Si ? conclusa, con un atteso concerto di Fabio Luisi alla guida dell?Orchestra dell?Accademia della Scala, la rassegna ?Grandi Interpreti? del Bologna Festival. Conclusione di livello degnissimo, a cominciare dal programma, che presentava titoli di notevole interesse, studiato apposta per esaltare le doti di concertatore del Maestro genovese. Ad aprire la serata ? stato il celebre Idillio di Sigfrido, di Richard Wagner. Il brano, composto da Richard per la moglie Cosima verso la fine del 1870, non teme confronti con la migliore tradizione sinfonica, anche se non sono poche le volte in cui, soprattutto in passato, ? risultato appesantito da un?eccessiva velocit?, che ha impedito il completo dispiegamento della partitura. La lettura di Luisi, esperto wagneriano, ? invece correttissima, e oltre alla correttezza offre una tavolozza di colori completa, che il Maestro indirizza verso un cromatismo scuro, dove i fiati sembrano un po? soffocati e difficilmente si abbandonano all?espansione melodica: un?Idillio ottimo, dove non si ? per? sentita quella tensione elettrica e sacrale che percorre sempre la spina dorsale delle composizioni wagneriane, prediligendo una contemplazione pi? meditabonda e autunnale, in tono con il clima piovoso di domenica. Il difetto di tensione si fa sentire maggiormente per quanto riguarda l?esecuzione del poema sinfonico Don Juan di Richard Strauss, tratto dal testo di Nikolaus Lenau. Questo capolavoro del giovane Strauss ? un?opera agitata e demoniaca, fatta di vibrazioni peccaminose, irrazionale eppure calcolatissima nel contrappunto meticoloso: Luisi ? un grande direttore, ma il suo Don Juan ? un po? troppo posato e troppo poco dionisiaco. Il colpo da fuoriclasse Luisi lo tiene per il brano conclusivo, e pezzo forte del programma: la celeberrima Symphonie Fantastique di Hector Berlioz, capolavoro a programma visionario e frenetico. La Fantastique mi ? sempre sembrata un incubo dai colori funebri, ma Luisi, pur non offrendo certo un?esecuzione che possa pareggiare quella sublime di Abbado, o quella di Bernstein, ha fatto scaturire dalla sua bacchetta un suono secco e violento, ineluttabile nella freddezza immobile degli ottoni, tragico nelle convulsioni degli archi, con i contrabbassi a vomitare note gravi e i violoncelli a lamentarsi poeticamente nello sfacelo. Impressionante la tensione del crescendo dei timpani, e impressionante il quarto movimento, la drogata marcia al supplizio, cos? come l?infernale quinto movimento. Al termine successo incandescente per Fabio Luisi e per i giovani orchestrali dell?Accademia della Scala, tutti ottimi.
Michele Donati
Intervista con il personaggio che, a Roma, sta rivalutando tutto il sinfonismo italiano
Francesco La Vecchia, il direttore all’antica che guarda al futuro
L’Orchestra Sinfonica di Roma e’ una delle realta’ nel mondo culturale capitolino
L’ Orchestra Sinfonica di Roma si sta progressivamente affermando presso il pubblico e gli appassionati romani, una realt? che arricchisce la gi? cospicua offerta musicale esistente oggi nella capitale. Abbiamo voluto approfondire il fenomeno parlandone con il direttore musicale Francesco La Vecchia che accettato molto volentieri di essere intervistato.
A Roma ? molto difficile affermarsi per un orchestra; abbiamo Santa Cecilia, ormai pi? che centenaria, quale ? la risposta della citt? alla vostra attivit??
La risposta della citt? ? nei fatti . Noi siamo all’Auditorium della Conciliazione che porta pi? di 2000 posti, abbiamo due turni di abbonamento, domenica e luned? e abbiamo quasi sempre il tutto esaurito. Quando abbiamo fatto il festival estivo alla basilica di Massenzio ed nella piazza del Capidoglio abbiamo sfiorato il mezzo milione di presenze in un anno intero. L’Orchestra suonava 120 concerti all’anno. Questa ?, nei fatti, la risposta
Sono dei numeri significativi. Voi avete preso una fetta di ci? che ha lasciato Santa Cecilia, come i concerti della domenica pomeriggio e, cos? come la Basilica di Massenzio che, con via della Conciliazione, sono due luoghi significativi. Voi avete nella vostra intenzione di sostituirvi a Santa Cecilia?
Ma no non mi sono mai posto questo obiettivo, essendo oltre che direttore artistico anche direttore musicale, non ho mai pensato o guardato a quanto o cosa fa l’orchestra di Santa Cecilia, che ? una delle maggiori del nostro paese, la pi? finanziata. Sono tutti elementi importanti. Noi abbiamo 1/20 delle risorse di Santa Cecilia. Per fare dei paragoni occorre pensare a quanto costa. Dobbiamo fare attenzione a quanto si spende. Per esempio, se dobbiamo comprare un automobile, ci sono delle auto che costano 5000 euro e altre mezzo milione. Bisogna prima stabilire quanto abbiamo a disposizione.
Per fare musica bisogna innanzitutto parlare di denaro, ahim?!. Non ? cos? facile fare questo discorso per chi fa il nostro lavoro. Per chiamare un solista , un coro, un orchestra ospite, taluni direttori, gente che costa 30, 40, 50 mila euro a sera, occorre parlare di denaro. Quindi siccome le distanze sono abissali, per questioni economiche, non mi sono mai posto il problema del chi c’? nella nostra citt?. Mi sono invece posto il problema di cosa ? giusto che si faccia in un paese come l’Italia, in una citt? come Roma, da un punto di vista sinfonico, eminentemente sinfonico; ? l’impegno della nostra orchestra
Lei ha introdotto il discorso delle risorse economiche, un discorso dolente, lei ci conferma che non avete finanziamenti pubblici?
Zero.
Quindi la vostra attivit? come ? sostenuta?
Innanzi tutto ? sostenuta dalla Fondazione Roma, istituto completamente privato, poi con gli incassi del botteghino e poi con con la ricerca di fonti esterne, tuorn?e ed altre attivit?, e sponsor, comunque, in misura molto, molto, limitata, L’attivit? ? garantita unicamente grazie all’intervento della Fondazione Roma
Lei ha toccato l’argomento delle tourn?e. Sappiamo da quello che si legge che avete fatto concerti in piazze europee molto importanti. Ci pu? dire qualcosa in merito?
Io ho edificato la struttura di questa orchestra pensando principalmente a due obiettivi. Oltre, naturalmente, a quello dell’attivit? in Roma per guadagnarci la considerazione e la stima del pubblico romano, altre due attivit? importanti, quella internazionale e quella discografica.
Per l’attivit? internazionale la stessa ? garantita grazie alla mia esperienza. Vede, questo ? il mio sesto incarico perch? ho lavorato con le orchestre nazionali in Ungheria, Messico, Brasile, Portogallo, grazie a Dio ed alla mia carriera ero conosciuto in tutto il mondo. Essendo quindi conosciuto sono riuscito a dare una garanzia che ha consentito alla mia orchestra di essere invitata. Abbiamo ottenuto non solo successi ma, veri e propri trionfi. Non lo dico io ma tutti i giornali locali. Abbiamo ottenuto 20 minuti di standig ovation a Parigi, a Madrid, alla Filarmonica di Berlino, quella di Herbert von Karajan, 18-20 minuti al Musikverein di Vienna, questo sempre con delle standig ovation. Poi alla Carnigie Hall, a Philadelfia, a Boston, a Waschington, a SanPietorburgo, a Chicago, Rio de Janeiro, Pechino Sciangai. L’Orchestra praticamente ha suonato in tutte le maggiori piazze musicali del mondo. Sempre invitata, noi non paghiamo la sala, come fanno altri, ma siamo invitati.
Questa ?, per noi una piacevole novit?. Prima di parlare del vostro repertorio vorremmo sapere qualcosa circa il suo modo di lavorare con l’orchestra, che, nell’ambiente musicale romano, si dice essere ‘particolare’. Ci dice qualcosa di pi? preciso?
Vede questa ? la mia orchestra. Io ho assunto l’impegno con 80 ragazzi di 22-23 anni. Tutti avevano zero esperienza. Io non mi sono mosso da Roma per 7 anni, ho rifiutato contratti con tutte le altre orchestre, non ho diretto orchestre se non la mia, dirigendo 60-70 concerti l’anno, fino a 25-30 programmi sinfonici diversi e 7-8-9 opere liriche, in un anno solo. Questo vuole dire lavorare insieme. Questo significa che se un direttore si dedica all’orchestra con una determinazione incondizionata, se si studia 5 ore tutti i giorni che Dio manda, l’orchestra ? invitata. Questo non capita con altri direttori che dirigono la propria orchestra per solo 5-6 concerti poi dirigono altrove.
Per quanto ci riguarda i direttori stabili dovrebbero fare come fa lei. Fare pochi concerti non significa molto per la direzione stabile.
Si il direttore stabile deve fare un progetto pluriennale. Io devevo costruire, ‘edificare’, l’orchestra, devo creare un suono, una struttura, un modo di pensare, creare un modo di interpretare il Classicismo, il Romanticismo, il Tardo Romanticismo, il Novecento. C’era da costruire un linguaggio nuovo che ha portato via sette anni.
Da ci? si sente di dire che lei ? un direttore all’antica, nel senso buono del termine, non nel senso di dire che ? sorpassato?
E’ una cosa che mi onora.
E’ d’accordo con noi.
Senz’altro
Dai vostri programmi risulta che avete un repertorio vasto. Ad iniziare dalle integrali sinfoniche ma anche per l’attenzione al sinfonismo italiano che ?, praticamente, dimenticato.
Una semplice considerazione, oggettiva e distaccata, da ogni questione diretta. Il sinfonismo si basa su due fondamenta: l’esistenza delle orchestre sinfoniche e il repertorio nazionale. Perch? le orchestre sinfoniche nazionali sono finanziate da un Ministero che dice: la salvaguardia e la tutela e la diffusione, prima che d’altro, del patrimonio nazionale.
Ritorniamo al sinfonismo. Siccome una grande parte della letteratura sinfonica, da Brahms in avanti, prevede un organico di 100 -120 elementi, si dice orchestra sinfonica non una complesso di 40 elementi. Fino a 50 elementi ? considerata un ‘orchestra da camera. Per essere un orchestra sinfonica bisogna essere, almeno, 90-100 elementi. Di queste orchestre in Italia ce ne sono tre. La Sinfonica Siciliana, Santa Cecilia e la Rai, quest’ultima interamente privata, quindi, non andrebbe conteggiata. Tutte la altre sono orchestre da camera o piccole orchestre sinfoniche che arrivano all’organico di 70-80 elementi prendendo 30 aggiunti. Quindi di fatto su 55 milioni di abitanti nel nostro paese ci sono 3-4 orchestre sinfoniche, vale a dire una ogni 20 milioni.
Secondo problema. Quello che riconduce al dettato del Ministero. Il repertorio sinfonico italiano si articola da quello che accade intorno al 1820, con Sgambati, Mercadante, Bellini, Donizetti, questi ultimi due hanno composto molte sinfonie, poi Simone Mayr, Bazzini, Jacopo Foroni fino a Martucci prima dell’ultimo 20ennio dell800. Dopo Martucci, la generazione dell’80, Casella, Pizzetti, Alfano, Maliperio, i cosiddetti dioscuri della musica italiana, Dallapiccola e Petrassi, tutti autori che hanno scritto opere liriche, alcuni, ma anche molte opere sinfoniche. Almeno 300-400 titoli, tra questi almeno una cinquantina di interesse internazionale.
Ci sono anche Busoni e Respighi, che non ha fatto solo il trittico romano (pini, fontane e feste) ma anche composizioni come Impressioni Brasiliane, Concerto all’Antica, Concerto Gregoriano, Vetrate di Chiesa, Trittico Botticelliano. E’ molto eseguito in Germania e negli altri paesi del mondo. In Italia mai. Noi stiamo eseguendo tutta questa musica. Abbiamo inciso l’integrale di Martucci, stiamo completando quelle di Respighi e Casella, e poi due dischi di Malipiero, tre di Busoni, uno di Franco Ferrara il mio maestro di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, poi Wolf Ferrari, Bazzini, Foroni, Ghedini, Bellini, Donizetti, Mercadante; il sinfonismo italiano, finalmente, avr? circa 70 nuovi cd, non nuove incisioni ma, vere e proprie novit?. Non spetta a me giudicare la qualit? del mio lavoro ma, certo, ? un monumento che viene fatto alla letteratura italiana.
Questo che lei dice rende superflua la domanda che volevamo farle circa i suoi impegni futuri.
L’impegno discografico occuper? i nostri prossimi anni, poi tourn?e in Cina, Berlino, Vienna ma, certamente, il sinfonismo italiano ? il progetto principale, il fulcro della nostra attivit?. Non siamo un Orchestra Sinfonica Nazionale e non godiamo di decine e decine di milioini di finanziamento. Pensi un po’.
Concludiamo con una domanda che, forse, lei riterr? banale. Abbiamo capito che Franco Ferrara ? stato il suo maestro. Purtroppo per noi ascoltatori ha una importanza solo teorica perch? ci sono poche testimonianze discografiche. Quali altri direttori hanno influenzato la sua attivit??
Guardi io ho avuto il privilegio di seguire per due anni Leonard Bernstein, anzi Lenny come si faceva chiamare da noi. Dire che era un direttore d’orchestra ? un po’ riduttivo perch? ? stata solo una parte della sua cultura e del suo estro artistico a tutto tondo, che quest’uomo ha rappresentato. Pensi come una ragazzino di 20 anni possa essere influenzato da un artista come Franco Ferrara e da questa straordinaria figura, secondo me non ancora valutata ed apprezzata a livello internazionale quanto si dovrebbe, che ? stato Leonard Bernstein.
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Si ? conclusa, con un atteso concerto di Fabio Luisi alla guida dell?Orchestra dell?Accademia della Scala, la rassegna ?Grandi Interpreti? del Bologna Festival. Conclusione di livello degnissimo, a cominciare dal programma, che presentava titoli di notevole interesse, studiato apposta per esaltare le doti di concertatore del Maestro genovese. Ad aprire la serata ? stato il celebre Idillio di Sigfrido, di Richard Wagner. Il brano, composto da Richard per la moglie Cosima verso la fine del 1870, non teme confronti con la migliore tradizione sinfonica, anche se non sono poche le volte in cui, soprattutto in passato, ? risultato appesantito da un?eccessiva velocit?, che ha impedito il completo dispiegamento della partitura. La lettura di Luisi, esperto wagneriano, ? invece correttissima, e oltre alla correttezza offre una tavolozza di colori completa, che il Maestro indirizza verso un cromatismo scuro, dove i fiati sembrano un po? soffocati e difficilmente si abbandonano all?espansione melodica: un?Idillio ottimo, dove non si ? per? sentita quella tensione elettrica e sacrale che percorre sempre la spina dorsale delle composizioni wagneriane, prediligendo una contemplazione pi? meditabonda e autunnale, in tono con il clima piovoso di domenica. Il difetto di tensione si fa sentire maggiormente per quanto riguarda l?esecuzione del poema sinfonico Don Juan di Richard Strauss, tratto dal testo di Nikolaus Lenau. Questo capolavoro del giovane Strauss ? un?opera agitata e demoniaca, fatta di vibrazioni peccaminose, irrazionale eppure calcolatissima nel contrappunto meticoloso: Luisi ? un grande direttore, ma il suo Don Juan ? un po? troppo posato e troppo poco dionisiaco. Il colpo da fuoriclasse Luisi lo tiene per il brano conclusivo, e pezzo forte del programma: la celeberrima Symphonie Fantastique di Hector Berlioz, capolavoro a programma visionario e frenetico. La Fantastique mi ? sempre sembrata un incubo dai colori funebri, ma Luisi, pur non offrendo certo un?esecuzione che possa pareggiare quella sublime di Abbado, o quella di Bernstein, ha fatto scaturire dalla sua bacchetta un suono secco e violento, ineluttabile nella freddezza immobile degli ottoni, tragico nelle convulsioni degli archi, con i contrabbassi a vomitare note gravi e i violoncelli a lamentarsi poeticamente nello sfacelo. Impressionante la tensione del crescendo dei timpani, e impressionante il quarto movimento, la drogata marcia al supplizio, cos? come l?infernale quinto movimento. Al termine successo incandescente per Fabio Luisi e per i giovani orchestrali dell?Accademia della Scala, tutti ottimi.
Michele Donati
Intervista con il personaggio che, a Roma, sta rivalutando tutto il sinfonismo italiano
Francesco La Vecchia, il direttore all’antica che guarda al futuro
L’Orchestra Sinfonica di Roma e’ una delle realta’ nel mondo culturale capitolino
L’ Orchestra Sinfonica di Roma si sta progressivamente affermando presso il pubblico e gli appassionati romani, una realt? che arricchisce la gi? cospicua offerta musicale esistente oggi nella capitale. Abbiamo voluto approfondire il fenomeno parlandone con il direttore musicale Francesco La Vecchia che accettato molto volentieri di essere intervistato.
A Roma ? molto difficile affermarsi per un orchestra; abbiamo Santa Cecilia, ormai pi? che centenaria, quale ? la risposta della citt? alla vostra attivit??
La risposta della citt? ? nei fatti . Noi siamo all’Auditorium della Conciliazione che porta pi? di 2000 posti, abbiamo due turni di abbonamento, domenica e luned? e abbiamo quasi sempre il tutto esaurito. Quando abbiamo fatto il festival estivo alla basilica di Massenzio ed nella piazza del Capidoglio abbiamo sfiorato il mezzo milione di presenze in un anno intero. L’Orchestra suonava 120 concerti all’anno. Questa ?, nei fatti, la risposta
Sono dei numeri significativi. Voi avete preso una fetta di ci? che ha lasciato Santa Cecilia, come i concerti della domenica pomeriggio e, cos? come la Basilica di Massenzio che, con via della Conciliazione, sono due luoghi significativi. Voi avete nella vostra intenzione di sostituirvi a Santa Cecilia?
Ma no non mi sono mai posto questo obiettivo, essendo oltre che direttore artistico anche direttore musicale, non ho mai pensato o guardato a quanto o cosa fa l’orchestra di Santa Cecilia, che ? una delle maggiori del nostro paese, la pi? finanziata. Sono tutti elementi importanti. Noi abbiamo 1/20 delle risorse di Santa Cecilia. Per fare dei paragoni occorre pensare a quanto costa. Dobbiamo fare attenzione a quanto si spende. Per esempio, se dobbiamo comprare un automobile, ci sono delle auto che costano 5000 euro e altre mezzo milione. Bisogna prima stabilire quanto abbiamo a disposizione.
Per fare musica bisogna innanzitutto parlare di denaro, ahim?!. Non ? cos? facile fare questo discorso per chi fa il nostro lavoro. Per chiamare un solista , un coro, un orchestra ospite, taluni direttori, gente che costa 30, 40, 50 mila euro a sera, occorre parlare di denaro. Quindi siccome le distanze sono abissali, per questioni economiche, non mi sono mai posto il problema del chi c’? nella nostra citt?. Mi sono invece posto il problema di cosa ? giusto che si faccia in un paese come l’Italia, in una citt? come Roma, da un punto di vista sinfonico, eminentemente sinfonico; ? l’impegno della nostra orchestra
Lei ha introdotto il discorso delle risorse economiche, un discorso dolente, lei ci conferma che non avete finanziamenti pubblici?
Zero.
Quindi la vostra attivit? come ? sostenuta?
Innanzi tutto ? sostenuta dalla Fondazione Roma, istituto completamente privato, poi con gli incassi del botteghino e poi con con la ricerca di fonti esterne, tuorn?e ed altre attivit?, e sponsor, comunque, in misura molto, molto, limitata, L’attivit? ? garantita unicamente grazie all’intervento della Fondazione Roma
Lei ha toccato l’argomento delle tourn?e. Sappiamo da quello che si legge che avete fatto concerti in piazze europee molto importanti. Ci pu? dire qualcosa in merito?
Io ho edificato la struttura di questa orchestra pensando principalmente a due obiettivi. Oltre, naturalmente, a quello dell’attivit? in Roma per guadagnarci la considerazione e la stima del pubblico romano, altre due attivit? importanti, quella internazionale e quella discografica.
Per l’attivit? internazionale la stessa ? garantita grazie alla mia esperienza. Vede, questo ? il mio sesto incarico perch? ho lavorato con le orchestre nazionali in Ungheria, Messico, Brasile, Portogallo, grazie a Dio ed alla mia carriera ero conosciuto in tutto il mondo. Essendo quindi conosciuto sono riuscito a dare una garanzia che ha consentito alla mia orchestra di essere invitata. Abbiamo ottenuto non solo successi ma, veri e propri trionfi. Non lo dico io ma tutti i giornali locali. Abbiamo ottenuto 20 minuti di standig ovation a Parigi, a Madrid, alla Filarmonica di Berlino, quella di Herbert von Karajan, 18-20 minuti al Musikverein di Vienna, questo sempre con delle standig ovation. Poi alla Carnigie Hall, a Philadelfia, a Boston, a Waschington, a SanPietorburgo, a Chicago, Rio de Janeiro, Pechino Sciangai. L’Orchestra praticamente ha suonato in tutte le maggiori piazze musicali del mondo. Sempre invitata, noi non paghiamo la sala, come fanno altri, ma siamo invitati.
Questa ?, per noi una piacevole novit?. Prima di parlare del vostro repertorio vorremmo sapere qualcosa circa il suo modo di lavorare con l’orchestra, che, nell’ambiente musicale romano, si dice essere ‘particolare’. Ci dice qualcosa di pi? preciso?
Vede questa ? la mia orchestra. Io ho assunto l’impegno con 80 ragazzi di 22-23 anni. Tutti avevano zero esperienza. Io non mi sono mosso da Roma per 7 anni, ho rifiutato contratti con tutte le altre orchestre, non ho diretto orchestre se non la mia, dirigendo 60-70 concerti l’anno, fino a 25-30 programmi sinfonici diversi e 7-8-9 opere liriche, in un anno solo. Questo vuole dire lavorare insieme. Questo significa che se un direttore si dedica all’orchestra con una determinazione incondizionata, se si studia 5 ore tutti i giorni che Dio manda, l’orchestra ? invitata. Questo non capita con altri direttori che dirigono la propria orchestra per solo 5-6 concerti poi dirigono altrove.
Per quanto ci riguarda i direttori stabili dovrebbero fare come fa lei. Fare pochi concerti non significa molto per la direzione stabile.
Si il direttore stabile deve fare un progetto pluriennale. Io devevo costruire, ‘edificare’, l’orchestra, devo creare un suono, una struttura, un modo di pensare, creare un modo di interpretare il Classicismo, il Romanticismo, il Tardo Romanticismo, il Novecento. C’era da costruire un linguaggio nuovo che ha portato via sette anni.
Da ci? si sente di dire che lei ? un direttore all’antica, nel senso buono del termine, non nel senso di dire che ? sorpassato?
E’ una cosa che mi onora.
E’ d’accordo con noi.
Senz’altro
Dai vostri programmi risulta che avete un repertorio vasto. Ad iniziare dalle integrali sinfoniche ma anche per l’attenzione al sinfonismo italiano che ?, praticamente, dimenticato.
Una semplice considerazione, oggettiva e distaccata, da ogni questione diretta. Il sinfonismo si basa su due fondamenta: l’esistenza delle orchestre sinfoniche e il repertorio nazionale. Perch? le orchestre sinfoniche nazionali sono finanziate da un Ministero che dice: la salvaguardia e la tutela e la diffusione, prima che d’altro, del patrimonio nazionale.
Ritorniamo al sinfonismo. Siccome una grande parte della letteratura sinfonica, da Brahms in avanti, prevede un organico di 100 -120 elementi, si dice orchestra sinfonica non una complesso di 40 elementi. Fino a 50 elementi ? considerata un ‘orchestra da camera. Per essere un orchestra sinfonica bisogna essere, almeno, 90-100 elementi. Di queste orchestre in Italia ce ne sono tre. La Sinfonica Siciliana, Santa Cecilia e la Rai, quest’ultima interamente privata, quindi, non andrebbe conteggiata. Tutte la altre sono orchestre da camera o piccole orchestre sinfoniche che arrivano all’organico di 70-80 elementi prendendo 30 aggiunti. Quindi di fatto su 55 milioni di abitanti nel nostro paese ci sono 3-4 orchestre sinfoniche, vale a dire una ogni 20 milioni.
Secondo problema. Quello che riconduce al dettato del Ministero. Il repertorio sinfonico italiano si articola da quello che accade intorno al 1820, con Sgambati, Mercadante, Bellini, Donizetti, questi ultimi due hanno composto molte sinfonie, poi Simone Mayr, Bazzini, Jacopo Foroni fino a Martucci prima dell’ultimo 20ennio dell800. Dopo Martucci, la generazione dell’80, Casella, Pizzetti, Alfano, Maliperio, i cosiddetti dioscuri della musica italiana, Dallapiccola e Petrassi, tutti autori che hanno scritto opere liriche, alcuni, ma anche molte opere sinfoniche. Almeno 300-400 titoli, tra questi almeno una cinquantina di interesse internazionale.
Ci sono anche Busoni e Respighi, che non ha fatto solo il trittico romano (pini, fontane e feste) ma anche composizioni come Impressioni Brasiliane, Concerto all’Antica, Concerto Gregoriano, Vetrate di Chiesa, Trittico Botticelliano. E’ molto eseguito in Germania e negli altri paesi del mondo. In Italia mai. Noi stiamo eseguendo tutta questa musica. Abbiamo inciso l’integrale di Martucci, stiamo completando quelle di Respighi e Casella, e poi due dischi di Malipiero, tre di Busoni, uno di Franco Ferrara il mio maestro di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, poi Wolf Ferrari, Bazzini, Foroni, Ghedini, Bellini, Donizetti, Mercadante; il sinfonismo italiano, finalmente, avr? circa 70 nuovi cd, non nuove incisioni ma, vere e proprie novit?. Non spetta a me giudicare la qualit? del mio lavoro ma, certo, ? un monumento che viene fatto alla letteratura italiana.
Questo che lei dice rende superflua la domanda che volevamo farle circa i suoi impegni futuri.
L’impegno discografico occuper? i nostri prossimi anni, poi tourn?e in Cina, Berlino, Vienna ma, certamente, il sinfonismo italiano ? il progetto principale, il fulcro della nostra attivit?. Non siamo un Orchestra Sinfonica Nazionale e non godiamo di decine e decine di milioini di finanziamento. Pensi un po’.
Concludiamo con una domanda che, forse, lei riterr? banale. Abbiamo capito che Franco Ferrara ? stato il suo maestro. Purtroppo per noi ascoltatori ha una importanza solo teorica perch? ci sono poche testimonianze discografiche. Quali altri direttori hanno influenzato la sua attivit??
Guardi io ho avuto il privilegio di seguire per due anni Leonard Bernstein, anzi Lenny come si faceva chiamare da noi. Dire che era un direttore d’orchestra ? un po’ riduttivo perch? ? stata solo una parte della sua cultura e del suo estro artistico a tutto tondo, che quest’uomo ha rappresentato. Pensi come una ragazzino di 20 anni possa essere influenzato da un artista come Franco Ferrara e da questa straordinaria figura, secondo me non ancora valutata ed apprezzata a livello internazionale quanto si dovrebbe, che ? stato Leonard Bernstein.
Claudio Listanti
claudio.lisantii@voceditalia.it
18/1/2011