https://www.raiplay.it/video/2019/05/Oylem-Goylem-e8bb4162-6b84-48d6-aa5d-6a2abbe1757d.html
Teatro Corte Genova 2004
Moni Ovadia Stage Orchestra
Regia Moni Ovadia
production Promo Music s.a.s. & Oylem Goylem Produzioni
La stagione dei teatri 2021-22 / Malagola
Moni Ovadia
Cabaret Yiddish
da giovedì 9 a domenica 12 dicembre
inizio ore 21, domenica ore 15.30
Teatro Alighieri – Ravenna
Spettacolo in abbonamento – Titolo fisso
Quell’inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno, ovvero il “suono dell’esilio” del popolo ebraico – che sa di steppe e di retrobotteghe, di strade e di sinagoghe – è al centro di questo cabaret fatto di brani malinconici, canti sublimi, storielle che sono aforismi esilaranti. Uno spettacolo da camera intramontabile (il debutto risale al 1992), attinto da quella parte di cultura ebraica di cui lo Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica, che risale agli esordi scenici di Moni Ovadia, carismatico affabulatore, capace di infondere un’energia speciale.
Cabaret Yiddish è il secondo spettacolo dell’anta della Stagione denominata MALAGOLA. MALAGOLA è la scuola di vocalità e centro studi sulla voce diretto da Ermanna Montanari con la vicedirezione di Enrico Pitozzi, studioso e docente dell’Università di Bologna. Il progetto raccoglie, a Ravenna, attività dal respiro internazionale tra loro intrecciate: la scuola, gli archivi d’arte e quelli audiovisivi della scena contemporanea, una collana editoriale dedicata, incontri, spettacoli e concerti che si articoleranno tra il Rasi, Alighieri e Palazzo Malagola. Moni Ovadia fa parte del corpo docente di Malagola e nei giorni dello spettacolo terrà una serie di lezioni di Pratiche di creazione sonora.
La lingua, la musica e la cultura Yiddish, quell’inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno, la condizione universale dell’Ebreo errante, il suo essere senza patria sempre e comunque, sono al centro di Cabaret Yiddish spettacolo da camera da cui è poi derivato il più celebre Oylem Goylem.
Si potrebbe dire che lo spettacolo abbia la forma classica del cabaret comunemente inteso. Alterna infatti brani musicali e canti a storielle, aneddoti, citazioni che la comprovata abilità dell’intrattenitore sa rendere gustosamente vivaci. Ma la curiosità dello spettacolo sta nel fatto di essere interamente dedicato a quella parte di cultura ebraica di cui lo Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica.
Uno spettacolo che “sa di steppe e di retrobotteghe, di strade e di sinagoghe”. Tutto questo è ciò che Moni Ovadia chiama “il suono dell’esilio, la musica della dispersione”: in una parola della diaspora.
La musica Klezmer deriva dalle parole ebraiche Kley Zemer, che si riferiscono agli strumenti musicali (violino e archi in genere e clarinetto) con cui si suonava la musica tradizionale degli ebrei dell’est europeo a partire all’incirca dal XVI secolo.
«Ho scelto di dimenticare la “filologia” – dice Moni Ovadia – per percorrere un’altra possibilità proclamando che questa musica trascende le sue coordinate spazio-temporali “scientificamente determinate” per parlarci delle lontananze dell’uomo, della sua anima ferita, dei suoi sentimenti assoluti, dei suoi rapporti con il mondo naturale e sociale, del suo essere “santo”, della sua possibilità di ergersi di fronte all’universo, debole ma sublime. Gli umili che hanno creato tutto ciò prima di poter diventare uomini liberi, sono stati depredati della loro cultura e trasformati in consumatori inebetiti ma sono comunque riusciti a lasciarci una chance postuma, una musica che si genera laddove la distanza fra cielo e terra ha la consistenza di una sottile membrana imenea che vibrando, magari solo per il tempo di una canzonetta, suggerisce, anche se è andata male, che forse siamo stati messi qui per qualcos’altro».
Cabaret Yiddish
di e con Moni Ovadia e con violino Maurizio Dehò clarinetto Paolo Rocca fisarmonica Albert Florian Mihai contrabbasso Luca Garlaschelli suono Mauro Pagiaro produzione Corvino Produzioni
IN VIAGGIO VERSO IL TEATRO
Sono coinvolti i cittadini delle Circoscrizioni Nord e Sud del Comune di Ravenna e del Comune di Alfonsine che hanno l’opportunità di assistere agli spettacoli de La Stagione dei Teatri 2021/2022 usufruendo di un servizio di gratuito di navetta (l’autobus non ha costi supplementari oltre al prezzo dell’abbonamento). L’abbonamento comprende anche Cabaret Yiddish per le serate di giovedì 9 dicembre (zona nord) e venerdì 10 dicembre (zona sud).
Dario Vergassola e Moni Ovadia in
“Un ebreo, un ligure e l’ebraismo”, venerdì 30 luglio
Sesto appuntamento con il Teatro Astra al Parco Culturale La Casa Rossa di A. Panzini (Via Pisino, 1). Venerdì 30 luglio, alle ore 21:30, vi aspettano Dario Vergassola e Moni Ovadia con lo spettacolo “Un ebreo, un ligure e l’ebraismo”.
Un incontro tra due filosofie e tra due modi di fare teatro e comicità. Il “saggio” Moni Ovadia, saggio perché più vecchio, terrà una specie di lezione sull’ebraismo e il suo umorismo a Vergassola che da buon ligure, per affinità vicino agli ebrei, cercherà di capirne l’essenza e cercherà di rilanciare dal suo punto di vista alla lezione del saggio Moni. Riusciranno i nostri eroi a trovare un punto di accordo?
Riusciranno a trovare il legame tra un modo di fare umorismo nella tragedia storica degli ebrei, popolo dalle straordinarie storie e fantastici scrittori, e il modo di far sorridere con l’amarezza e il cinismo ligure?
Boh… intanto intascheranno il cachet e poi ne riparleranno a cena tra di loro dopo lo spettacolo.
Moni Ovadia è musicista, attore, scrittore e straordinario oratore di famiglia ebraica. Tale ascendenza influenza tutta la sua opera, diretta al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell’Europa orientale. Ovadia unisce le sue esperienze di attore e musicista nella proposta di un «teatro musicale» in cui i suoi spettacoli mescolano abilmente musica klezmer, cultura yiddish e witz, e il tradizionale umorismo ebraico.
Dario Vergassola è comico e cantautore. Si distingue ben presto per le sue doti di improvvisatore, per la sua vis comica spontanea e imprevedibile. Approda nel mondo dello spettacolo partecipando a Professione Comico; la manifestazione diretta da Giorgio Gaber, nella quale ottiene sia il premio del pubblico che quello della critica. Da allora inizia una intensa carriera in televisione, come ospite, autore e presentatore, e in teatro, con diversi spettacoli tra cui svariati recital in duo con David Riondino.
Come sempre, in caso di pioggia lo spettacolo avverrà all’interno del Teatro Astra.
STAGIONE TEATRALE DIEGO FABBRI 2017/18 – MODERNO
Promo Music – Corvino ProduzioniCentro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano
Comune di Caltanissetta
MONI OVADIA VALERIA CONTADINO MARIO INCUDINE
Il casellante di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
Dal romanzo di Andrea Camilleri, Sellerio Editore – Palermo
Con SERGIO SEMINARA, GIAMPAOLO ROMANIA
Musiche dal vivo con ANTONIO VASTA, ANTONIO PUTZU
Musiche originali Mario Incudine con la collaborazione di Antonio Vasta
Scene Giuseppe Dipasquale – Costumi Elisa Savi – Luci Gianni Grasso
La canzone La crapa avi li corna è di Antonio Vasta
Regia GIUSEPPE DI PASQUALE
mercoledì 31 gennaio 2018 ore 21
Il casellante è, fra i libri di Andrea Camilleri, uno dei più struggentemente divertenti del ciclo cosiddetto“mitologico”. Dopo Maruzza Musumeci e prima de Il sonaglio, l’opera disegna i tratti di una Sicilia arcaica e moderna, comica e tragica, ferocemente logica e paradossale a un tempo. Dopo il successo ottenuto dalle trasposizioni per il teatro de Il birraio di Preston, La concessione del telefono,che insieme a La cattura, Troppu trafficu ppi nenti, La Signora Leuca, Cannibardo e la Sicilia costituiscono la drammaturgia degli ultimi anni, Camilleri e Dipasquale tornano nuovamente insieme per riproporre al pubblico teatrale nazionale una nuova avventura tratta dai racconti del popolare scrittore siciliano.Affogato nel mondo mitologico di Camilleri, costellato di personaggi reali fantasiosamente trasfigurati, Il casellante parla di una metamorfosi che passa attraverso il dolore della maternità negata e della guerra, ma è anche una narrazione in musica divertita e irridente del periodo fascista nella Sicilia degli anni Quaranta.Personale, originalissima e sperimentale, la lingua di Camilleri calca e ricalca, in una teatralissima sinfonia di parlate, una meravigliosa “sicilitudine”, tra neologismi e modi di dire mutuati dal dialetto e rielaborati in chiave colta.