Matilde di Shabran

Posted by on April 2, 2020

Direttore Michele Mariotti Olga Peretyatko Matilda Juan Diego Florez Corradino  

Direttore Michele Mariotti

Olga Peretyatko Matilda
Juan Diego Florez Corradino

 

1 thought on “Matilde di Shabran

  1. Si rivede a Pesaro l?allestimento di Martone risalente al 2004
    SUCCESSO TRIONFALE AL ROF PER FLOREZ NELLA MATILDE DI SHABRAN
    Il tenore peruviano incanta nel difficilissimo ruolo di Corradino Cuor di Ferro

    Era l?evento dell?estate musicale europea, e non ha tradito le altissime aspettative: il ritorno del grande Juan Diego Florez al ROF con ?Matilde di Shabran?, l?opera che lo lanci? proprio da Pesaro alle maggiori ribalte internazionali, ? stato un evento a tutto tondo, e di quelli da ricordare. L?allestimento scelto ? quello risalente al Festival del 2004, con la regia di Mario Martone, le scene di Sergio Tramonti e i costumi di Ursula Patzak, che Florez gi? conosceva avendovi preso parte anche otto anni fa. ? difficile, infatti, trovare una produzione della ?Matilde? cui non abbia partecipato il tenore peruviano, dato che il ruolo di Corradino Cuor di Ferro ? talmente ardua che solo pochi cantanti al mondo riescono a sostenerla. Martone ha optato, con Tramonti, per una scena unica, dominata da due scale a chiocciola dal complicato meccanismo: una scelta visivamente affascinante, supportata dalla vivacit? della recitazione di tutti gli interpreti e da alcune simpatiche gags. Nel complesso, la parte visiva dello spettacolo era pi? che soddisfacente, e ha ottenuto anche i favori del pubblico. Peccato per la staticit? di alcune scene d?assieme, che rimane, in fin dei conti, un peccato veniale, viste le difficolt? che un regista pu? incontrare nel mettere in scena l?opera. ?Matilde di Shabran? ?, infatti, un ?Melodramma giocoso? (cos? lo definisce il librettista Jacopo Ferretti nel frontespizio) con pi? che altro le caratteristiche del dramma semiserio. Una sorta di ?Gazza Ladra?, per intenderci. Ci? significa che in essa il fattore buffo e quello drammatico coesistono: se nel primo atto si ha un prevalere del registro comico, nel secondo sembra inevitabile la tragedia, salvo il lieto fine risolutore. Da questa ambiguit? deriva la difficolt? della messa in scena, giacch? non si pu? tradire nessuna delle due nature della partitura. Martone ? stato dunque abile maneggiatore di una merce meravigliosa ma esplosiva.
    Quanto al versante musicale, difficile radunare una compagnia che al mondo sappia fare di meglio. Incominciamo con Michele Mariotti, direttore che a Rossini pu? dare del tu. Fin dall?Overture colpisce l?attenzione ai particolari, che si mantiene costante per tutta la durata dello spettacolo. La sua lettura ? trascinante, percorsa da guizzi vivissimi ora malinconici ora scatenati. L?Orchestra del Comunale di Bologna, una compagine che Rossini l?ha nel sangue, sotto la sua guida suona in maniera sublime. Ma, senza i cantanti adatti, il Cigno di Pesaro non ? quell?operista capace di mandare in estasi gli spettatori dell?Ottocento come quelli del Duemila. E dire che la compagnia di canto sia stata soltanto adatta, questa volta, sarebbe sminuire una prova di limpida bellezza. Nel ruolo eponimo di Matilde era Olga Peretyatko, soprano ormai di casa al Rof. Salda negli acuti penetranti, maliziosa e piccante nel disegnare il suo personaggio, soddisfa anche quanto a corposit? nel registro centrale. Ottima prova. Straordinario poi il Paolo Bordogna come Isidoro, il poeta napoletano. Si accomodi chi pensa di conoscere un buffo che, ad oggi, possa eguagliarlo in bravura. Il suono ? pastoso, il volume notevole, tutte le note galleggiano a meraviglia, il fraseggio ? dei pi? accurati. Se non fosse italiano sarebbe acclamato come uno dei pi? grandi,ma per chi non ha pregiudizi gi? lo ?. Di buon livello anche l?Aliprando di Nicola Alaimo, a suo agio nella vocalit? impervia del medico di Corradino. Anche per lui la variet? di fraseggio ? un bel punto di forza.
    Anna Goryachova ha sostenuto la parte en travesti di Edoardo: un ruolo difficile, all?insegna del patetismo, nel complesso ben risolto, nonostante i lievi problemi nelle note gravi, dove l?impressione ? che il canto non avvenga in maschera, a scapito del volume.
    Infine, il pi? atteso di tutti, il Corradino di Florez. Difficile trovare aggettivi che non siano gi? stato usati per questo prodigioso cantante, sicuramente il migliore fra i tenori rossiniani di cui si abbia memoria. Superiore anche a Blake, se non altro per la perfezione della pronuncia e per la bellezza del timbro. Appena il peruviano fa il suo ingresso in scena, si rimane a bocca aperta per come riesca a venire a capo, apparentemente senza il minimo sforzo, di una tessitura che fin da subito si rivela a dir poco proibitiva. Gli va attribuito il grande merito di uno studio costante, senza il quale eseguire certe parti ? veramente impossibile: un esempio di umilt? da parte di una star di livello planetario. Corradino Cuor di Ferro ha tutto per far tremare la gambe a qualunque interprete, ma Florez pare quasi una macchina fabbricatrice di sovracuti, un mago dei virtuosismi. O, pi? semplicemente, un interprete ancora giovane (non ha nemmeno quarant?anni) ma che ha gi? lasciato la sua firma indelebile nella storia dell?opera. Probabilmente fra cinquant?anni sar? ricordato come una leggenda.
    Dopo questo spettacolo, il Rossini Opera Festival si riconferma dunque come la pi? prestigiosa realt? lirica estiva (e non solo) della penisola: da alcuni anni la qualit? degli spettacoli ? sempre altissima, dall?estero vengono appositamente numerosi appassionati, si riportano alla luce partiture dimenticate (quest?anno ? stata la volta, ad esempio, di ?Ciro in Babilonia?) e si eseguono eccellentemente quelle gi? famose. Insomma, il ROF ? un fiore all?occhiello per la cultura italiana, oserei definirlo la ?Bayreuth d?Italia?, imperdibile per tutti i rossiniani del mondo. Allora, appuntamento al prossimo anno con Italiana in Algeri, Donna del Lago e un attesissimo Guillame Tell.

    Michele Donati

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