AL COMUNALE DI BOLOGNA LA NUOVA OPERA DI ANDRE MOLINO: -QUI NON C?E? PERCHE?-
E? una prima assoluta molto importante quella di ?qui non c?? perch?- di Andrea Molino, su libretto di Giorgio Van Straten, andata in scena gioved? 24 aprile al Teatro Comunale di Bologna. Nata da una collaborazione fra numerosi enti quali deSingel Anversa, Operadagne Rotterdam, De Vlaamse Opera e GRAME ? Centro Nazionale di Creazione Musicale Lione, in coproduzione con il Muziektheater Transparant Anversa, -qui non c?? perch?- porta sul palcoscenico felsineo la nuova creazione di un autore, appunto Molino, che ? fra i pi? importanti della sua generazione. Attento alle tematiche etiche e civili, il compositore torinese ? infatti anche affermato direttore d?orchestra in tutto il mondo, e le sue opere specialmente proprio quelle teatrali, segnano un punto di vista dei pi? autorevoli, moderni, all?interno del panorama musicale contemporaneo in Italia e all?estero. Sensibile alla multimedialit?, Molino ha sviluppato un linguaggio del tutto personale, dove il minimo frammento ? s? valorizzato nella sua autonomia, ma emerge al contempo come parte di un organismo musicale ampio e composito.
Un linguaggio, questo, che trovo si adatti perfettamente al concetto di fondo della nuova opera ?qui non c?? perch?-. Essa ? infatti una riflessione sul male morale. Il male terreno dunque, quello perpetrato o sub?to dall?uomo, ch? la morale attiene alla sfera degli uomini. Esso, proprio in quanto dilemma umano, non ha spiegazione definitiva, n? apparente giustificazione, dato che ?qui non c?? perch??. Sono parole tratte da Se questo ? un uomo: Primo Levi il male lo aveva visto in faccia, ne aveva afferrata l?assurdit?, lo aveva descritto con angosciante lucidit?. Secondo Levi il male va mostrato, non oscurato come faceva negli stessi anni Celan, per disperata reazione all?esperienza del lager. L?opera di Molino e Van Straten ? priva di sviluppo drammaturgico, ? opera di concetto, sulla scia degli altissimi esempi di Luigi Nono, e parte proprio dalla manifestazione del male, evocata con la citazione da Levi, per sviluppare attorno ad esso un discorso di notevolissima pregnanza anche politica (nel suo significato pi? alto). Dalla struttura tripartita, -qui non c?? perch?- parte dalla constatazione del male per poi analizzare il comportamento dell?uomo messo di fronte ad esso: la risposta violenta ? il primo passo, quello che esclude nella maniera pi? totale l?altro. E? il grado zero della civilt?, direi anzi si tratti pre-civilt?. In seguito ad esso l?uomo sviluppa barricate, costruisce muri. Il muro ? esclusione dell?altro, sebbene non sia pi? il suo annientamento. Nel muro c?? ancora una delegazione del male. All?uomo appare mostruoso pensare che la violazione del bene possa provenire anche da s? stessi, e quando ci si mette di fronte a questa possibilit? si precipita in un abisso privo di punti di riferimento. Il trovarsi responsabilizzato ? l?evento traumatico dell?uomo contemporaneo, colto gi? da Nietzsche, che dalla fine del XIX secolo parlava agli uomini di oggi e, credo, anche di domani. E? il momento decisivo dell?opera: il libretto riporta una ninna nanna greca, distorta dall?ansimare lacerato e sofferente di una voce femminile, e di seguito le confessioni di madri omicide. L?infanticidio materno: mistero del male privato e domestico, individuale. Come si pu? dare la vita ad una creatura per poi ucciderla? Ma qui, qui sul mondo, non c?? perch?, ce lo ricorda anche una citazione dal Macbeth di Shakespeare. Qui ci siamo soltanto noi (?BUT ? WE ? ARE ? HERE? dice il narratore), esistenze e null?altro. In quanto esistenza l?uomo non ha una spiegazione n? un?investitura di superiorit?. Tale consapevolezza pu? generare disperazione, pu? gettare nella depressione, ma la risposta di Molino e Van Straten offre una luce positiva (non speranza, perch? non ci sono sorti augurabili o meno) sull?insensatezza delle vicende mondane: citando Hanna Arendt, Albert Einstein e Gitta Sereny, non ci viene fornita una risposta alla domanda ?Perch??, ma alla ben pi? decisiva, per noi uomini operanti nel mondo, ?Come??. La soluzione ? la reciprocit?, il riconoscimento di una dimensione collettiva all?interno della quale l?individuo ? organo e parte degnissima. Risposta politica, etica, estrinsecata dalla musica di Molino che, come gi? detto in precedenza, fa coesistere frammento e insieme, in uno specchio del passaggio da individualit? a collettivit? in atto sul palcoscenico. Le percussioni, usate con dovizia, esprimono ritmi inesorabili, tirtaici, come ad significare un cammino della ragione in luoghi inesplorabili. Il timbro dei sax ha in s? quella nebbia che ci generano nella mente le domande senza risposta. Gli archi, spesso tesissimi, sono i nervi estenuati di chi si trova sull?orlo. Sulla scena grande prova di David Moss, cantante dalle particolarissime qualit?, dall?estensione vastissima. Affiatato anche il resto della compagnia, dalla voce femminile Anna Linardou, impressionante nella ninna nanna greca, ai tre ragazzi dell?Institute for Living Voice di Anversa: Aline Goffin, Annelinde Bruijs e Sander De Winne. Impegnati sul palcoscenico anche Koen Maas e Roeland Vanhoome (ai sax), Tom De Cock, Hannes Nieuwalaet e Stijn Schoofs (ai drums), tutti del progetto BL!NDMAN, i lottatori Alessandro Bellavia, Simone Pivi, Enrico Zavatti, Egor Kraisinikov e il writer Giovanni Iafrate. La regia era affidata a Wouter Van Looy, con la collaborazione di Iaf Spincemaille per le scene, Kurt d?Haeseleer per i video (centrali, in questa produzione), Johanna Trudzinski per i costumi e Daniele Naldi per per le luci.
Insomma, l?opera contemporanea si dimostra non solo un prodotto d?arte intellettualmente vivace, ma anche un?opportunit? di riflessione su tematiche difficili, dense: nella sua dimensione in uno astratta e pratica essa riesce a parlare al pubblico odierno in un linguaggio che richiede s? concentrazione ma pure gratifica, toccando snodi cruciali del pensiero umano. Un grande elogio va dunque al Teatro Comunale di Bologna, che vince con coraggio questa scommessa, nella speranza che la tendenza alla valorizzazione del contemporaneo non venga interrotta. Perch? l?opera ? viva, e pu? dire moltissimo.
Michele Donati
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AL COMUNALE DI BOLOGNA LA NUOVA OPERA DI ANDRE MOLINO: -QUI NON C?E? PERCHE?-
E? una prima assoluta molto importante quella di ?qui non c?? perch?- di Andrea Molino, su libretto di Giorgio Van Straten, andata in scena gioved? 24 aprile al Teatro Comunale di Bologna. Nata da una collaborazione fra numerosi enti quali deSingel Anversa, Operadagne Rotterdam, De Vlaamse Opera e GRAME ? Centro Nazionale di Creazione Musicale Lione, in coproduzione con il Muziektheater Transparant Anversa, -qui non c?? perch?- porta sul palcoscenico felsineo la nuova creazione di un autore, appunto Molino, che ? fra i pi? importanti della sua generazione. Attento alle tematiche etiche e civili, il compositore torinese ? infatti anche affermato direttore d?orchestra in tutto il mondo, e le sue opere specialmente proprio quelle teatrali, segnano un punto di vista dei pi? autorevoli, moderni, all?interno del panorama musicale contemporaneo in Italia e all?estero. Sensibile alla multimedialit?, Molino ha sviluppato un linguaggio del tutto personale, dove il minimo frammento ? s? valorizzato nella sua autonomia, ma emerge al contempo come parte di un organismo musicale ampio e composito.
Un linguaggio, questo, che trovo si adatti perfettamente al concetto di fondo della nuova opera ?qui non c?? perch?-. Essa ? infatti una riflessione sul male morale. Il male terreno dunque, quello perpetrato o sub?to dall?uomo, ch? la morale attiene alla sfera degli uomini. Esso, proprio in quanto dilemma umano, non ha spiegazione definitiva, n? apparente giustificazione, dato che ?qui non c?? perch??. Sono parole tratte da Se questo ? un uomo: Primo Levi il male lo aveva visto in faccia, ne aveva afferrata l?assurdit?, lo aveva descritto con angosciante lucidit?. Secondo Levi il male va mostrato, non oscurato come faceva negli stessi anni Celan, per disperata reazione all?esperienza del lager. L?opera di Molino e Van Straten ? priva di sviluppo drammaturgico, ? opera di concetto, sulla scia degli altissimi esempi di Luigi Nono, e parte proprio dalla manifestazione del male, evocata con la citazione da Levi, per sviluppare attorno ad esso un discorso di notevolissima pregnanza anche politica (nel suo significato pi? alto). Dalla struttura tripartita, -qui non c?? perch?- parte dalla constatazione del male per poi analizzare il comportamento dell?uomo messo di fronte ad esso: la risposta violenta ? il primo passo, quello che esclude nella maniera pi? totale l?altro. E? il grado zero della civilt?, direi anzi si tratti pre-civilt?. In seguito ad esso l?uomo sviluppa barricate, costruisce muri. Il muro ? esclusione dell?altro, sebbene non sia pi? il suo annientamento. Nel muro c?? ancora una delegazione del male. All?uomo appare mostruoso pensare che la violazione del bene possa provenire anche da s? stessi, e quando ci si mette di fronte a questa possibilit? si precipita in un abisso privo di punti di riferimento. Il trovarsi responsabilizzato ? l?evento traumatico dell?uomo contemporaneo, colto gi? da Nietzsche, che dalla fine del XIX secolo parlava agli uomini di oggi e, credo, anche di domani. E? il momento decisivo dell?opera: il libretto riporta una ninna nanna greca, distorta dall?ansimare lacerato e sofferente di una voce femminile, e di seguito le confessioni di madri omicide. L?infanticidio materno: mistero del male privato e domestico, individuale. Come si pu? dare la vita ad una creatura per poi ucciderla? Ma qui, qui sul mondo, non c?? perch?, ce lo ricorda anche una citazione dal Macbeth di Shakespeare. Qui ci siamo soltanto noi (?BUT ? WE ? ARE ? HERE? dice il narratore), esistenze e null?altro. In quanto esistenza l?uomo non ha una spiegazione n? un?investitura di superiorit?. Tale consapevolezza pu? generare disperazione, pu? gettare nella depressione, ma la risposta di Molino e Van Straten offre una luce positiva (non speranza, perch? non ci sono sorti augurabili o meno) sull?insensatezza delle vicende mondane: citando Hanna Arendt, Albert Einstein e Gitta Sereny, non ci viene fornita una risposta alla domanda ?Perch??, ma alla ben pi? decisiva, per noi uomini operanti nel mondo, ?Come??. La soluzione ? la reciprocit?, il riconoscimento di una dimensione collettiva all?interno della quale l?individuo ? organo e parte degnissima. Risposta politica, etica, estrinsecata dalla musica di Molino che, come gi? detto in precedenza, fa coesistere frammento e insieme, in uno specchio del passaggio da individualit? a collettivit? in atto sul palcoscenico. Le percussioni, usate con dovizia, esprimono ritmi inesorabili, tirtaici, come ad significare un cammino della ragione in luoghi inesplorabili. Il timbro dei sax ha in s? quella nebbia che ci generano nella mente le domande senza risposta. Gli archi, spesso tesissimi, sono i nervi estenuati di chi si trova sull?orlo. Sulla scena grande prova di David Moss, cantante dalle particolarissime qualit?, dall?estensione vastissima. Affiatato anche il resto della compagnia, dalla voce femminile Anna Linardou, impressionante nella ninna nanna greca, ai tre ragazzi dell?Institute for Living Voice di Anversa: Aline Goffin, Annelinde Bruijs e Sander De Winne. Impegnati sul palcoscenico anche Koen Maas e Roeland Vanhoome (ai sax), Tom De Cock, Hannes Nieuwalaet e Stijn Schoofs (ai drums), tutti del progetto BL!NDMAN, i lottatori Alessandro Bellavia, Simone Pivi, Enrico Zavatti, Egor Kraisinikov e il writer Giovanni Iafrate. La regia era affidata a Wouter Van Looy, con la collaborazione di Iaf Spincemaille per le scene, Kurt d?Haeseleer per i video (centrali, in questa produzione), Johanna Trudzinski per i costumi e Daniele Naldi per per le luci.
Insomma, l?opera contemporanea si dimostra non solo un prodotto d?arte intellettualmente vivace, ma anche un?opportunit? di riflessione su tematiche difficili, dense: nella sua dimensione in uno astratta e pratica essa riesce a parlare al pubblico odierno in un linguaggio che richiede s? concentrazione ma pure gratifica, toccando snodi cruciali del pensiero umano. Un grande elogio va dunque al Teatro Comunale di Bologna, che vince con coraggio questa scommessa, nella speranza che la tendenza alla valorizzazione del contemporaneo non venga interrotta. Perch? l?opera ? viva, e pu? dire moltissimo.
Michele Donati