2021
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Chailly
Regia Davide Livermore
Scene Giò Forma
Costumi Gianluca Falaschi
Luci Antonio Castro
Video D-Wok
Coreografia Daniel Ezralow
Luca Salsi (Macbeth), Ildar Abdrazakov (Banco), Anna Netrebko / Ewa Plonka (Lady Macbeth), Chiara Isotton (Dama di Lady Macbeth), Francesco Meli (Macduff), Iván Ayón Rivas (Malcolm), Andrea Pellegrini (Medico), Leonardo Galeazzi (Domestico), Costantino Finucci (1a apparizione)
Berlin
Anna Netrebko (Lady Macbeth)
Plácido Domingo (Macbeth)
Kwangchul Youn (Banquo)
Evelin Novak (Dame de compagnie)
Fabio Sartori (Macduff)
Regia Harry Kupfer
Regia TV Tiziano Mancini
Conductor Daniel Barenboim
Orchestra Staatskapelle Berlin
Direction Choir Martin Wright
Choir Staatsopernchor
Scene Hans Schavernoch
Costumes Yan Tax
Lights Olaf Freese
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Met 2014
Conductor
Fabio Luisi
Regia
Adrian Noble
Set and costume designer
Mark Thompson
Lighting designer
Jean Kalman
Choreographer
Sue Lefton
Macbeth
Željko Lučić
Banquo
René Pape
Lady macbeth
Anna Netrebko
Lady-in-waiting to
Lady macbeth
Claudia Waite
A servant of macbeth
Christopher Job
Duncan, King of Scotland
Raymond Renault
Malcolm, Duncan’s son
Noah Baetge
Macduff, thane of fife
Joseph Calleja
Fleance, banquo’s son
Moritz Linn
A murderer
Richard Bernstein
A herald
Seth Malkin
A doctor
James Courtney
Apparitions
A warrior
David Crawford
A bloody child
Ashley Emerson
A crowned child
Jihee Kim
Parco Ducale di Parma
MACBETH
Versione di Parigi (1865)
In forma di concerto
Musica di GIUSEPPEVERDI
Macbeth LUDOVIC TEZIER
Lady Macbeth SILVIA DALLA BENETTA
Banquo RICCARDO ZANELLATO
Malcolm DAVID ASTORGA
Un médecin FRANCESCO LEONE
La comtesse NATALIA GAVRILAN
Un serviteur\sicaire\première fantome JACOBO OCHOA
Seconde fantome PIETRO BOLOGNINI
Troisième fantome PILAR MEZZADRI CORONA
Maestro concertatore e direttore
ROBERTO ABBADO
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
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Met 2008
CONDUCTOR
James Levine
REGIA
Adrian Noble
SET AND COSTUME DESIGNER
Mark Thompson
LIGHTING DESIGNER
Jean Kalman
CHOREOGRAPHER
Sue Lefton
Macbeth
Lado Ataneli
Banquo
John Relyea
Lady Macbeth
Maria Guleghina
Lady-in-waiting to
Lady Macbeth
Elizabeth Blancke-Biggs
A Servant of Macbeth
Richard Hobson
Duncan, King of Scotland
Raymond Renault
Malcolm, Duncan’s son
Russell Thomas
Macduff, Thane of Fife
Dimitri Pittas
Fleance, Banquo’s son
Adam Hauser Piñero
A murderer
Keith Miller
A herald
Joseph Turi
A doctor
James Courtney
Apparitions
A warrior
David Crawford
A bloody child
Ashley Emerson
A crowned child
Anne-Carolyn Bird
di Alessandro Serra
tratto da Macbeth di William Shakespeare
Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino
traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
musiche pietre sonore Pinuccio Siola
composizioni pietre sonore Marcellino Garau
regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra
produzione Sardegna Teatro e Compagnia Teatropersona
con il sostegno di Fondazione Pinuccio Sciola | Cedac Circuito Regionale Sardegna
Royal Opera House 2011
Conductor Sir Antonio Pappano
baritono Simon Keenlyside Macbeth
soprano Liudmyla Monastyrska Lady Macbeth
basso Raymond Aceto Banco
tenore Dimitri Pittas Macduff.
Scala 1997
Conductor Riccardo Muti
Renato Bruson
Maria Guleghina
Carlo Colombara
Roberto Alagna
Regia Graham Vick
William Shakespeare
SERGIO RUBINI
GIAMPAOLO BANDINI, chitarra
Traduzione, riduzione e adattamento
SERGIO RUBINI
Musiche originali di
NICOLA JAPPELLI
da materiali musicali di
JOHN DOWLAND
Si ringrazia
Teatro Regio di Parma
Conservatorio Arrigo Boito Parma
Lions Club Parma Host
Conductor
PAOLO CARIGNANI
Director
OLIVIER FREDJ
Graphic art director
JEAN LECOINTRE
Scenography
OLIVIER FREDJ, GASPARD PINTA & MASSIMO TRONCANETTI
Costumes
FRÉDÉRIC LLINARES
Lighting
CHRISTOPHE FOREY
Choreography
DOMINIQUE BOIVIN
Chorus master
MARTINO FAGGIANI
Macbeth
SCOTT HENDRICKS
Banco
CARLO COLOMBARA
Lady Macbeth
BÉATRICE URIA-MONZON
Dama di Lady Macbeth
LIES VANDEWEGE
Macduff
ANDREW RICHARDS
Malcolm
JULIAN HUBBARD
Medico, Servo, Araldo
JUSTIN HOPKINS
Sicario GERARD LAVALLE
Apparizione
JACQUES DOES, MARIA PORTELA LARISCH, BOYAN DELATTRE / JULES BESNARD
La Monnaie Symphony Orchestra and Chorus
La Monnaie Chorus Academy led by Benoît Giaux
PRODUCTION
La Monnaie / De Munt
CO-PRODUCTION
Poznán Opera House 2016
https://www.raiplay.it/video/2018/09/Opera-Macbeth-d3280a52-c0cf-4ca0-ba70-bfa2fd6a4b25.html
Conducted by Bruno Bartoletti
Teatro Regio di Parma 2006
regia Liliana Cavani
Starring
Leo Nucci Macbeth
Sylvie Valayre Lady Macbeth
Enrico Iori Banquo
Roberto Iuliano Macduff
regia Tv Andrea Bevilacqua
http://www.teatromassimo.it/teatro-massimo-tv-567/macbeth.html
Direttore Gabriele Ferro
Regia Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Coreografia Manuela Lo Sicco
Maestro d’armi Sandro Maria Campagna
Light designer Cristian Zucaro
Assistente regia Giuseppe Cutino
Assistente scene Roberto Tusa
Assistente costumi Sylvie Barras
Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro Massimo
Maestro del Coro Piero Monti
Nuovo allestimento del Teatro Massimo in coproduzione con il Teatro Regio di Torino e con l’Associazione Arena Sferisterio / Macerata Opera Festival.
Parrucche Mario Audello (Torino)
Calzature Epoca srl (Milano)
Macbeth
Giuseppe Altomare (21, 24, 25, 28)
Roberto Frontali (26, 29)
Banco
Marko Mimica
Lady Macbeth
Anna Pirozzi (21, 24, 26, 29)
Virginia Tola (25, 28)
Dama di Lady Macbeth
Federica Alfano
Macduff
Vincenzo Costanzo
Malcolm
Manuel Pierattelli
Medico
Nicolò Ceriani
Domestico/Sicario/Araldo
Antonio Barbagallo
Apparizioni
Marko Mimica, Emanuela Ciminna / Federica Quattrocchi, Riccardo Romeo
Duncano
Francesco Cusumano
Fleanzio
Nunziatina Lo Presti
Attori della Compagnia di Emma Dante e Allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo di Palermo
Teatro delle Albe/Ravenna Teatro – Masque Teatro – menoventi/e-production
MACBETTO o la chimica della materia
Trasmutazioni da Giovanni Testori
dal 10 al 12 ottobre 2019
ore 21
Teatro Rasi Ravenna
Prenotazione consigliata
MACBET Roberto Magnani
LEDI MACBET Consuelo Battiston
LA STREGA Eleonora Sedioli
L’universo poetico di Giovanni Testori scava nell’indicibile attraverso la lingua e la sua reinvenzione, dando vita a opere materiche, biologiche, sviluppate in un farsi e disfarsi continuo che richiama le ragioni profonde del teatro stesso. Attraverso i corpi e le voci di tre performer, la parola di questo groviglio di eros e streghe si fa tangibile, concreta, ossessiva e musicale. Un lavoro sul potere e sulla sessualità del potere, dove maschile e femminile sono in continua mutazione.
Lo spettacolo è inserito anche nel programma della rassegna Fèsta19 di e-production ed è in collaborazione con Ravenna Nightmare Film Festival. Spettacolo consigliato a un pubblico di età maggiore di 14 anni.
«L’intenzione di lavorare sul Macbetto di Giovanni Testori – spiega l’ideatore dello spettacolo, Roberto Magnani – nasce dalla volontà di proseguire una particolare ricerca rivolta agli aspetti musicali della lingua teatrale. Il percorso, cominciato con E’ bal, poemetto in versi in dialetto romagnolo del poeta Nevio Spadoni, si inscrive nella storia del Teatro delle Albe segnata dalla visione artistica di Ermanna Montanari e Marco Martinelli, che dello stesso autore hanno messo in scena Lus e L’isola di Alcina».
Scriveva Borges a proposito di Dante: “… quando leggiamo versi davvero straordinari, davvero buoni, tendiamo a farlo ad alta voce. Un buon verso non si lascia leggere a bassa voce o in silenzio. Se ci riusciamo non è un verso efficace: il verso esige di essere declamato. Il verso non dimentica di essere stato un’arte orale prima di essere un’arte scritta, non dimentica di essere stato un canto”.
Non a caso Testori, altro autore caro alle Albe (si ricorda A te come te, lettura scenica per la voce di Ermanna Montanari, 2013), per la scrittura del Macbetto attinge più da Verdi che da Shakespeare. La lingua che Testori inventa per questo testo ha una musicalità interna molto forte che sembra suggerire il ritmo ossessivo dei cori delle streghe dell’opera verdiana, e possiede entrambi gli andamenti contrastanti dell’Ouverture: la furia guerresca e lo sdiliquio amoroso. «Il Teatro esige una propria lingua – dice Magnani – che io cerco diversa e lontana da quella del quotidiano, e la lingua che Testori offre alla scena affascina proprio in quanto invenzione. Testori consegna in Macbetto una lingua poetica che si fa canto».
A partire dal testo originale si è operata una riduzione, ricavandone solo tre figure, espungendo dunque il Coro e omettendo l’ambientazione della chiesa sconsacrata. Sarà il Teatro in sé a diventare una specie di chiesa s-consacrata, mentre alcune parti del Coro verranno ridistribuite ai tre personaggi principali: Macbet, Ledi Macbet e la Strega. Le tre figure sembrano dettare un continuo e ciclico movimento di generazione vicendevole, come se fossero, ciascuna, una e trina. Tramite un parto defecatorio, Macbet genera la Strega, legata indissolubilmente alla Ledi (sanno le stesse cose: hanno la stessa voce o sono proprio la stessa persona?). Nel finale Macbet vorrebbe, se non proprio scomparire, quanto meno rientrare nell’utero della donna, come se fosse quello della sua stessa madre, mentre la Strega, sempre nel finale, viene reincorporata non più dentro Macbet, che l’aveva generata, ma nel ventre della Ledi cui spetterà l’atto conclusivo. Il maschile e il femminile sono in continua discussione, scambio, mutazione. D’altronde c’è un Eros nero nel testo, un Eros rovesciato nella sua parte oscura, malata, ossessiva: un priapismo che passa dall’uomo alla donna. Eros e Priapo di Gadda sembra essere allora il libro segreto che soggiace al testo, la traccia nascosta nel fondo del fondo più nero di questo infernale Macbetto testoriano. Un incessante interrogarsi sul potere e sulla sessualità del potere – “Il Poteraz” – sul sesso come strumento di potere, tema quanto mai attuale nell’era del Pop Porno.
Il testo, greve e impuro, è imbevuto e lordato di ogni possibile liquido corporale: feci, sangue, sperma, urina. Macbetto è infatti un’opera materica, biologica, un farsi e disfarsi continuo che richiama le ragioni profonde del teatro stesso, essendo quest’ultimo, appunto, biologia. Ricorre quindi un continuo sporcarsi (il pensiero va ad artisti come Olivier de Sagazan o Paul McCarthy, che sono fonti d’ispirazione per l’allestimento scenico), ma contrastato dalla tensione tutta verticale a cui si aggrappa il personaggio di Macbet, soprattutto nei dialoghi diretti con colui che sembra sovraintendere a ogni cosa, lo Scrivano “creatore di me e di questa lingua porcellenta e falsatoria”.
«La medesima impurità – aggiunge Roberto Magnani – caratterizzerà la relazione tra gli interpreti dello spettacolo. I tre attori-performer, provenienti da teatri e percorsi diversi, dovranno cercare la difficile intonazione di tre strumenti differenti, dell’unirsi restando disuniti, dell’amalgamarsi restando se stessi, per inquinarsi a vicenda preservando e facendo anzi esplodere la precisa identità di ciascuno. Intendo insieme cercare quell’accordo alchemico di diverse e peculiari lingue sceniche appreso in venti anni di bottega al Teatro delle Albe».
MACBETTO o la chimica della materia
Trasmutazioni da Giovanni Testori
MACBET: Roberto Magnani
LEDI MACBET: Consuelo Battiston
LA STREGA: Eleonora Sedioli
ideazione, spazio, costumi e regia Roberto Magnani
musica Simone Marzocchi
coreografia Eleonora Sedioli
tecnica Luca Pagliano
clavicembalo Chiara Cattani
realizzazione scene Masque Teatro, squadra tecnica Teatro delle Albe-Ravenna Teatro – Danilo Maniscalco, Fabio Ceroni, Luca Pagliano-Antonio Barbadoro
cura video Alessandro Renda
foto di scena Enrico Fedrigoli
organizzazione Francesca Venturi, Ilenia Carrone
coproduzione Teatro delle Albe-Ravenna Teatro/ Masque Teatro / menoventi-e-production
ringraziamenti Associazione Giovanni Testori, Sabrina Fiore, A.N.G.E.L.O., Maria Rossini, Matteo Gatta
MACBETTO sarà poi all’Angelo Mai di Roma il 30 e 31 gennaio 2020 e al Teatro delle Moline di Bologna dal 7 al 9 febbraio 2020
https://www.raiplay.it/video/2020/09/Opera—Macbeth-b8403d8a-57a9-4fa6-9114-d6be6ebefb6b.html
MACBETH
INAUGURA IL FESTIVAL VERDI 2018
Nel nuovo allestimento firmato da Daniele Abbado,
con protagonisti Anna Pirozzi, Luca Salsi, Michele Pertusi e Antonio Poli,
Philippe Auguin, alla testa della Filarmonica Arturo Toscanini, dell’Orchestra Giovanile della Via Emilia
e del Coro del Teatro Regio di Parma, dirige la partitura della prima versione dell’opera nell’edizione critica curata da David Lawton.
Teatro Regio di Parma
27 settembre, 5, 11, 18 ottobre 2018
Macbeth inaugura il Festival Verdi 2018, giovedì 27 settembre alle ore 20.00 al Teatro Regio di Parma, (repliche 5, 11, 18 ottobre) e sarà trasmesso da Rai Cultura in diretta televisiva su Rai5 a partire dalle 19.50, con la regia televisiva a cura di Arnalda Canali, e in diretta radiofonica su Radio3.
L’opera, presentata nella prima versione composta da Verdi nel 1847, andrà in scena nel nuovo allestimento firmato da Daniele Abbado, con i costumi di Carla Teti e le luci di Angelo Linzalata. Sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini, dell’Orchestra Giovanile della Via Emilia e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani, il Maestro Philippe Auguin dirige la partitura nell’edizione critica a cura di David Lawton, interpretata da un cast con protagonisti Luca Salsi (Macbeth), Michele Pertusi (Banco), Anna Pirozzi (Lady Macbeth), Antonio Poli (Macduff), Matteo Mezzaro (Malcom), Gabriele Ribis (Il medico), Alexandra Zabala (La dama di Lady Macbeth), Giovanni Bellavia (Sicario, Il domestico di Macbeth, Prima Apparizione), Adelaide Devanari (Seconda e terza Apparizione). Nella recita del 18 ottobre Macbeth è interpretato da Vladimir Stoyanov, Lady Macbeth da Davinia Rodriguez e Macduff da Giovanni Sala al suo debutto nel ruolo.
“È all’amore di Verdi per il teatro shakespeariano – racconta Daniele Abbado nelle sue note di regia – che si deve questa grande creazione. Nel Macbeth che andrà in scena al Festival Verdi sono partito proprio dalla ricerca delle risonanze tra le due opere e da quanto Verdi ha trasferito e a tratti rinnovato nella sua scrittura. È un progetto che vive di un doppio registro: da una parte un mondo di immagini generate da buchi neri, da una nebbia costante, immagini che questi buchi neri inevitabilmente riassorbono; dall’altra un mondo di apparizioni, allucinazioni, drammatiche e a volte quasi carnascialesche. Alla fine dell’opera, l’immagine di una natura ostile, pietrificata nell’assenza d’amore. Assenza di Dio”.
Fu l’impresario Alessandro Lanari a commissionare a Verdi un’opera da mettere in scena nel 1847 al Teatro di via della Pergola di Firenze. La scelta cadde sullo shakespeariano Macbeth, occasione perfetta per sondare il lato più oscuro dell’animo umano e scavare nella psicologia dei personaggi. Alla stesura del libretto, sul canovaccio preparato dallo stesso Verdi, fu chiamato Francesco Maria Piave, con interventi di Andrea Maffei. L’opera andò in scena il 14 marzo del 1847, proprio nella versione presentata al Festival Verdi 2018, a cui il compositore rimise mano, a distanza di quasi 20 anni, per il Théàtre Lyrique di Parigi, apportando alcune importanti modifiche che delinearono la forma definitiva dell’opera.
Prima del debutto, l’opera sarà presentata lunedì 24 settembre alle ore 17.00 al Ridotto del Teatro Regio, con ingresso libero, nell’incontro Prima che si alzi il sipario. Con la partecipazione del direttore Philippe Auguin e del regista Daniele Abbado, che racconteranno il loro lavoro per il nuovo allestimento in debutto, lo storico della musica Giuseppe Martini metterà in luce gli aspetti salienti dell’opera con l’esecuzione dal vivo di alcuni brani interpretati dal soprano Somi Kim, il tenore Ha Taesun e dal baritono Chi Hoon Lee, allievi del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma, accompagnati al pianoforte da Stefano Giannini e coordinati da Donatella Saccardi.
Domenica 23 settembre, alle ore 15.30, Macbeth si svela in anteprima al pubblico degli Under 30 in occasione della prova antegenerale; i biglietti, al prezzo speciale di € 5,00 sono in vendita presso la biglietteria del Teatro Regio di Parma e online su teatroregioparma.it. La prova generale, dedicata al pubblico delle associazioni e delle scuole, si svolgerà martedì 25 settembre alle ore 15.30; i biglietti saranno in vendita sabato 22 settembre a partire dalle ore 11.00 presso la Biglietteria del Teatro Regio di Parma, al prezzo di €10,00 per il pubblico e di € 5,00 per le associazioni che hanno aderito al progetto di Promozione culturale e che hanno già ricevuto conferma alla propria adesione.
In occasione dello spettacolo di giovedì 11 ottobre (turno C), a partire dalle ore 18.30, il Gran Caffè del Teatro sarà aperto al pubblico per un aperitivo buffet al costo di €10 a consumazione.
Teatro Regio di Parma
Serata inaugurale, giovedì 27 settembre 2018, ore 20.00 turno A
venerdì 5 ottobre 2018, ore 20.00 turno B
giovedì 11 ottobre 2018, ore 20.00 turno C
giovedì 18 ottobre 2018, ore 20.00 turno D
Durata complessiva 3 ore circa, compreso un intervallo
MACBETH
Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave, da William Shakespeare
Musica GIUSEPPE VERDI
Versione 1847, edizione critica a cura di David Lawton
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Personaggi
Interpreti
Macbeth
LUCA SALSI
VLADIMIR STOYANOV (18)
Lady Macbeth
ANNA PIROZZI
DAVINIA RODRIGUEZ (18)
Banco
MICHELE PERTUSI
Macduff
ANTONIO POLI
GIOVANNI SALA (18)
Malcolm
MATTEO MEZZARO
Il medico
GABRIELE RIBIS
La dama di Lady Macbeth
ALEXANDRA ZABALA
Sicario
GIOVANNI BELLAVIA
Domestico
Prima Apparizione
Seconda e terza Apparizione
GIOVANNI BELLAVIA
GIOVANNI BELLAVIA
ADELAIDE DEVANARI
Maestro concertatore e direttore PHILIPPE AUGUIN
Regia DANIELE ABBADO
Costumi CARLA TETI
Luci ANGELO LINZALATA
Movimenti coreografici SIMONA BUCCI
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
ORCHESTRA GIOVANILE DELLA VIA EMILIA
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
Spettacolo con sopratitoli in italiano e in inglese
A Crisalide debutta Macbetto di Giovanni Testori, frutto dell’inedita collaborazione fra Teatro delle Albe, Masque e Menoventi
La venticinquesima edizione del Festival forlivese ospita la prima assoluta dello spettacolo che vede cooperare artisticamente, per la prima volta, le tre storiche formazioni romagnole.
«Il testo, greve e impuro, è imbevuto e lordato di ogni possibile liquido corporale: feci, sangue, sperma, urina»: Roberto Magnani del Teatro delle Albe introduce Macbetto o la chimica della materia, spettacolo da lui ideato, diretto e interpretato insieme a Eleonora Sedioli di Masque teatro e a Consuelo Battiston di Menoventi che sarà presentato in prima nazionale venerdì 14 settembre alle ore 21 al teatro Félix Guattari di Forlì nell’ambito della venticinquesima edizione del Festival Crisalide.
«Macbetto è infatti un’opera materica, biologica» continua Roberto Magnani «un farsi e disfarsi continuo che richiama le ragioni profonde del teatro stesso, essendo quest’ultimo, appunto, biologia. Ricorre quindi un continuo sporcarsi, ma contrastato dalla tensione tutta verticale a cui si aggrappa il personaggio di Macbet».
Lo spettacolo ha per sottotitolo Trasmutazioni da Giovanni Testori: «A partire dal testo originale si è operata una riduzione, ricavandone solo tre figure, espungendo dunque il Coro e omettendo l’ambientazione della chiesa sconsacrata. Sarà il Teatro in sé a diventare una specie di chiesa s-consacrata, mentre alcune parti del Coro verranno ridistribuite ai tre personaggi principali: Macbet, Ledi Macbet e la Strega. Le tre figure sembrano dettare un continuo e ciclico movimento di generazione vicendevole, come se fossero, ciascuna, una e trina».
Eleonora Sedioli di Masque teatro, che ha curato la coreografia di Macbetto, aggiunge: «Nel mio lavoro sul corpo e sul movimento, nella composizione della partitura delle micro-posture il mio riferimento costante è la cronofotografia di Étienne Jules Marey: il corpo in azione crea vuoti nello spazio, sono le posture generali e le microposture a far nascere la sensazione di fondo. Nello specifico, il mio ruolo nel Macbetto trae forza dalle indagini di Michel Leiris a proposito degli sciamani siberiani: la strega è un simulacro, è l’immagine trasposta di una figura che crea il trapasso tra la quotidianità e la pura trance».
«Mi sono confrontata con lo scritto di Testori come ci si avvicina a una lingua straniera» riflette Consuelo Battiston di Menoventi «Sono partita dall’39;esercizio della memoria e dall’ascolto dei suoni. Poi è seguito il lavoro sul ritmo, sulla fluidità, sulla musicalità del dire. Per il corpo tutto dev’essere misurato e necessario: l’energia, il movimento, l’espressione devono sostenere innanzitutto la dilatazione del verso. Le posture di Ledi Macbet sono frutto di una ricerca sulle pose delle donne nei giornali di moda dell’epoca fascista e lavorando per dissonanza ho cercato di raccordarle con movenze aspre e grevi».
Conclude Roberto Magnani: «Macbetto, come direbbe lo stesso Giovanni Testori, è un “atto liberativo; ma la liberazione, avvenendo per la via direttissima del dialetto, ha qui la sgradevolezza e l’insostenibilità d’una vera e propria emorragia; se non già d’un vomito”».
Il teatro Félix Guattari (Ex Filanda Maiani) si trova in Via Orto del Fuoco 3 a Forlì.
Teatro delle Albe/Ravenna Teatro
Masque Teatro
menoventi / e-production
MACBETTO
o la chimica della materia
Trasmutazioni da Giovanni Testori
MACBET Roberto Magnani
LEDI MACBET Consuelo Battiston
LA STREGA Eleonora Sedioli
ideazione, spazio, costumi e regia Roberto Magnani musica Simone Marzocchi
coreografia Eleonora Sedioli tecnica Luca Pagliano clavicembalo Chiara Cattani
coproduzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, Masque Teatro, menoventi/e-production si ringrazia l’Associazione Giovanni Testori
L’universo poetico di Giovanni Testori scava nell’indicibile attraverso la lingua e la sua reinvenzione, dando vita a opere materiche, biologiche, sviluppate in un farsi e disfarsi continuo che richiama le ragioni profonde del teatro stesso. Attraverso i corpi e le voci di tre performer la parola di questo groviglio di eros e streghe si fa tangibile, concreta, ossessiva e musicale. Un lavoro sul potere e sulla sessualità del potere, dove maschile e femminile sono in continua mutazione.
DATE
14 settembre, Forlì, Festival Crisalide arti dinamiche del presente
27 settembre, Treviglio (BG), Festival deSidera
dal 2 al 21 ottobre, Ravenna, La stagione dei teatri
dal 5 al 10 marzo, Milano, Olinda-Teatro La Cucina
2, 3 aprile, Modena, Teatro delle Passioni
MACBETTU
di Alessandro Serra
tratto dal Macbeth di William Shakespeare
con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Giovanni Carroni, Andrea Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino.
traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra foto Antonio Baldino
produzione Sardegna Teatro e Teatropersona
Con il sostegno di Cedac Circuito Regionale Sardegna Regione Toscana Sistema regionale dello spettacolo dal vivo Si ringraziano i Comuni di Palau e Carbonia
Domenica 27 maggio ore 21 c/o Teatro Diego Fabbri
Profonda saggezza racchiusa nelle fiabe sui desideri. Il pescatore che vuol essere signore, poi re, imperatore, poi papa, poi Dio… e si ritrova pescatore. Il sublime di questa fiaba è che è sua moglie a spingerlo. La lezione è questa: l’ambizione è illimitata, mentre le possibilità reali non lo sono mai; nell’oltrepassarle si cade.
(Simone Weil)
Il Macbeth di Shakespeare recitato in sardo e, come nella più pura tradizione elisabettiana, interpretato da soli uomini. Questo il progetto di Alessandro Serra, regista e fondatore della compagnia Teatropersona. L’idea nasce nel corso di un reportage fotografico tra i carnevali della Barbagia. I suoni cupi prodotti da campanacci e antichi strumenti, le pelli di animali, le corna, il sughero. La potenza dei gesti e della voce, la confidenza con Dioniso e al contempo l’incredibile precisione formale nelle danze e nei canti. Le fosche maschere e poi il sangue, il vino rosso, le forze della natura domate dall’uomo. Ma soprattutto il buio inverno. Sorprendenti le analogie tra il capolavoro shakespeariano e i tipi e le maschere della Sardegna.
La lingua sarda non limita la fruizione ma trasforma in canto ciò che in italiano rischierebbe di scadere in letteratura.
Uno spazio scenico vuoto, attraversato dai corpi degli attori che disegnano luoghi ed evocano presenze. Pietre, terra, ferro, sangue, positure di guerriero, residui di antiche civiltà nuragiche.
Materia che non veicola significati, ma forze primordiali che agiscono su chi le riceve.
La stagione dei teatri
Franco Branciaroli
CTB Teatro Stabile di Brescia, Teatro de Gli Incamminati
Macbeth
di William Shakespeare
da giovedì 9 a domenica 12 febbraio 2017
inizio ore 21, domenica ore 15.30
Teatro Alighieri – Via Mariani, 2 – Ravenna
Spettacolo in abbonamento (uno dei sei titoli fissi per i turni A, B, C, D)
Franco Branciaroli è grande interprete e regista di un originale Macbeth di Shakespeare, la tragedia del male dell’uomo, della violazione delle leggi morali e naturali, dell’ambiguità, del caos e della distruzione che ne consegue. Di William Shakespeare, con Tommaso Cardarelli, Daniele Madde, Stefano Moretti, Livio Remuzzi, Giovanni Battista Storti, Alfonso Veneroso. Regia di Franco Branciaroli, CTB Teatro Stabile di Brescia, Teatro de Gli Incamminati. E sabato 11 febbraio incontro con Franco Branciaroli e il Teatro de Gli Incamminati a cura di Claudio Longhi.
Macbeth, nella regia di Franco Branciaroli, pone lo spettatore in un’ambigua posizione. Dalle poltrone pare sempre facile giudicare come sia giusto agire, eppure, quando l’ambizione, il male e addirittura l’assassinio assumono, con la parola sola e gli ampi gesti dell’attore shakespeariano, sembianze così umane, pare difficile ammettere che non saremmo state le regine che costringono il proprio re a mordere la mela più rossa, che non saremmo stati i re, cui bastò un discorso solo per sporcarsi le mani e per sentire già le ceneri dell’inferno su di esse, che non saremmo stati coloro che per vendetta uccidono o altri che tradiscono. Chi è alla poltrona abbandona la toga, viene spogliato da antiche poesie, si guarda un po’ sotto la camicetta, apre un po’ il colletto della giacca, sotto la collana, sotto la fede e sì, vi vede il proprio male e il proprio esserne tremendamente attratti.
«Il Macbeth parla di un mondo esterno in guerra – spiega Franco Branciaroli – dove caratteristiche come efferatezza e sete di sangue, al pari del coraggio, sono ritenute virtù, in quanto preservano il mondo interno della corte, una società patriarcale civilizzata regolata da leggi divine. La violenza che si applica all’esterno non vale per l’interno, altrimenti tutto salta e tra il dentro e il fuori non c’è più differenza, tutto diventa guerra. Macbeth sceglie di portare la violenza all’interno. Se in più anche la parte femminile si snatura e prende caratteristiche maschili, allora il caos è totale. Macbeth viene infatti “sedotto” all’ambizione dalle streghe, che storicamente rappresentano la minaccia al mondo patriarcale, e indotto all’assassinio da sua moglie, che viola il suo ruolo sociale di donna agendo come agirebbe un uomo».
Al caos generato da donne che sono uomini (da una natura femminile perversa) solo un “non nato di donna” potrà porre fine. Ma il dramma è ancora più complesso e tremendo: Macbeth, uccidendo il re, simbolo del padre e del divino, uccide la sua stessa umanità ed entra in una dimensione di solitudine dove perde tutto, amore, ragione, sonno, scopo di vivere. In più, la sua vittoria è sterile perché non ha eredi, e questa sua rinuncia alla sua umanità servirà solo a passare il trono al figlio di un altro.
Il Macbeth è la tragedia del male dell’uomo, della violazione delle leggi morali e naturali e dell’ambiguità, del caos, della distruzione che ne consegue. Un rovesciamento di valori significativamente testimoniato dal canto ambiguo e beffardo delle streghe: “Il bello è brutto, e il brutto è bello”. I demoni della coscienza, che sovvertono nel dramma l’ordine morale interno ed esterno dei personaggi fino alle estreme conseguenze, terrorizzano lo spettatore per il crescente e devastante controllo che assumono sulle vicende rappresentate, ma al contempo lo attraggono e avvincono, per il misterioso richiamo che l’uomo da sempre avverte dalla contaminazione con il male. Intorno all’inquietante parabola di seduzione dell’anima al male pulsa l’enigmatico cuore di questa tragedia.
Sabato 11 febbraio – ore 18 – sala Corelli del teatro Alighieri
Incontro con Franco Branciaroli e il Teatro de Gli Incamminati
a cura di Claudio Longhi.
Claudio Longhi, che da gennaio 2017 è il nuovo direttore del Teatro Nazionale dell’Emilia Romagna, coniuga il lavoro di ricerca come docente del corso di laurea magistrale dell’Alma Mater di Bologna con l’impegno teatrale come regista. Studioso della drammaturgia “moderna” e della storia dell’attore e autore di riflessioni storico-teoriche intorno al teatro di regia, sarà interlocutore di Franco Branciaroli, protagonista e regista dello spettacolo, in un dialogo aperto che cercherà di scavare nell’anima nera del Macbeth.
MACBETH
di William Shakespeare
traduzione Agostino Lombardo
regia Franco Branciaroli
scene Margherita Palli
costumi Gianluca Sbicca
luci Gigi Saccomadi
con Franco Branciaroli e Valentina Violo
e con Tommaso Cardarelli, Daniele Madde, Stefano Moretti, Livio Remuzzi, Giovanni Battista Storti e Alfonso Veneroso
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano – Teatro de Gli Incamminati
BIGLIETTI: Platea e palco I, II e III ordine. Sostenitore: €24. Ridotto*: €20. Under30: €16. Under20: € 8.
Galleria e palco IV ordine. Sostenitore € 17. Ridotto*€ 15. Under30: €10. Under20: € 8.
Loggione. Sostenitore € 7, under20 € 5.
*cral e gruppi organizzati, insegnanti, oltre i 65 anni, iscritti all’Università per gli Adulti Bosi Maramotti, Soci Coop Adriatica, EspClub Card, Soci BCC, tessera TCI.
Biglietterie
Teatro Alighieri, via Mariani 2 Ravenna tel. 0544 249244 (feriali dalle 10 alle 13, giovedì dalle 16 alle 18 e da un’ora prima dello spettacolo).
Teatro Rasi, via di Roma 39 Ravenna tel. 0544 30227 (il giovedì dalle 16 alle 18 e da un’ora prima dello spettacolo).
BIGLIETTI GRATUITI: per ogni spettacolo de La stagione dei teatri, grazie al contributo di Fondazione Flaminia, Ravenna Teatro/Teatro delle Albe distribuisce agli studenti universitari del campus di Ravenna biglietti gratuiti. La distribuzione avverrà la settimana di ogni spettacolo il martedì al Punto Ristoro del Palazzo dei Congressi (dalle 12.30 alle 13.30) e il giovedì al Teatro Rasi (dalle 16 alle 18). Posti limitati, per info: 0544 36239.
Macbeth Teatro Pergolesi di Jesi novembre 2012
FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”
Direttore Giampaolo Maria Bisanti
Regia e luci Henning Brockhaus
Thomas Hampson
Paoletta Marrocu
Roberto Scandiuzzi
Luis Lima
Chorus and Orchestra of the Zurich Opera House
Conductor Franz Welser-Möst
Recorded Live 2001 Zurich
GRANDE JENNIFER LARMORE IN LADY MACBETH, DIREZIONE INFUOCATA DI ROBERTO ABBADO
IL COMUNALE DI BOLOGNA INAUGURA CON MACBETH: BELLISSIMO ALLESTIMENTO
LA REGIA LUCI E OMBRE DI WILSON DIVIDE MA SI IMPONE PER BELLEZZA FORMALE
?La luce langue?. Sono queste le parole iniziali della famosa aria di Lady Macbeth. Luce malata e mortifera, epifania notturna e visibile di un Male che distrugge chi lo subisce ma anche chi lo attua. E poi la tenebra, l?abisso interiore dell?Uomo squarciato da fulmini, forse lo spazio metafisico per eccellenza, sicuramente quello che per motivi ancestrali ci spaventa fin dall?infanzia. Il Macbeth di Verdi ? un?opera in bianco e nero, dove questi colori sono presenti anche come basilari e ?semplici? manifestazioni cromatiche, oltre che come simboli morali, e continuamente si fondono a turbare lo spettatore, a creare un?ambiguit? che spaventa, poich? ci? che ? male viene ineluttabilmente estirpato con altro male. Capolavoro a mio avviso concettualmente antimanzoniano come pochi altri, il personaggio di Macbeth incarna un mito dunque pi? che mai novecentesco, fin dalla tragedia originale di Shakespeare alla fedele rielaborazione di Verdi e Piave-Maffei. La genialit? del Bardo, prima, e del compositore bussetano (cui va riconosciuto l?enorme merito di aver saputo leggere attentamente la drammaturgia della tragedia) poi, sta nel centrare la loro opera sulla dicotomia essenziale fra Male e Senso di Colpa. Il Senso di Colpa non ? il Bene, ? anzi necessariamente frutto del suo contrario, e ci? permette una trattazione della difficile tematica enormemente pi? profonda e densa di problematiche. Cos?, un?interpretazione definitiva del testo si fa sfuggente, come si addice a ogni capolavoro assoluto che si rispetti. Sarebbe impossibile pensare alle Baccanti senza un Penteo ossimorico e ragionevolmente incuriosito dal?invasamento dionisiaco. Ritornando al contrasto fra luci e ombre, la regia di Robert Wilson basava su di questo l?intero allestimento. I momenti pi? drammatici erano sottolineati con cascate di luce, spesso abbagliante: una luce che mi ha ricordato l?angosciosa presenza del Sole in molte poesie degli Ossi di Seppia montaliani, dove la luminosit? assorbe crudelmente calore e vita. Viceversa, quando la narrazione si spingeva nel misterioso e nell?allucinato, la scena si faceva buia e desolante, come a suggerire una provenienza sepolcrale e archetipica dell?elemento visionario. Mantenendo un confronto con la poesia, qui siamo nel territorio dei Canti Orfici di Dino Campana. Ho scritta la parola ?narrazione?, e in questo caso pi? giustamente che altrove: il teatro di Wilson, come egli stesso dichiara, ? ?formale?, si disinteressa delle implicazioni psicologiche presenti nel testo. In Macbeth, Wilson avrebbe potuto scavare nella sessualit? distorta di Lady Macbeth e marito, avrebbe potuto evidenziare la questione della paternit?, in Verdi cos? centrale. Ma il regista, fedele al suo credo stilistico, ha preferito ancora la via dell?essenzialit? e della scarna presentazione della vicenda, senza sovrastruttura alcuna. Ora, secondo chi scrive ci sono due maniere di fare teatro, e dunque anche di allestire opere liriche. Sono entrambe legittime: si pu? fare un teatro che attraverso la rappresentazione esprima un ulteriore significato, derivante dalla rappresentazione stessa (e tale significato pu? risultare direttamente dalla concezione autoriale originale o essere filtrata dalla sensibilit? del regista) oppure ci si pu? fermare alla pura forma, all?idea similiperuranica, di rappresentazione, tentando di porgerla come sostanza (substanzia) al pubblico. Una lettura come quest?ultima porta ad identificare il significante, cio? l?azione teatrale, con il significato, cio? il concetto espresso, ed ? la lettura che abbraccia Wilson. Mi pare dunque indiscutibile il fatto che il regista americano, per la bellezza visiva dei suoi allestimenti compreso il Macbeth bolognese, rappresenti la figura cardine a livello mondiale del teatro inteso in questa maniera. Con buona pace degli scontenti, bene ha fatto il Comunale di Bologna ad inaugurare l?anno verdiano con questo eccellente allestimento. Eccellente anche per quanto riguarda la parte esclusivamente musicale, a cominciare dal direttore Roberto Abbado. Egli, affine al repertorio italiano, ha guidato l?ottima Orchestra con piglio vivacissimo. La sua bacchetta colpiva efficacemente con sferzate sonore di elevatissima drammaticit?, in un?opera dove di lirismo in pratica non ce n??. Ottimamente assortita la compagnia di canto, in cui ha brillato la Lady Macbeth di Jennifer Larmore. Dotata di acuti non solo saldi ma anche perfettamente squillanti e mai faticosi (anche i pianissimi emergono con facilit? e bellezza impressionanti), la cantante vanta un vibrato piacevolissimo oltre che un registro grave di tutto rispetto. Un prova davvero di alto livello, capace di entusiasmarmi come difficilmente pu? capitare con i soprani attuali in questo difficile ruolo. Meno generoso il Macbeth di Dario Solari, dall?emissione talora un po? imprecisa (evidentemente il suono non rimbalza completamente in maschera scontrandosi saltuariamente con le cavit? della gola). Anche il legato non ? morbido come dovrebbe, e gli acuti, ma solo all?inizio della recita, escono palliducci. Ma l?intenzione di fraseggio (lavorare con Muti non pu? che dare ottimi frutti) ? da premiare. Ben delineato il Macduff di Roberto De Biasio, tenore dal timbro affascinante e di buona nobilt? d?accento; meno personale e pi? standardizzato, invece, Carlo Cigni (che nella serata del 12 ha sostituito Riccardo Zanellato) nei panni di Banco: la sua interpretazione non rimane impressa, mancando della fermezza ieratica propria dei bassi verdiani. Comprimari tutti di buon livello. L?augurio ? che il proseguo della stagione si mantenga sui livelli pi? che buoni di questa inaugurazione, confermando il Comunale di Bologna come teatro in netta ripresa qualitativa (gi? avviata da un paio di stagioni) per quanto riguarda gli allestimenti.
Michele Donati
A Jesi per la 45ma Stagione Lirica di Tradizione
A Jesi un Macbeth intenso
Riproposto lo straordinario allestimento di Josef Svoboda
Il punto focale della 45ma Stagione Lirica di Tradizione organizzata a Jesi dalla Fondazione Pergolesi Spontini ? l?omaggio allo scenografo Josef Svoboda ricordato nel decimo anniversario della scomparsa.
Artista che ha fatto della sperimentazione teatrale la sua prerogativa principale, Svoboda ? ricordato da tutti per le sue straordinarie messe in scena che hanno sempre avuto grande successo, soprattutto nel difficilissimo campo dell?opera lirica, un settore nel quale gli allestimenti sono sempre oggetto di dispute tra gli appassionati e gli addetti ai lavori di tutto il mondo .
Jesi ha voluto ricordare questo grande del teatro inserendo nella sua stagione autunnale una sorta di ?mini festival? che potesse tenere viva la memoria dell?artista proponendo due sue ?celebrate? creazioni, Macbeth di Giuseppe Verdi e Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, entrambe rappresentate con la regia di Henning Brockhaus.
Venerd? 9 novembre ? andato in scena Macbeth ottenendo un alto indice di gradimento da parte del pubblico convenuto al limite della capienza al Teatro Pergolesi.
Vista la peculiarit? di questo ?omaggio? ? indispensabile iniziare la nostra disamina dalla parte visiva dello spettacolo che ? risultata di straordinaria intensit? drammatica per una resa teatrale che ? riuscita felicemente a fondere tutte le componenti di uno spettacolo lirico, scene, movimenti, drammaturgia, canto e musica con Svoboda e Brockahus che sono riusciti a costruire una ?simbiosi? perfetta tra le loro ?arti?.
Svoboda ha concepito un allestimento essenziale, qui riprodotto da Benito Leonori, ideale per rappresentare il dramma dell?ambizione e del potere, una tragedia universale che, in quanto tale, ? senza tempo, cos? come emerge dal capolavoro di William Shakespeare del quale Giuseppe Verdi, con la sua vena musicale, seppe esaltare la straordinaria drammaticit?.
Questa ‘essenzialit?’ ? ottenuta con l?utilizzo di semplici pannelli ed elementi scenici che per? non dimostrano alcuna ?povert?? visiva come spesso accade per realizzazioni analoghe, ma, grazie all?utilizzo di opportune e ben curate proiezioni, lo spettacolo acquista profondit? e colore a seconda delle diverse situazioni teatrali e drammatiche. Questa ?atemporalit?? ? risultata rinforzata ed integrata, dai costumi realizzati da Nan? Cecchi che si sono inserite alla perfezione nella struttura dello spettacolo.
Su queste solide fondamenta ? costruita la regia di Brockhaus, molto attenta a mettere in risalto ci? Verdi volle evidenziare con la sua musica, vale a dire i tre personaggi principali dell?opera, Macbeth, la Lady e le Streghe, dove per la prima volta un ?collettivo? diventa vero e proprio elemento trascinante.
Per parte di Macbeth Brockhaus ha concepito una dimensione spesso ?onirica? dai contorni da ?incubo? che ha sintetizzato il mutamento interiore al quale il personaggio ? condotto dalla brama di potere che lo porta all?annientamento.
Poi la Lady Macbeth, personaggio terribile, qui raffigurato come un derivazione ?infernale? delle streghe, al suo apparire rappresentato come scaturente dall?animo stesso di queste creature diaboliche, alle quali il regista ha saputo dare dei movimenti, spesso, avvolgenti, che riescono quasi ad inghiottire Macbeth per trasfondere al personaggio la cattiveria e l’aridit? interiore, visioni ?infernali? rafforzate all?utilizzo in scena di alcuni acrobati.
Se Shakespeare e Verdi ? il binomio perfetto dal punto di vista drammaturgico, Svoboda e Brockhaus ? il binomio altrettanto efficace dal punto di vista interpretativo, una fusione che ha reso lo spettacolo di estrema vitalit?, risultando attuale e non datato.
L?esempio calzante di quanto detto finora lo troviamo nel secondo atto, nella cosiddetta scena del banchetto e delle apparizioni di Banco durante il quale i rimorsi del protagonista iniziano la loro opera di erosione mentale. Queste apparizioni sono state realizzate in maniera magistrale.
Allo spettatore il fantasma di Banco appariva in uno specchio situato sul fondo della scena nel quale si rifletteva anche la sala, fatto che donava uno straordinario fascino. Ovviamente il fantasma non era visibile ne ai convitati ne a Macbeth riuscendo a dare, con semplicit?, ma con rara efficacia quel senso di ?allucinazione? che pervade la scena tutta.
La parte musicale ? stata affidata alla direzione di Gianpaolo Maria Bisanti, direttore gi? ammirato qui a Jesi in altri capolavori verdiani, Traviata e Rigoletto, confermando ancora la sua propensione alla poetica teatrale di Giuseppe Verdi, con una direzione intensa quanto incisiva ben coadiuvato dall? Orchestra Filarmonica Marchigiana.
Nella compagnia di canto ha molto ben impressionato Luca Salsi, un Macbeth giovanile e di buone doti vocali ed interpretative, al quale ? stata affiancata la Lady Macbeth di Tiziana Caruso, molto convincente dal punto di vista teatrale, dalla voce molto affascinante e ‘verdfiana’ ma con qualche incertezza negli abbellimenti che nella Lady non sono predominanti in quanto la parte non ? di tipo strettamente ?belcantistico? ma che sono utilizzati per donare al personaggio quei connotati che lo rendono ?diabolico?, ?infernale?.
Nel resto della compagnia c?era il Macduff di Thomas Yun ed il Banco di Mirco Palazzi seguiti da Miriam Artiaco (Dama di Lady Macbeth), Dario Di Vietri (Malcom), Carlo Di Cristoforo (Medico) e Andrea Pistolesi (Domestico, Sicario e Araldo). Pasquale Veleno ha diretto il Coro Filarmonico Marchigiano.
Applausi fragorosi ed interminabili al termine di questo spettacolo coprodotto Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste ed il Carlo Felice di Genova, indice di incondizionato gradimento per una interpretazione che ha illuminato la serata ma, anche, per il Macbeth e per il suo universale messaggio ?drammatico? che ad ogni rappresentazione si rinnova ed affascina gli spettatori.
Claudio Listanti
claudio.listanti@voceditalia.it
MACBETH di Verdi per Ravenna festival 2004
MACBETH
Melodramma in quattro parti di Francesco Maria Piave
musica di Giuseppe Verdi (1813-1901)
direttore Daniele Gatti
maestro del coro Marcel Seminara
regia e coreografia di Micha Van Hoecke
scene di Edoardo Sanchi
costumi di Marella Ferrera
luci di Daniele Naldi
Macbeth Carlos Alvarez
Banco Ildebrando D?Arcangelo
Lady Macbeth Tatiana Serjan
Macduff Giuseppe Gipali
Malcolm Antonello Ceron
La dama di Lady Macbeth Anna Malavasi
Il medico Carlo Di Cristoforo
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Ensemble di Micha van Hoecke
Nuovo allestimento di Ravenna Festival
Coproduzione Ravenna Festival, Teatro Comunale di Bologna,
Teatro Giuseppe Verdi di Trieste Palazzo Mauro de Andr?
Venerd? 16 e Domenica 18 luglio
Sponsor dell’evento
?Questa tragedia ? una delle pi? grandi creazioni umane?Se noi non possiamo fare una gran cosa, cerchiamo di fare almeno una cosa fuori del comune?: scriveva Verdi a Piave, autore del libretto, il 4 settembre 1846.
Il regista- coreografo belga Micha van Hoecke prende alla lettera le parole di Verdi ed ambienta il Macbeth, allestito al Pala De Andr? di Ravenna, in oriente, traendo ispirazione dal film di Akira Kurosawa Il trono di sangue (1957), il cui soggetto, tratto dalla tragedia shakespeariana ha come protagonista Washizu, l’alter ego giapponese di Macbeth.
Al regista non interessa la fedelt? ai luoghi originari, ma la forza e il mistero presenti in un mondo pieno di ritualit?, pertanto opta per uno spazio tenebroso (nero il pavimento, nero lucido riflettente il soffitto che si eleva all?inizio e resta in tralice per la visione speculare dell?azione e il raddoppio delle scene di massa-lontana reminiscenza della Traviata degli specchi di Svoboda a Macerata), per un palcoscenico vuoto, percorso da fosche apparizioni ed allucinazioni lancinanti. I protagonisti e i simboli emergono dall?oscurit?, spuntando a mezzo busto dall?impiantito o sfilando in fondo al palcoscenico dietro un divisorio trasparente, focalizzati dall?intrigante gioco di luci di Daniele Naldi e illuminati dai lampi della musica scanditi da un ritmo lucido e convulso. E, per non interrompere l?arco narrativo della vicenda, ? stato eliminato il sipario. La regia comunque ? piuttosto statica e non sempre intrigante e il nero totale delle scene di Edoardo Sanchi non favorisce l?attenzione.
Il film di Kurosawa fornisce una sorta di rappresentazione visiva del Bushido, il codice d’onore dei samurai, soprattutto per l’orientamento dei personaggi sulla scena.
Lady Macbeth, creatura malefica protetta dalle tenebre, la cui importanza si presagisce fin dal preludio, compare con la musica fin dall?inizio impigliata in una tela di ragno (forse ? ragno ella stessa), tela che finir? per stringerla nell?epilogo di una storia di sangue e di morte, sulla quale incombe una pesante atmosfera. Non ci sono intrighi amorosi, aleggia la continua tensione del male e prevalgono i lati oscuri dell?animo umano.
Il nuovo allestimento e’ coprodotto con il Teatro Comunale di Bologna e con il Verdi di Trieste.
A Ravenna Festival ? stata eseguita la traduzione italiana del Macbeth francese, rappresentata per la prima volta alla Scala di Milano il 28 gennaio 1874, con i ballabili secondo la tradizione dell?opera francese.
La musica bellissima di Verdi d? corpo sonoro all’incubo, eccitando i sensi. L?Ensemble di van Hoecke traduce tale eccitazione con una gestualit? dal ritmo incalzante, reso ancor pi? evidente dal contrasto tra il nero degli abiti e delle scene e il bianco delle facce e delle braccia in movimento.
Belle le scelte registiche per le scene d?insieme; bellissimi i costumi da samurai (purtroppo non sempre visibili per il buio), ideati da Marcella Ferrera, che veste di nero tutti gli altri, con qualche pennellata di rosso per la Lady.
Per la scena del sonnambulismo si snoda un velo bianco che produce immagini dilatate nel sovrastante piano riflettente. Originalissima la scena del bosco che avanza: uomini coperti di canne lucide e tintinnanti, con la duplice funzione di mascherare i soldati e di simulare i rumori delle armi.
L?orchestrazione emblematica dalla tinta prevalentemente drammatica, con i fiati che definiscono la cupa atmosfera della libidine del potere foriera di tragedia e con le inquietudini cromatiche di una musica abissale, trova nella lettura di Daniele Gatti la giusta estrinsecazione e l?Orchestra del Teatro Comunale di Bologna d? espressione sonora al gesto del direttore. Bravi!
Fantastico il Coro del Comunale di Bologna, preparato e diretto da Marcel Seminara, per la pienezza e la compattezza dell?amalgama del suono (favorito da una sorta di eco), per la cura del canto a mezza voce, per l?espressivit? dell?emissione: un coro da arena per la potenza.
La gestualit? dei personaggi non ha avuto il supporto delle parole che giungevano indistinte, non so se per cattiva acustica dell?ambiente o per mala dizione dei cantanti.
Il baritono Carlos Alvarez nel title-role esibisce una vocalit? ampia e di certo spessore, morbida e di bel timbro, porge con grande sentimento ed espressivit? e la sua voce si espande a 360?, anche se a volte le sue buone intenzioni sono coperte dalle sonorit? orchestrali; il basso Ildebrando D?Arcangelo presta a Banquo una voce di un bel colore scuro; Giuseppe Gipali (Macduff) ? un tenore chiaro dal buon peso e fiati sostenuti; corretti il tenore Antonio Ceron (Malcolm), il soprano Anna Malavasi (dama della Lady) e tutti gli altri.
Tatjana Serjan ha voce possente dal timbro scuro, notevole estensione, fraseggio espressivo e accento tagliente, note gravi consistenti, corretta messa di voce, suggestivi filati (vedi il re bem. sovracuto del sonnambulismo, seguito da un pianissimo orchestrale). Una bella Lady, peccato che l?oscurit? quasi perenne dell?ambiente abbia reso impossibile la percezione dei particolari.
Giosetta Guerra
pubblicato su Musica e Scuola 15 sett. 2004
Cronache dal Palcoscenico 5
Sferisterio: simboli ed effetti cromatici in sostituzione degli ambienti
Macbeth acrobatico e Norma tibetana
di Giosetta Guerra
MACERATA ? luglio e agosto 2007 – La scenografia delle due opere maceratesi alle quali ho assistito, Macbeth (26 luglio-premi?re) e Norma (4 agosto), ma anche di Maria Stuarda, come risulta dalle foto, aveva la medesima struttura architettonica fissa, formata da tre lunghe pedane a scivolo dal centro verso l?esterno, sulle quali sfilavano o correvano, agivano o sostavano le masse con effetti scenici e cromatici di grande impatto visivo; questi “camminamenti” erano sorretti da una grata in ferro nero fissata sull?impiantito del palcoscenico, al centro del quale era posizionata una breve scalinata quadrangolare (grigia per Macbeth, bianca per Norma), che faceva da base a semplici supporti architettonici, raffiguranti il trono (una o due grandi sedie rosse) per Macbeth e un altare votivo, sormontato da un?aquila d?oro, che sorreggeva un braciere con fuoco perenne, come nelle cripte tibetane, per Norma. Otto candidi pilastri bianchi quadrangolari, che con il gioco di luci (disegnate da Sergio Rossi) a tratti apparivano cilindrici, quattro medaglioni istoriati (due con svastiche) sul fondale, due cubi bianchi e oro ai lati dell?altare, che riuniti diventavano il letto dei figli della sacerdotessa, completavano la pulita e lineare scenografia di Norma. Nella linea della classicit?, ma pi? cupa, anche la scenografia di Macbeth, che al momento del brindisi veniva arricchita di tre tavoloni neri con sgabelli in tinta. E fumo per entrambe le opere. Pier Luigi Pizzi e Massimo Gasparon viaggiano sulla stessa linea. L?azione si svolgeva quindi su tre lunghissimi piani, che sfruttavano tutta l?ampiezza del palcoscenico dello Sferisterio, con la restituzione di una platealit? accattivante delle scene di massa (una fra tante ? l?immagine dolorosa del coro nero seduto a terra in ordine sparso mentre canta Patria oppressa), di uno sfolgorio cromatico diffuso, di un godimento estetico che se ne infischiava della pertinenza o meno di certe scelte registiche. Tuttavia qualche domanda ? sorta spontanea. Perch? Pizzi ha scelto degli acrobati ballerini per le streghe di Macbeth? Sinuosi, spericolati, bravissimi, bellissimi tutti neri con testa e braccia rosse, hanno eseguito difficili figure coreografiche (grands jet?s en air) e numeri da circo d?alta classe (capovolte a ripetizione e acrobazie varie), che ci ? piaciuto molto vedere, ma che non ci hanno fatto sentire il brivido della paura. Provate ad immaginare l?effetto visivo di questi due colori che si intrecciano nelle acrobazie: spettacolare e non terrificante. Perch? Gasparon ha optato per i monaci tibetani, “pacifisti” e non guerrieri e, se ha trasportato Norma in Tibet, che ci facevano quelle svastiche sul fondale? Gasparon ce lo spiega nella sua presentazione dell?opera, ma la gente non sempre compra o legge il libretto, suo malgrado, e poi non sempre se la sente di dover re-interpretare ci? che gi? conosce per tradizione.
A dir la verit? siamo un po? stanchi anche noi di essere costretti a scavare tra le pieghe delle intenzioni registiche, di dover disquisire nelle nostre recensioni sul significato degli allestimenti, ci ha gi? pensato il librettista a suo tempo a delineare storia e ambienti e il musicista ha ideato la musica per quella storia e per quell?ambiente. Chi va all?opera non vuole lambiccarsi il cervello per indovinare dove si trova, vuole essere tranquillo e ascoltare soprattutto una buona esecuzione musicale e vocale. Invece oggi si spende pi? per gli allestimenti che per l?ingaggio di ottimi cantanti. Vogliamo il teatro d?opera e non l?opera dei registi e degli scenografi.
Sul versante registico, inoltre, in Macbeth mi ? sembrato semplicistico ridurre la scena del bosco che si muove a dei semplici scudi di corteccia portati da uomini che avanzano minacciosi e riduttivo l?omicidio dell?usurpatore che viene avvolto con un manto nero. Concludiamo l?analisi dell?aspetto visivo menzionando lo splendore dei bellissimi costumi, giocati tra il nero e il rosso in plastica lucida con qualche mantello dorato che Pizzi ha disegnato per il Macbeth e la scelta del bianco lordato di sangue per il vestito della Lady “assassina nel DNA” e per il lungo lenzuolo fatto scivolare verso il basso col corpo insanguinato di Duncan (unica scena macabra) e ancora rosso per le bandiere sventolanti durante l?incoronazione di Malcolm e oro per la corona con aculei della Lady che poi passa al nuovo re. Sontuosi anche i costumi che Gasparon ha ideato per Norma, tuniche rosse per la casta sacerdotale e con sopratuniche gialle per gli accompagnatori di Oroveso, splendide armature blu violetto con profili dorati per Pollione & Company, tutti a gambe nude, abiti in raso di seta della stessa foggia (vita alta con mantello incorporato) ma di colori diversi per Norma (nero, blu elettrico, bianco, rosso) e per Adalgisa (rosso).