Dal 20 al 23 marzo al Teatro Alighieri andrà in scena “Moby Dick alla prova”
La compagnia incontra il pubblico de La Stagione dei Teatri sabato 22 alla sala Corelli del Teatro Alighieri in dialogo con Claudia Cannella, direttrice di Hystrio
Moby Dick alla prova, scritto (oltre che, a suo tempo, diretto e interpretato) da Orson Welles, è lo spettacolo a cui Elio De Capitani, tra i fondatori del Teatro dell’Elfo, ha lavorato nel corso dell’inverno del 2020/21 e che dal 20 al 22 marzo alle 21:00 e il 23 alle 15:30 andrà in scena al Teatro Alighieri nell’ambito de La Stagione dei Teatri.
«Il testo di Welles, inedito in Italia, è un esperimento molteplice – sottolinea il regista -. Blank verse shakespeariano, una sintesi estrema del romanzo, personaggi bellissimi, restituiti in modo magistrale e parti cantate. Noi abbiamo realizzato questo spettacolo ‘totale’, con in più la gioia di una sfida finale impossibile: l’apparizione del capodoglio. E con un semplice trucco teatrale siamo riusciti a crearla in scena».
La produzione di questo spettacolo di dimensioni corali vede associati il Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.
In scena, accanto a De Capitani (che interpreta Achab, padre Mapple, Lear e l’impresario teatrale) troviamo Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana (che si alterna con Giulia Di Sacco), Vincenzo Zampa. Il cast salda le eccellenze artistiche di tre generazioni di interpreti. La musica dal vivo di Mario Arcari e i canti diretti da Francesca Breschi riempiono intensamente la scena generando emozioni profonde, in uno spazio dominato da un fondale enorme, eppure leggero, cangiante, capace di evocare l’immensità del mare e la presenza incombente del capodoglio.
Orson Welles portò al debutto il suo testo il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra. Lo mise in scena in un palco praticamente vuoto, scegliendo di non dare al pubblico né mare, né balene, né navi. Solo una compagnia di attori e se stesso in quattro ruoli, Achab compreso. E vinse la sfida di portare in teatro l’oceanico romanzo di Melville gettando un ponte tra la tragedia di Re Lear e Moby-Dick: l’ostinazione del re – che la vita, atroce maestra, infine redimerà – si rispecchia in quella irredimibile, fino all’ultimo istante, dell’oscuro e tormentato capitano del Pequod.
Tradotto per l’Elfo dalla poeta Cristina Viti, il copione di Welles restituisce con forza d’immagini la prosa del romanzo.
In occasione di Moby Dick alla prova sarà attivo il servizio In viaggio verso il teatro, che copre i comuni di Alfonsine e di Voltana, oltre alle circoscrizioni Nord, Sud e i lidi del comune di Ravenna con un servizio di trasporto gratuito che accompagna il pubblico in sala e lo riaccompagna a casa al termine dello spettacolo. A bordo, esperti ed esperte racconteranno curiosità legate al titolo scelto.
Sabato 22, alle 18:00, la compagnia incontra il pubblico nella sala Corelli del Teatro Alighieri in dialogo con Claudia Cannella, direttrice di Hystrio.
Grazie alla collaborazione con il Centro Diego Fabbri, che promuove un teatro accessibile e inclusivo, la replica di domenica 23 è audiodescritta per non vedenti e ipovedenti. Per tutte le giornate sono inoltre disponibili biglietti gratuiti per universitarie e universitari grazie alla collaborazione con Fondazione Flaminia.
Giovedì 10 ottobre 2024 ore 21
Sillaba
ROBERTO MERCADINI
Moby Dick
(sebbene molti abbiano tentato)
lettura/narrazione dal romanzo di Herman Melville scritta e diretta da Roberto Mercadini
Sipario sulla nuova Stagione di Teatro Contemporaneo al Piccolo di Forlì. A inaugurare la rassegna, giovedì 10 ottobre alle ore 21, sarà ROBERTO MERCADINI con Moby Dick (sebbene molti abbiano tentato), una personale e originale lettura/narrazione dal romanzo di Herman Melville.
Lo spettacolo, prodotto da Sillaba, è diretto dallo stesso Mercadini che descrive “l’impresa” di portare sul palcoscenico il monumentale volume così: “Moby Dick non racconta una storia. Non è un romanzo. Forse neppure un libro. È un mostro che sta fra gli altri volumi scritti come il leviatano bianco sta in mezzo alle altre creature marine. Che può farne, allora, un narratore (e nel tempo d’una narrazione)? Può almeno far brillare alcuni frammenti incandescenti; far intuire, per sintesi, l’intera luce, l’intero calore del magma. Può dire: ‘sono come un palombaro che scende negli abissi.
Trova Atlantide. Non può risalire portandosi Atlantide sulle spalle. Può riportare però qualche frammento (una moneta, un pezzetto d’anfora, un naso di statua). E poi dire: guardate, questa non è Atlantide; è la prova che, là sotto, c’è Atlantide: andate a farci un giro, se vi capita.’
Note biografiche
Roberto Mercadini (Cesena, 1978), narratore, autore-attore, scrittore, poeta e divulgatore, si esibisce in tutta Italia con i suoi monologhi che spaziano dalla Bibbia ebraica all’origine della filosofia, dall’evoluzionismo alla felicità, dai grandi interpreti della letteratura ai temi sociali (bullismo, ambiente ed ecologia). Nel 2018 esce Storia perfetta dell’errore edito da Rizzoli, il suo primo romanzo. Nel 2019 il Teatro Stabile d’Abruzzo produce il suo spettacolo teatrale Vita di Leonardo con la regia di Alessandro Maggi e testi dello stesso Mercadini. Nel 2020 esce, sempre per Rizzoli, Bomba atomica, eletto come Miglior Libro del 2020 dal concorso indetto da Robinson (inserto culturale di La Repubblica). Nel 2022 esce, per Rizzoli, il libro L’Ingegno e le tenebre: Leonardo e Michelangelo. Due geni rivali nel cuore oscuro del Rinascimento. Nel 2023 esce invece La donna che rise di Dio e altre storie della Bibbia. Da gennaio 2023 è ospite della trasmissione Splendida cornice condotta da Geppi Cucciari in onda su Rai 3. Attivo in rete, ha un canale YouTube seguito da oltre 175.000 followers e un profilo Instagram da oltre 55.000.
MOBY DICK ALLA PROVA
di
ORSON WELLES
adattato
– prevalentemente in versi sciolti –
dal romanzo di MELVILLE
uno spettacolo di
ELIO DE CAPITANI
con
ELIO DE CAPITANI
Capocomico / Lear / Achab /
Padre Mapple
ANGELO DI GENIO
Attor giovane / Ishmael
GIULIA VIANA
Attrice giovane / Cordelia / Pip
CRISTINA CRIPPA
Direttore di scena / Cambusiere
MARCO BONADEI
Attore serio / Kent / Starbuck / Queequeg
ENZO CURCURÙ
Attore di mezza età / Stubb / Daggoo / Voce dello Scapolo
MICHELE COSTABILE
Attore / Flask / Vedetta
MASSIMO SOMAGLINO
Attore veterano / Peleg / Voce della Rachele
ALESSANDRO LUSSIANA
Attore cinico / Elijah / Tashtego
VINCENZO ZAMPA
Attore con il giornale / Carpentiere / Vedetta
MARIO ARCARI
Direttore d’orchestra
Lo spettacolo ha debuttato
al Teatro Elfo Puccini di Milano
l’11 gennaio 2022
traduzione
CRISTINA VITI
costumi
FERDINANDO BRUNI
musiche dal vivo
MARIO ARCARI
direzione del coro
FRANCESCA BRESCHI
luci
MICHELE CEGLIA
suono
GIANFRANCO TURCO
maschere
MARCO BONADEI
assistente regia
ALESSANDRO FRIGERIO
assistente costumi
ELENA ROSSI
assistente scene
ROBERTA MONOPOLI
capo macchinista
GIANCARLO CENTOLA
macchinista
TOMMASO SERRA
elettricisti
MATTEO CRESPI
GIACOMO MARETTELLI PRIORELLI
sarta
ORTENSIA MAZZEI
stagisti
ILARIA ALTIERI (regia)
FLORA PIROVANO, ALICE SPADONI e MARIOLINA SCIACCA (scenografia)
ALESSIA LATTANZIO, GIULIA LEALI (sartoria)
foto di scena
MARCELLA FOCCARDI
grafica
PLUM (PLUMDESIGN.IT)
documentazione video
TOMMASO MERIGHI
Una duratura e magnifica ossessione quella di Welles per Moby-Dick. E finalmente il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra, Welles può lottare personalmente con le sue balene bianche: Melville, il palco vuoto e la sala piena di spettatori. È un successo strepitoso: “questo spettacolo è l’ultima pura gioia che il teatro mi abbia dato”.
Eppure al pubblico non dà né mare, né balene né navi. Solo un palco vuoto, una compagnia di attori, se stesso in quattro ruoli, Achab compreso, e il suo testo, su cui aveva lavorato per mesi, trovando una via indiretta per accettare la sfida impossibile del Moby-Dick di Melville: passare per Lear, lo spettacolo che la compagnia sta recitando ogni sera, che getta un ponte tra Melville e Shakespeare, scivolando dall’ostinazione di Lear – che la vita, atroce maestra, infine redimerà – a quella irredimibile, fino all’ultimo istante, del capitano Achab.
Il blank verse di Welles – per noi splendidamente tradotto dalla poetessa Cristina Viti, milanese di nascita ma londinese d’adozione – restituisce con forza d’immagini potenti la prosa del romanzo, trasformando rapidamente l’iniziale entrare e uscire dal personaggio, che il capocomico Welles e i suoi attori fanno come ogni compagnia in prova, in una travolgente e intensa rappresentazione totale dello scontro, titanico e insensato, tra uomo e natura.
Oltre alla traduzione, un secondo potente motore di questa nostra versione del capolavoro di Welles (la prima in Italia) è una ciurma d’attori più che pronti alla sfida: un cast che rappresenta la saldatura tra le eccellenze artistiche di tre generazioni dell’ensemble dell’Elfo, (dove anche molti dei giovani sono artisti pluripremiati), e che ha lavorato in pieno lockdown all’Elfo Puccini di Milano, ritrovando, nella difficoltà del momento, l’assoluta concentrazione d’un ritiro totalizzante, da eremo, che solo la vita ferma fuori le mura del teatro ci ha per una volta concesso. Terzo potente elemento è la musica, composta e suonata dal vivo da Mario Arcari: è una portentosa generatrice di emozioni profonde, sia nelle esecuzioni strumentali che nei cori e nei Sea shanties diretti da Francesca Breschi.
Ed è così che il capodoglio bianco ha preso la nostra vita. Da quando abbiamo iniziato a portare sulla scena Moby Dick alla prova di Orson Welles, la duplice natura del grande mammifero marino ci tormenta.
ACHAB
Ma io, in quella bestia, io vedo/forza oltraggiosa, imperscrutabile malvagità;/ è questo, questo imperscrutabile che io più odio,/e che il capodoglio bianco ne sia agente o mandante/ sarà quell’odio che io gli infliggerò!/ Non mi parlate di infamia o di bestemmia: io colpirei/ anche il sole se lui osasse insultarmi!
Il controcanto a quest’odio iperumano sta proprio nel cuore del romanzo di Melville e lo abbiamo voluto anche nel cuore della nostra versione scenica:
Dicono che spesso, da che più feroce e spietata si è fatta la caccia, le balene in enormi branchi solchino gli oceani per darsi l’un l’altra protezione e assistenza. (…) se vi inoltrerete fino al cuore del branco dove giungono attutiti il clamore e lo spumeggiare delle onde, lì la distesa del mare vi apparirà come una levigata tela di raso (…)
Lì femmine e cuccioli giocano innocenti, pieni di gioia e senza timore o diffidenza alcuna. E se il vostro sguardo si spinge giù, giù, in quella trasparente profondità, lì in quelle caverne d’acqua vi appariranno le sagome delle balene che danno il latte e di quelle prossime a partorire. E come i neonati umani quando poppano puntano il loro sguardo tranquillo e fisso lontano dal seno, come se si nutrissero ancora di qualche loro memoria ultraterrena, così i piccoli di quelle balene vi guarderanno, ma non voi veramente, come se al loro occhio tranquillo voi non foste che un pezzetto di alga nel golfo.
Quindi è la natura dell’uomo a essere duplice, non quella della grande balena. Oltraggiosa e irrefrenabile natura, oscena come lo era la teologia baleniera, inventata come alibi perfetto dai quaccheri di Nuntucket, che suonava così: Dio ha fatto il Capodoglio per l’uomo e ha previsto ogni suo bisogno, dotando quella bestia, più ancora di tutte le altre balene, di quanto ci serve per vivere confortevolmente.
E allora la caccia divenne industria e l’olocausto marino fece da eco a quello terrestre dei bisonti, allo scempio – nel mondo – che l’uomo fece e fa della natura e di interi popoli, sterminandoli o schiavizzandoli.
Ma Achab, come Kurtz in Cuore di tenebra, per devastare la natura soggioga i suoi simili e ne fa strumento del suo odio, con estrema facilità.
ACHAB
Compito agevole, dopotutto…
La mia unica ruota dentata sa mettere in moto i loro diversi meccanismi…
ed eccoli tutti in moto…
Vitalismo rapace, prepotentemente – ma non esclusivamente – occidentale, che rappresenta quella metà dell’umanità che ci porta al disastro, al gorgo mortale che inghiotte la Pequod. Siamo alla sesta estinzione di massa, siamo al riscaldamento globale, siamo sull’orlo del baratro e continuiamo a correre.
Generando odiatori meno mitici e tormentati ma altrettanto ferali di Achab.
Riascoltando le cronache del G8 di Genova venti anni dopo, impressiona la follia repressiva che offese i corpi, segnò le menti e colpì le idee di quell’imponente movimento trasversale che aveva a cuore il destino del pianeta e dei popoli.
Diciamolo: Moby-Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli – tra passato e futuro – nel respiro di ogni istante della nostra vita.
ELIO DE CAPITANI, 20 LUGLIO 2021
Di Re Lear, di Achab o di una ritrovata umanità
Una compagnia di teatro si ritrova a provare Re Lear, per poi interrompere e immergersi nella rappresentazione di Moby Dick. Si direbbe che l’ossessione dell’anziano sovrano, o del monco capitano, si riversi e plasmi le motivazioni che muovono le azioni degli altri personaggi in scena, così come il regista muove e plasma gli attori sul palco. Le maschere che portano a tratti gli attori sembrano rieccheggiare funeree marionette, che mescolano vita e morte, intenzione soggettiva e passiva movimentazione da parte di un Fato gran burattinaio. Ed è sempre il Fato che gonfia le vele della Pequod, che le fa trasformare nel grande cetaceo bianco con un effetto scenografico che ha del meraviglioso. Il Fato fa intravedere all’orizzonte lo zampillo d’acqua e urlare “Soffia! Soffia!” proprio un momento prima di cambiare idea, di tornare davvero verso casa. Ma è il Fato o l’ossessione che portano alla perdita dell’umanità, e, alla fine, della vita? Il Teatro dell’Elfo si cimenta con una bianca montagna. L’abisso, forse, tornando ad essere attori, spettatori ed esseri umani, l’abbiamo ormai passato.
Caterina Bonora