Darbar Festival

Posted by on June 24, 2017

The Darbar Festival in Ravenna: gli incanti della musica indiana Giovedì 22 giugno: ore 15.30 Sala Corelli del Teatro Alighieri | dimostrazione di musica carnatica con Ranjani & Gayatri ore 18 Sala Corelli del Teatro Alighieri | proiezione del film-documentario “Alain Daniélou: Il Labirinto di una vita” regia Riccardo Biadene (ingresso libero) ore 21.30 Basilica di San Vitale| Escape into Night Ragas Debasmita Bhattacharya sarod e Gurdain Rayatttabla

The Darbar Festival in Ravenna: gli incanti della musica indiana
Giovedì 22 giugno:

  • ore 15.30 Sala Corelli del Teatro Alighieri | dimostrazione di musica carnatica con Ranjani & Gayatri
  • ore 18 Sala Corelli del Teatro Alighieri | proiezione del film-documentario “Alain Daniélou: Il Labirinto di una vita” regia Riccardo Biadene (ingresso libero)
  • ore 21.30 Basilica di San VitaleEscape into Night Ragas Debasmita Bhattacharya sarod e Gurdain Rayatttabla


Esce per la prima volta dalla Gran Bretagna il Darbar Festival e approda a Ravenna per portare i migliori musicisti della tradizione classica nella basiliche ravennati e al Teatro Alighieri dal 22 al 24 giugno, in un programma che permette di esplorare i virtuosismi vocali e strumentali della musica indostana e carnatica, il canto dhrupad e il canto khayal in concerti e lezioni dimostrative. A cornice degli appuntamenti musicali, sono previste lezioni di hatha yoga e la proiezione del film Alain Daniélou: il Labirinto di una vita di Riccardo Biadene, dedicato al celebre studioso della musica indiana.Fondato a Leicester nel 2006 e successivamente trasferitosi a Londra dove si svolge ogni anno, ilDarbar Festival nasce in omaggio al grande suonatore di tabla Bhai Gurmit Singh Virdee, scomparso nel 2005, con l’intento proporre, fuori dall’India, il meglio della musica classica indiana, favorendone la conoscenza a un pubblico il più possibile eterogeneo e che possa imparare a considerarla un proprio patrimonio culturale alla pari della musica colta occidentale, del teatro di Shakespeare, o delle opere di Dante Alighieri.

Il termine Darbar è un titolo onorifico che veniva attribuito ai sovrani e al loro entourage di nobili che, oltre agli importanti incarichi di governo, avevano il compito di individuare il meglio della produzione artistica. Così il DarbarFestival, ogni anno a Londra e quest’anno anche a Ravenna, seleziona musicisti provenienti dalle varie tradizioni musicali classiche indiane, cercando di rappresentare gli stili principali: “il pubblico avrà modo di partecipare a un autentico festival di musica indiana a casa propria, venendo a conoscenza dei suoi quattro principali stili: la musica indostana, del nord dell’India, la musica carnatica dal sud, il dhrupad, la più antica e più evoluta tradizione indiana che ha origine nella musica devozionale dei templi, e infine le sonorità e i ritmi delle percussioni” afferma Sandeep Virdee, fondatore e direttore artistico del Darbar Festival. Il pubblico stesso, i luoghi e gli orari scelti per i concerti avranno un ruolo particolare: “i musicisti classici indiani” ricorda ancora Sandeep Virdee “si formano, in un percorso lungo vari decenni, per improvvisare e pertanto suonano molto intuitivamente, basandosi sui loro stessi sentimenti o sulla energia o la vibrazione che colgono dalla città, dal suo tempo atmosferico, dalla sua gente e naturalmente dal luogo della performance”. Per assicurare l’ascolto di raga di vari momenti della giornata, i concerti sono stati pianificati in orari diversificati, la mattina, il pomeriggio e la sera. “Ciascun raga è una serie di strutture musicali con motivi melodici specifici che, nella tradizione musicale indiana si ritiene abbiano la facoltà di ‘colorare la mente’ e di muovere le emozioni del pubblico” sottolinea Sandeep Virdee e solo al momento dello spettacolo i musicisti sceglieranno il ragapiù adatto su cui basare le proprie esecuzioni.

La prima giornata, il 22 giugno, inizia alle 15.30 alla Sala Corelli del Teatro Alighieri, con una dimostrazione condotta dalle sorelle Ranjani & Gayatri, voci simbolo dei virtuosismi della musica carnatica, considerate ambasciatrici della musica classica indiana e rese celebri da concerti e presenze in programmi radiofonici e televisivi. È una donna la protagonista anche dell’appuntamento serale, alle 21.30 alla Basilica di San Vitale, in cui Debasmita Bhattacharya propone la musica del proprio sarod, accompagnata ai tabla da Gurdain Rayatt, in un concerto intitolato Escape into Night Ragas. La giovane Bhattacharya è stata avviata dal padre allo studio del sarod, un liuto diffuso nell’India del nord e derivato dal rabab afghano, tradizionalmente riservato agli uomini. È ora un’artista riconosciuta in India e in Europa, come Gurdain Rayatt, nato in Gran Bretagna, allievo di Bhai Gurmit Singh Virdee e di altri maestri, da cui ha appreso le tecniche percussive di vari repertori e stili della musica indostana. Esempio dell’integrazione tra culture diverse, nel percorso accademico di Gurdain Rayatt non mancano studi di musica per cinema e composizione al King’s College di Londra e alla University of West London. E non si tratta di dettagli informativi: sono parte dell’obiettivo di integrazione ed inclusione del Darbar Festival la valorizzazione delle donne, per le quali, ammette Sandeep Virdee, è più difficile “l’accesso alla formazione e alle opportunità performative che meritano” e pure i progetti di sperimentazione che coinvolgono musicisti e tradizioni diverse, come la collaborazione con la Philharmonia Orchestra di Londra, nell’ambito del progetto Universal Notes.

Il pomeriggio del 22 giugno prevede inoltre la proiezione del film Alain Daniélou: il Labirinto di una vita, alle 18 alla Sala Corelli del Teatro Alighieri, (ingresso libero) alla presenza dell’autore, Riccardo Biadene e di Sandeep Virdee. Il film racconta il viaggio musicale, esistenziale e spirituale che Alain Daniélou bretone d’origine, figlio di un ministro socialista e con un fratello cardinale, amico di A.Gide e J.Cocteau – intraprende dal 1932 con il compagno fotografo Raymond Burnier alla volta dell’India, lasciando un Occidente che non lo soddisfa. Dopo un periodo in Bengala presso lo scrittore premio Nobel Rabindranath Tagore, si stabilisce sulle rive del Gange a Benares, nel cuore della tradizione indiana. Qui vive nel palazzo di Rewa per quasi 20 anni studiando il sanscrito, i testi vedici, la filosofia, la musica e la danza indiane, alla ricerca di un’armonia fra natura e spirito che il continente in cui è nato sembra aver dimenticato. Diventa hindu e continua a ricevere visite di personalità indiane e occidentali, quali Jawaharlal Nehru, Jean Renoir, Cecil Beaton, Eleanor Roosvelt o Roberto Rossellini. Alain Daniélou – che può essere definito l’uomo che ha portato l’India in Occidente – diviene un poliedrico studioso, indianista e musicologo di prima grandezza, che dal 1950 sotto l’egida dell’UNESCO registra e pubblica la prima collana di world music classica della storia e porta in Occidente i grandi musicisti d’Oriente, rivendicando un ruolo paritario per le musiche classiche non occidentali. Nel 1963, rientrato in Europa, fonda e dirige il primo Istituto Internazionale di Studi per la Musica Tradizionale a Berlino, e poi a Venezia l’Istituto Internazionale per gli Studi di Musica Comparata – attualmente attivo presso la Fondazione Giorgio Cini. Infine, nel 1969 dà luogo nei pressi di Roma alla Fondazione Harsharan – oggi Fondazione India-Europa di Nuovi Dialoghi – ove continua sino alla fine dei suoi giorni (1994) a tradurre testi classici indiani (Ramayana, Kamasutra) e a scrivere articoli e libri sulla mitologia e i riti arcaici (Shiva e Dioniso).

The Darbar Festival in Ravenna
Venerdì 23 giugno: Un viaggio sonoro nel cuore dell’India

  • ore 10 Sala Corelli Teatro Alighieri | lezione dimostrativa di rudra veena con Ustad Bhauddin Dagar
  • ore 17.30 Sala Corelli Teatro Alighieri | Yogabliss lezione hatha yoga di Kanwal Ahluwaliai
  • ore 21 Teatro Alighieri | EPIC RAGAS doppio concerto


Venerdì 23 giugno si entra nel vivo del Darbar Festival già dal mattino, alla Sala Corelli del Teatro Alighieri alle 10, per una lezione dimostrativa di rudra vina con Ustad Bhauddin Dagar, musicista che rappresenta la ventesima generazione della prestigiosa genealogia Dagar, risalente al XVI secolo. Un’occasione per avvicinarsi a uno degli strumenti più diffusi nella musica classica indiana: il termine rudra vina infatti è impiegato nell’India del nord per indicate la taglia grande, munita di tasti e con due risuonatori di zucca, della cetra diffusa in tutta l’India sin dal medioevo e sacra alla dea Sarasvati.

Nel pomeriggio, alle 17.30, sempre alla Sala Corelli del Teatro Alighieri, si tiene il primo appuntamento di Yogabliss, dedicato allo hatha yoga, con Kanwal Ahluwalia e il chitarrista Giuliano Mordarelli. Non è necessario avere già esperienza per partecipare: “le mie lezioni combinano gli elementi dinamici e rilassanti dello yoga attraverso il lavoro sulle posizioni (asana), sulla respirazione, sulle sequenze fluide e sul rilassamento guidato” precisa Kanwal Ahluwalia, aggiungendo che sono benvenuti studenti di tutti i livelli. Le lezioni si svolgono con la musica dal vivo di Giuliano Mordarelli, musicista della scena della world music che ha sviluppato un proprio approccio alla chitarra acustica, applicandovi anche tecniche del sarod.

Si svolge la sera, alle 21 al Teatro Alighieri, il primo dei due attesissimi doppi concerti previsti in programma: è intitolato Epic Ragas e vede protagonisti prima il canto khayal e poi il sitar, lo strumento che, grazie a Ravi Shankar, è forse diventato simbolo dell’India nell’immaginario occidentale. Il canto khayal è uno stile vocale dell’India del nord, diffuso dalla metà del XIX secolo, facendo quasi estinguere il più antico canto dhrupad, che avremo modo di ascoltare domenica 24. Rispetto al canto dhrupad il khayal prevede una maggiore libertà improvvisativa, pur nel rispetto della grammatica musicale del raga prescelto. È basato su brevi testi poetici, che vengono scomposti e rielaborati dai cantori fino a durare più di un’ora: l’attenzione è concentrata sulla tecnica vocale, le parole non vengono pronunciate chiaramente e i cantori possono introdurre ulteriori sillabe utili a elaborare i lunghi passaggi melodici. Lo ascolteremo dalla voce di Manjusha Patil Kulkarni, una cantante nata a Sangli in una famiglia di musicisti e formatasi con importanti maestri che l’hanno resa esperta nel canto khayal e in vari stili classici e semiclassici della musica indiana. La sua voce è in questa occasione accompagnato dall’harmonium, uno strumento portato in India dai missionari nel XIX secolo, suonato da Milid Kulkarni, compositore e grande conoscitore della pratica vocale indiana, al punto da essere chiamato ad accompagnare i più rinomati musicisti indiani in esibizioni in tutto il mondo. Partecipano inoltre Gurdain Rayatt aitabla e Mithila Sarma e Kiruthika Nadaraja al tanpura, il liuto impiegato solo in funzione di bordone, fornendo le note di base del raga. La seconda parte del doppio concerto prevede due grandi virtuosi, Pandit Kushal Das al sitar e Shashank Subramanium al flauto carnatico, “in una esibizione particolare detta jugalbandi” spiega Sandeep Virdee, direttore artistico del Darbar Festival “cioè una sorta di duo composto da musicisti di prim’ordine. Normalmente i due provengono dal medesimo stile, industano o carnatico, ma in questa occasione il sitar rappresenterà lo stile industano e il bansuri quello carnatico”. Con loro si esibiscono Shubhankar Banerjee ai tabla e Patri Satish Kumar al tamburo bipelle mridangam.

The Darbar Festival in Ravenna
Sabato 24 giugno: Un’immersione totale nell’universo del Raga

  • ore 10 Basilica di San Francesco | Glorious Morning Ragas
  • ore 12 Sala Corelli Teatro Alighieri | Yogabliss lezione hatha yoga di Kanwal Ahluwaliai
  • ore 15 Sala Corelli Teatro Alighieri | lezione dimostrativa di bansuri con Shashank Subramanium
  • ore 21 Teatro Alighieri | RAGA TIME TRAVEL doppio concerto


L’ultima giornata dedicata al Darbar Festival, sabato 24 giugno, prende il via nella Basilica di San Francesco (ore 10) con un concerto intitolato Glorious Morning Ragas, dedicato interamente ai raga del mattino, che vede protagonisti Praveen Godkhindi al flauto traverso detto bansuri e Subhankar Banerjee ai tabla. Rappresentante dello stile indostano, Praveen Godkhindi si è formato con il padre, da cui ha appreso lo stile, e si esibisce in concerti in India e in altri paesi. Ha suscitato particolare successo il concerto in cui tre artisti della sua famiglia si sono esibiti insieme: Praveen Godkhindi, insieme al padre, suo maestro, e al figlio, Shadaj Godkhindi. Ha tuttavia anche una formazione da ingegnere elettronico e da compositore e firma musiche per la televisione, il cinema, il teatro e la danza. Subhankar Banerjee, suonatore di tabla è un grande improvvisatore, allievo di prestigiosi maestri che lo hanno formato nei vari stili percussivi dei tabla, ed è attivo anche con artisti della scena del jazz.

La giornata prosegue alle 12, alla Sala Corelli del Teatro Alighieri, con la seconda lezione di hatha yoga di Kanwal Ahluwalia, con musica dal vivo di Giuliano Mordarelli.
Nella stessa Sala Corelli alle 15 si tiene la lezione dimostrativa di flauto bansuri con Shashank Subramanium, il virtuoso che si è esibito nel doppio concerto di sabato 23 insieme al maestro di sitar Pandit Kushal Das. Ex bambino prodigio, Shashank Subramanium si è esibito per la prima volta a sei anni e a 12 ha iniziato a partecipare a tournée internazionali. Maestro dello stile carnatico, ha elaborato una tecnica esecutiva propria e particolarmente complessa, dal punto di vista sia melodico che ritmico, che tiene conto di modelli improvvisativi dell’India del nord e dell’India del sud: un’occasione da non perdere per chi volesse riflettere su quando ascoltato la sera prima nel concerto Epic Ragas.

L’appuntamento conclusivo dell’intesa tre giorni dedicata alla musica indiana è al Teatro Alighieri con un doppio concerto, intitolato Raga Time Travel, dedicato alla rudra vina e al canto dhrupad nella prima parte e alla straordinaria vocalità delle sorelle Ranjani & Gayatri nella seconda.Il canto dhrupad è la forma vocale più antica dell’India del nord e ha origine dall’intonazione cantata dei testi sacri in sanscrito. Si tratta di una modalità di canto contemplativa e meditativa, che si è tramandata nei rituali devozionali dei templi induisti e nelle corti, sviluppandosi col tempo in una forma d’arte sofisticata. I più famosi esponenti di questa nuova modalità di canto sono i fratelli Dagar, che ebbero un ruolo fondamentale nella rinascita del canto dhrupad negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, facendolo conoscere anche in Europa, Stati Uniti e Giappone.Centrale nel pratica del canto dhrupad è la pratica delnada yoga, che aiuta l’esecutore a percepire le vibrazioni interne e a utilizzare tutto il proprio corpo nell’emissione vocale. Per la complessità esecutiva e per un cambiamento di gusto a partire dal XVIII secolo, il canto dhrupad subì un periodo di crisi che culminò all’inizio del Novecento, con la fine del mecenatismo delle corti. Ma è potuto rinascere nel dopoguerra grazie agli studi sulle tradizioni musicali indiane. Lo riascolteremo dunque alla voce di Pelva Naik, formatasi nella prestigiosissima scuola Dagar, con lei, alla rudra vina, Ustad Bhauddin Dagar rappresentante della ventesima generazione proprio della famiglia Dagar e che ha tenuto la lezione dimostrativa di rudra vina con cui si è aperta la giornata del 23 giugno. Ai due rappresentanti dello stile Dagar si aggiungono lo specialista delle percussioni Surdarshan Chana alla coppia di tamburi jori, uno strumento simile ai tabla introdotto dai guru sikh per l’accompagnamento dei loro canti devozionali, e Seetal Dhadyalla e Kiruthika Nadaraja al tanpura. La seconda parte del doppio concerto è dedicato alla musica carnatica delle grandi cantanti Ranjani & Gayatri, che abbiamo già incontrato nella lezione dimostrativa  del 22 giugno, con cui si è aperto il Darbar Festival a Ravenna. I virtuosismi vocali delle due sorelle gareggiano con le complesse tecniche percussive di Patri Satish Kumar al tamburo bipelle mridangam e di Giridhar Udupa al ghatam, un vaso di terracotta utilizzato come strumento ritmico nell’India del sud. Con loro Jyotsna Shrikanth al violino, musicista dalla doppia formazione, nello stile carnatico assimilato in India e nella musica colta occidentale, appresa alla Royal School of Music di Londra, e infine Mithila Sarma e Kiruthika Nadaraja al tanpura.

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