Věc Makropulos, L’Affare Makropulos, Makropulos Case

Posted by on October 27, 2011

 

 

2 thoughts on “Věc Makropulos, L’Affare Makropulos, Makropulos Case

  1. Michael Curry ha costruito un allestimento semplice ma efficace del tutto funzionale alla regia di William Friedkin
    Successo al Comunale di Firenze per l’Affare Makropulos di Janacek
    Felice debutto di Zubin Metha nell’opera coadiuvato da una valida compagnia di canto

    Al Teatro Comunale di Firenze ? andato recentemente in scena un nuovo allestimento de L?Affare Makropulos di Leos Janacek, eseguito in lingua originale. Janacek e Firenze, assieme, costituiscono un binomio molto importante per la cultura nazionale perch? il teatro toscano ? stato il primo in Italia a rappresentare le opere del compositore ceco. Firenze ed il Comunale tramite il prestigioso Maggio Musicale ha sempre orientato la lente di ingrandimento verso quei compositori e quelle musiche che, pur avendo delle solidissime basi, erano poco conosciute, occupando cos? un posto di primo piano nell?orizzonte musicale italiano ed europeo.

    La riproposta dell?Affare Makropulos ? la conferma di tutto questo ma, questa volta con una valenza artistica pi? pesante, visto che si ? trattato del debutto, nell?opera, di Zubin Metha, il musicista che ha dato, e sta dando, molto della sua Arte a questa citt? ed al suo arricchimento culturale.

    La scelta dell?Affare Makropulos ci ? parsa di una straordinaria attualit?, non solo per la validit? della partitura apprezzata in tutto il mondo ma, soprattutto, per il suo significato intrinseco esposto dal comportamento della protagonista principale, Emilia Marty, depositaria di una sorta di ?magia?, di ?incanto? che l?ha resa immortale, a partire dal 1525 fino alla prima met? dell?800 quando si svolge l?azione. Pi? di 300 anni nei quali non solo ha avuto si il dono dell?immortalit? ma, accoppiato a quello forse pi? importante dell?eterna giovinezza.

    Solo dopo aver riflettuto sugli avvenimenti di tutta la sua vita, dominata costantemente da un senso di ?insoddisfazione? cosmica ha capito che solo la morte poteva liberarla da questo ?incanto? che l?ha resa schiava per lunghi anni.

    Detto ci?, ? facile per noi italiani di oggi portare il pensiero alla morale del momento, che vede alcuni personaggi che fanno dell?immortalit?, o meglio, della presunta e desiderata ?immortalit?? lo stile conduttore della propria vita, credendo di essere ?universali? non capendo che la vita passa in fretta e rimarranno alla fine con un pugno di mosche. Sarebbe necessario un bagno di umilt? e di riflessione proprio come la Emilia che Janacek ha portato, cos? efficacemente con la musica e con il testo, sul palcoscenico.

    Drammaturgicamente l?Affare Makropulos, tratto dall?omonima commedia di Karel Capek, ha una struttura del tutto simile ad un thriller, un ?noir? secondo la moderna definizione, dove la protagonista Emilia Marty ? alle prese con l?indagine sul suo passato e su tutti gli anni precedenti la storia rappresentata; lo spettatore ? messo al corrente che la donna ha avuto molteplici identit? ma non ne comprende il motivo.

    Solamente il finale, come tutti i gialli che si rispettano, riesce a chiarire ogni dubbio. Emila Marty non ? altri che Elina Makropulos, nata a Creta nel 1585, figlia di Jeronimus Makropulos, medico personale dell?imperatore Rodolfo II che aveva approntato per il suo datore di lavoro una sorta di filtro di lunga vita che aveva ?testato? sulla propria figlia Elina. Dapprima con un apparente insuccesso che lo ridusse addirittura in disgrazia presso lo stesso imperatore ma, poi, gli effetti non tardarono a verificarsi portando la ragazza nel pieno della giovinezza fino alla prima met? dell?800, periodo in cui l?opera si svolge.

    Leos Janacek ha concepito su questa storia un?opera dai caratteri sintetici con un dialogo straordinariamente serrato, frutto di un testo scarno ma coinvolgente da lui stesso creato che riesce a trovare una simbiosi perfetta con la sua musica. Tutti i punti salienti del dramma sono evidenziati splendidamente con una ?progressione? teatrale e musicale esemplare che porta per mano l?ascoltatore/spettatore attraverso tutta la trama fino all?imprevisto epilogo.

    La realizzazione vista al Teatro Comunale di Firenze (ci riferiamo alla recita del 30 ottobre) ? risultata molto ben curata in tutte le sue componenti. Zubin Metha ci ha regalato una direzione avvincente che ha reso il suo debutto nell?opera del tutto soddisfacente, coadiuvato dalla sua grande esperienza nel repertorio della prima met? del ?900, per una direzione che ha messo in risalto tutta l?eleganza di una partitura basata su di una folta strumentazione che richiede un?Orchestra dall?organico particolarmente vasto per una parte strumentale molto impegnativa nella quale tutti i componenti dell? Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino hanno messo in evidenza la loro spiccata professionalit? e musicalit?.

    La compagnia di canto si ? rivelata altrettanto valida nella quale il soprano Angela Denoke ? stata perfetto ?baricentro? dello spettacolo sia per la sua efficace recitazione sia per la sua linea di canto molto appropriata alla difficile vocalit? di Janacek. Insomma una Emilia Marty affasciante e coinvolgente.

    Il resto del compagnia ? stato in linea con il valore dello spettacolo: Miro Dvorsky (Albert Gregor), Karl Michael Ebner (Hauk-Sendorf), Rolf Haunstein (Dr. Kolenaty), Andrzej Dobber (Jeroslav Prus), Mirko Guadagnini (Janek), Jan Vacik (Vitek), Jolana Fogasova (Kristina), Roberto Abbondanza (Strojnik), Stefanie Iranyi (Pklizecka) e Cristina Sogmaister (Komorna)

    La parte visiva ha completato il pregio di tutto lo spettacolo. Semplice ma efficace grazie alle scene e proiezioni di Michael Curry, ai costumi di Andrea Schmitd-Futterer, alle fotografie di Rocky Schenck ed alle luci di Mark Jonathan; tutti elementi rivelatisi funzionali alla regia di William Friedkin che ha esaltato con i movimenti l?asciuttezza del testo.

    La recita ? stata molto applaudita dal pubblico rivelatosi entusiasta della proposta musicale e teatrale. Concludiamo ricordando la sperimentazione attuata dal Maggio Musicale Fiorentino in collaborazione con Opera Voice e PrescottStudio, per la fruizione del testo tramite i moderni iPad, iPhone e Ipod a conferma di una delle caratteristiche del Maggio, quella di essere sempre all’avanguardia, non solo nella Musica come in questo caso.

    Claudio Listanti
    claudio.listanti@voceditalia.it

  2. REGIA DA SOGNO DI FRIEDKIN, DIREZIONE DA DISCUTERE DI MEHTA
    AFFARE MAKROPULOS: IL CAPOLAVORO DI JANACEK TORNA A FIRENZE
    PROVA STRABILIANTE DELLA DENOKE NEI PANNI DI EMILIA MARTY

    L? ?Affare Makropulos? di Leos Janacek ? un immenso capolavoro.
    La bellezza luminosa che emana serve da medicina per l?uomo del novecento (e naturalmente, anche in grado maggiore, per quello del duemila), cos? abituato alla mediocrit?, all?inettitudine intellettuale che lo circonda. Con la vicenda della cantante Emilia Marty rivive la meraviglia catartica del teatro sofocleo, con la sua accettazione della limitatezza dell?uomo e della morte come via d?uscita, rivivono le figure sconvolte di Michelangelo e Donatello, impotenti dinanzi alla propria limitatezza, e contemporaneamente, se non successivamente, nascono i versi di Ungaretti, distrutto dall?orrore della guerra, di Montale e di Quasimodo, distrutti dal male di vivere. Un male di vivere che colpisce proprio Emilia Marty, proprio colei che molti di noi vorrebbero essere: ricca, famosa. Anagraficamente vecchissima, per? splendida, perch? beneficiata da un elisir di eterna giovinezza che la tiene in vita da pi? di trecento anni, l?elisir che ancora oggi, nel terzo millennio, molti cercano. Tuttavia Emilia ? cinica nel far soffrire i ?bambini? (per chi ha 337 anni anche i vecchi sono bambini) che le si accalcano intorno, ? nichilista nel negare il valore della vita (?Per lei cosa vale la pena?? chiede il barone Prus – ?Nulla vale la pena? risponde lei, mentre la musica sottolinea che purtroppo ? davvero cos?, che non ? un?esagerazione.). Chi vive per pi? di tre secoli si ammala, si ammala di vita, assuefatto a tutta la cattiveria del mondo, a tutte le bassezze, tutte le tristezze. Ma allora ? davvero positivo vivere cos? a lungo? Sapere di non dover morire e subire comunque una serie di morti interiori ben peggiori? Inizialmente Emilia ricerca la formula della pozione che le permetterebbe di trascinarsi per altri trecento anni di giovinezza, in quanto l?effetto della precedente sta svanendo, e per due atti e mezzo si attira le nostre antipatie. Poi capisce che i veri fortunati siamo noi, lei ? una vittima, non la carnefice che si era divertita ad interpretare. Solo nell?imminenza della morte e nella sua consapevolezza ? possibile avvicinarsi alla vera felicit?. Michelangelo in una delle sue bellissime e commoventi poesie, scrive ?Chi vive di morte mai non muore?. Significa che l?uomo, nella costante prossimit? della propria fine, ? spinto ad apprezzare ogni singolo istante, a sublimarlo, e cos? a sublimare s? stesso, lasciando qualcosa di se su questo mondo e rendendosi dunque immortale. ? il concetto cardine del ?carpe diem? oraziano e della filosofia del grande Seneca: non importa la durata di una vita, ma l?intensit? con cui se ne ? fatto uso. La Marty comprende tutto ci?, e decide di non utilizzare pi? la pozione che la salverebbe dalla morte incombente pur avendo in mano la formula. Il suo commiato dalla vita ? un vangelo laico, un insegnamento etico-filosofico che racchiude la comprensione del mistero della morte: la protagonista dell?opera, morendo, ci sprona a dare un significato al nostro agire su questa terra, perch? solamente chi sa di dover morire per forza pu? decidere come vivere per scelta. E cos? la donna che prima guardavamo di traverso muoversi sul palcoscenico, nell?istante supremo si trasfigura ai nostri occhi e diventa un esempio, un monito per tutti, ci fa commozione vederla accasciarsi, finalmente libera di non esistere pi?, libera dalle catene di una prigionia forzata sulla terra. La morte la purifica in maniera definitiva, e noi siamo purificati assieme a lei, in quel processo di catarsi che Aristotele ha descritto parlando della tragedia greca.
    Chi assiste per la prima volta all? ?Affare Makropulos? rimane sconvolto da una tale potenza concettuale condensata in maniera magistrale in meno di due ore di spettacolo, e certo sar? impossibile dimenticare i momenti di silenzio che seguono la fine della musica e precedono l?inizio degli applausi: momenti di emozione per cui vale davvero la pena vivere.
    Vivi complimenti vanno dunque al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, che ha deciso di mettere in scena una nuova produzione di questo capolavoro del grande Janacek. Attesissimo era il ritorno a Firenze del regista americano William Friedkin, autore di film cult come ?L?esorcista? e ?Il braccio violento della legge? (5 premi Oscar), nonch? del bellissimo ?Wozzeck? di Berg realizzato per il Festival del 1998. Friedkin ambientava l?opera in un?atmosfera onirica molto suggestiva, alla cui caratterizzazione contribuivano le scenografie del celebre Michael Curry. L?unica critica che si pu? muovere a Friedkin ? la mancanza di idee ?forti?, compensata comunque da un risultato nel complesso accattivante, visto l?ambiente misterioso e oscuro (molto belle le luci di Mark Joanathan) che ben si addice al lavoro del compositore c?co.
    Di ottimo livello la direzione di Zubin Mehta, che ha preferito contestualizzare la musica di Janacek in un ambiente mitteleuropeo, accostando il compositore a Strauss e allontanandolo dall?ambiente slavo che cos? fortemente lo caratterizza. La questione sull?interpretazione di Janacek ? spinosa: meglio una direzione che accentui la provenienza boema dell?autore o una che sottolinei la sua importanza a livello europeo, togliendo un po? della patina popolare che lo ricopre? A mio avviso la soluzione migliore sarebbe una giusta mescolanza fra le due letture, ma va evidenziato che l?interpretazione di Mehta era comunque interessante proprio perch? prediligeva la seconda ipotesi, meno praticata della prima. I vertici paradisiaci raggiunti da Ozawa nella ?Volpe Astuta? di qualche anno fa paiono tuttavia difficilmente eguagliabili per chiunque.
    La vera punta di diamante della produzione era la protagonista, una stupefacente Angela Denoke: la sua grande interpretazione rimarr? scolpita per sempre nella orecchie di chi ha avuto la fortuna di ascoltarla. Il soprano tedesco ? sostenuto da una vocalit? di acciaio inossidabile che si erge imperiosa nei momenti pi? concitati ma che pure ? capace di raccogliersi in lamenti dolorosissimi grazie a un timbro di voce cremoso e di bellezza sconcertante. Una prestazione d?altri tempi, in totale simbiosi con il personaggio: l?ovazione che il teatro le ha tributato alla fine ? anzi parsa non abbastanza calorosa per una cantante che certamente far? la storia del ruolo. Bravissimi anche tutti gli altri comprimari, che in Janacek giocano sempre un ruolo importante anche per l?impegno vocale che le parti richiedono.
    Usciti da teatro si ha la netta sensazione di aver assistito a qualcosa di unico e che va oltre il semplice spettacolo operistico: Janacek, con la sua creatura Emilia Marty, ci ha accompagnato per mano lungo un percorso di riflessione. Cercare di non dimenticare gi? domani le conclusioni a cui siamo giunti ci dar? la consapevolezza di essere ancora vivi. E, fortunatamente, pensanti.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *