europa, un teatro ‘d’avanguardia’ per questa forma di espressione nazionale, straordinaria vetrina per tutte le novit? che si affacciavano in questo settore della musica.

    Rossini, dopo essersi stabilito a Parigi, venne a contatto con persone ed ambienti assai diversi da quello che poteva essere l’Italia di quel periodo. Nella capitale francese erano ben presenti i primi ‘sintomi’ del Romanticismo, quella stagione artistica che dominer? tutto il resto del XIX secolo. A Parigi, inoltre, Rossini godeva di una libert? d’azione assoluta. In Italia i musicisti dovevano operare facendo i conti con gli impresari e tutti i giochi, i capricci e le bizzarrie di quell’ambiente; nella capitale francese Rossini fu nominato direttore artistico del Teatro Italiano e quindi aveva a disposizione una straordinaria autonomia.

    Tali condizioni furono ideali per un genio come Rossini che sentiva questo ‘mutamento’ culturale in atto del quale volle essere uno dei principali attori riuscendo, con la sua musica, ad anticipare di anni l’opera lirica romantica con il Guillaume Tell che di questo movimento ne ?, forse. il luminoso ‘manifesto’. Per arrivare a ci? percorse due tappe intermedie, due rifacimenti di suoi capolavori di carattere ‘italiano’, trasformando il Maometto II in Le Si?ge de Corinthe e, appunto, il Mos? in Egitto in Moise et Pharaon.

    Finalmente questo capolavoro ? approdato al Teatro dell’Opera di Roma, presso il quale non era mai stato eseguito. Il merito dell’ operazione va dato a Riccardo Muti, che ha scelto quest’opera come terzo dei quattro impegni concordati con il teatro romano dal 2008, ed a Pier’Alli che ha contribuito, con il suo allestimento, a farco godere una produzione, sicuramente, di livello europeo.

    Riccardo Muti nella sua carriera ha sempre scelto la versione francese del Mos? condividendo le ragioni di quella parte della critica che si schiera con il Moise considerandolo il vero capolavoro corale-religioso piuttosto che il Mos? in Egitto, pi? asciutto, dal carattere pre-verdiano. La direzione di Muti ? stata illuminante, perch? ha messo il risalto la struttura oratoriale del capolavoro rossiniano, dove il coro costituisce il baricentro di tutta la drammaturgia, l’elemento intorno al quale ruota tutta la trama.

    Nella sua direzione ci sono stati momenti di grande presa drammatica, pensiamo ai finali, primo e secondo ma soprattutto il terzo dove il Grande Rossini lascia intravedere il Grande Verdi che di li a qualche anno conquister? i teatri d’opera di tutto il mondo. Di straordinaria intensit? tutto il quarto atto con l’apice ‘catartico’ di ‘Des cieux o? tu r?side’ del quale il pubblico ha chiesto a gran voce il bis.

    Anche tutto il resto dell’esecuzione ci ? sembrata estremamente curata, ad iniziare dai recitativi e dall’ accompagnamento delle arie per finire alla ‘filigrana’ che il direttore ha dato al suono dell’orchestra, elemento che solo i grandi direttori riescono a dare, dove sono messi i risalto tutti i singoli strumenti o le famiglie di essi anche nel contesto dei pieni orchestrali dove, spesso, si ascolta una massa informe di suoni.

    La compagnia di canto che abbiamo ascoltato (recita del 5 dicembre) si ? dimostrata all’altezza della situazione, considerando il fatto che l’opera fu scritta per un cast che oggi definiremmo stellare. Nella parte di Moise Ildar Abdrazakov ha fatto sfoggio della sua grande eseprienza del ruolo che a Parigi fu di Nicholas-Prosper Lavasseur, esibendo accenti ‘autoritari’ e ‘possenti’ che ne sono la caratteristica, offendoci un Moise a tutto tondo

    I ruoli tenorili principali sono stati affidati a Eric Cutler (Am?nophis) parte scritta per un altro grande, Adolphe Nourrit, e Juan Francisco Gatell (Eli?zer) all’epoca Alexis Dupont. Entrambi dotati di interessanti voci, possente e penetrante il primo con qualche difficolt? sulle note acute, pi? dolce ma pi? sicura quella del secondo.

    Nelle parti femminili di grande fascino ? stata la Sinaide di Sonia Ganassi ruolo, all’epoca, di Luise-Zulme Dababie. Ha esibito una linea di canto molto curata, con il pregio di non forzare sulle note gravi rendendo cos? la sua interpretazione molto equilibrata; applaudita nella difficile aria virtuosistica ‘Ah! D’une tendre m?re’. Anai era Erika Grimaldi, giovane cantante che si sta affacciando da poco nel mondo della lirica che ha sostenuto, soddisfacentemente, la parte che Rossini scrisse per un’altra grande, Laura Cinti-Damoreau, superando bene le difficolt? della grande aria del IV atto ‘Quelle horrible destin?e’.

    Completavano la compagnia Nicola Alaimo (Pharaon), Riccardo Zanellato (Osiride e Une voix mist?rieuse), Saverio Fiore (Aufide), Nino Surguladze (Maria), tutti in sintonia con i pregi dell’esecuzione.

    Completamente in linea con l’impostazione musicale si ? rivelata tutta la parte visiva. Affidata alle cure di Pier’Alli che ha realizzato regia, scene, costumi e video. Ha costruito una scena che esaltava il carattere oratoriale dell’opera realizzando una costruzione di colore ‘granitico’ molto adatta ad una storia biblica. Molto squadrata nell’insieme accoglieva efficacemente sia i movimenti dei protagonisti che quelli del coro esaltandone la caratteristica di protagonista assoluto.

    Alcune immagini video completavano, come spesso accade oggi, il resto dell’allestimento, divenendo elemento essenziale. Non sempre la scelta delle immagini ? stata felice, in special modo nel terzo atto con un filmato di stile ‘videogioco’ che un po’ strideva con il resto. Di grande effetto il passaggio del Mar Rosso finale, dagli effetti di colossal cinematografico, culmine di uno spettacolo che ha preso quota progressivamente.

    Ultima citazione ? per le coreografie. L’esecuzione, ovviamente, prevedeva anche l’esecuzione dei balletti, fatto di per se lodevole soprattutto perch? spesso, ahinoi, i ballabili vengono espunti anche quando si rappresentano, o si eseguono, opere come Moise, nate per le convenzioni parigine che prevedevano, appunto, la presenza di ballabili all’interno dell’opera.

    La coreografia ? stata affidata a Shen Wei, che ha costruito un balletto dal carattere squisitamente mimico che strideva un po’ sia con la stupenda musica che Rossini compose sia con il contesto dell’opera. Una coreografia che, se rappresentata a se stante, racchiude sicuramente movimenti di grande fascino. Nella parte solistica c’era Fang-Yi Sheu che, forse per la parte coreutica affidatale, non ci ? ha fatto grande impressione.

    Concludiamo complimentandoci con le masse artistiche, Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera. La prima ha fatto tesoro delle indicazioni di Muti suonando come raramente le accade. Il Coro ha ben figurato nella straordinaria parte che Rossini ha scritto merito anche di Roberto Gabbiani che guida la formazione da poco tempo facendo notare, a chi ascolta, sensibili miglioramenti.

    Grande successo al termine della recita, con fragorosi e convinti applausi da parte di un pubblico che ha gremito la sala al limite della capienza. Un pubblico delle grandi occasioni come da anni non vedevamo la cui presenza ci fa sperare in un futuro pi? roseo.

    Claudio Listanti
    claudio.listanti@voceditalia.it

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