Maestri del Coro

Posted by on March 23, 2011

2 thoughts on “Maestri del Coro

  1. Intervista con il maestro direttore del Coro dell’Accademia di Santa Cecilia
    Ciro Visco. Passione e studio portano a ottimi risultati
    La sua formazione e la sua carriera alla base dello straordinario momento della compagine

    In concomitanza con l’esecuzione della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi che ha avuto un enorme successo presso il pubblico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, affidata alle cure del russo Yuri Temirkanov e che ha visto straordinario protagonista il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, abbiamo intervistato il maestro Ciro Visco, direttore della compagine, per approfondire alcuni aspetti della sua formazione e della sua carriera che ci aiutano a capire il contesto nel quale opera il Coro ed i lusinghieri risultati raggiunti in questo ultimo anno.

    Maestro Visco lei ? venuto qui da poco, da circai un anno, se ricordiamo bene

    Meno di un anno.

    Per quanto ci riguarda abbiamo visto un certo miglioramento da parte del coro, vorremmo sapere se ha dei metodi particolari per quanto riguarda la preparazione del coro.

    Intanto la ringrazio. Io questo non lo posso sapere perch? sono arrivato da poco. Non ho metodi particolari se non quelli applicati da tutti i miei maestri dai primi fino a Norbert Balatsch che qui a Santa Cecilia ? stato maestro per lunghissimi anni.

    La sua presenza per?, ultimamente era piuttosto saltuaria, non tutti i concerti erano preparati da lui.

    Deve pensare che la mia conoscenza di Balatsch risale a 15 anni fa, quando ero altro maestro qui a Santa Cecilia, io ho avuto modo di studiare bene tutto il suo iter lavorativo, continuativo in quel periodo perch? non ? che andava vanti e dietro. Ora il maestro ha una certa et?, suppongo che abbia fatto un poco il il saltuario, ma all’epoca era ancora giovane.

    Secondo noi, nulla togliendo ai meriti di Balatsch, questo cambio di guida ci voleva, soprattutto con una persona giovane che pu? seguire per un po’ di tempo l’evoluzione di questa compagine importante. Se facciamo riferimento a Guillaume Tell, ascoltato a distanza di tre anni in due differenti esecuzioni, questa volto il coro ci ? sembrato molto pi? omogeneo rispetto all’altra volta.

    L’esecuzione dell’altra volta non l’ho sentita , quindi non posso darle giudizi.

    A parte i tagli che sono rimasti identici, che per quanto ci riguarda sono stati piuttosto dolorosi.

    La ci sono questione di carattere pi? musicologiche. Lei sa che il Guillaume ha avuto numerose versioni e stabilire quale ? la stesura ‘vera’ diventa un grande problema. Per? un’integrazione nel concerto di Natale per? c’? stata.

    Noi, purtroppo, non siamo d’accordo con questa operazione.

    Ho capito, lei forse voleva sentire il terzetto.

    Non solo quello ma anche tutte le danze.

    Non ? detto che non si faccia in futuro, il Guglielmo Tell ? un ‘work in progress’.

    Auguriamocelo! Vorremmo sapere qualcosa sulla sua carriera.

    Io ho iniziato giovanissimo a studiare. Anzi ho iniziato prima con i concerti prima di studiare

    Quindi un carriera al contrario.

    Nella mia famiglia c’? stata sempre un’atmosfera, non da musicisti, ma da appassionati e, quindi, tutti cantavano suonavano e via dicendo e, suonare ad orecchio, era una prassi quasi scontata. E, quindi, fin da piccolo a 10 anni , in chiesa facevo il coretto, prima voce, seconda voce, Quindi c’? stata una pratica. Poi, a 14 anni, ho fondato un gruppo che poi a Napoli ? diventato molto seguito, i Cantori di Posillipo, che al di l? del merito artistico, hanno avuto come qualit? la giusta intesa con il pubblico che da selettivo ? diventato un fenomeno cittadino. Ai concerti dei Cantori oggi ci vanno mille, duemila persone. Non fanno produzioni come una Fondazione ma, quelle volte che cantano hanno molto pubblico. Quindi a 14 anni ho fatto il mio primo concerto

    Un curriculum, quindi, ottimale perch? fare musica senza averla studiata ? un dono della natura. Noi la invidiamo molto perch? ci piacerebbe fare qualcosa senza studiare.

    Era qualcosa di semplice poi gli studi sono stati severi e lunghi.

    Ma intanto l’intonazione c’era

    Certo ma poi sono stato solista di canto, pianista, accompagnatore, cose che ti fanno entrare nel nocciolo della questione, soprattutto perch? si possono conoscere bene le voci, soprano, mezzosoprano,quel tipo di soprano, quel tipo di mezzosoprano. Ti da una certa schedatura nella propria testa che poi si mette in pratica.

    Poi?

    Poi ho studiato in conservatorio. Quando si ? riaperto il Teatro di Salerno mi hanno chiesto di fare il coro del Falstaff. Pensavo che volessero il mio coro invece era un coro nuovo, che devo dire bellissimo, composto di giovani. Gli echi di questo Falstaff arrivarono a Cagli, che mi conosceva come cantante e mi chiese di portare un curriculum. Mi diede poi l’opportunit? di fare un Peer Gynt e dal quel momento, dal 1997, ? iniziata la mia collaborazione con Santa Cecilia. Poi Norbert Balatsch mi disse di fare opera e quindi mi guardai un po’ attorno, Iniziai a Genova passando poi per il Teatro di San Carlo di Napoli poi un’altra volta a Genova prima di approdare all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

    Per quanto ci riguarda, per un maestro del coro l’esperienza del teatro d’Opera ? fondamentale

    Direi che quando sono stato in questi teatri ho fatto di tutto a Napoli ho fatto Humperdinck, Gustavo Terzo, a Genova Mahagonny di Weill, Berio, la Giovanna d’Arco di Verdi, un repertorio molto vario. Poi la programmazione sinfonica. Al San Carlo si fece la Creazione di Haydn che non era stata eseguita dai tempi della Regina che chiam? direttamente Haydn a fare la Crezione

    Una esperienza sicuramente utile nella riuscita dei concerti. Andiamo sul sinfonico, l’attivit? preponderante di Santa Cecilia. Noi abbiamo un pallino, quello di Haendel fatto con grande coro e grande orchestra. Abbiamo sentito pregevoli esecuzioni affidate, ad esempio, a Mackerras. C’? speranza che noi possiamo sentire una cosa del genere?

    Diceva Balatsch, una cosa che va a cozzare con i criteri filologici del momento, ‘se Bach avere 100, Bach fa 100, se Bach avere 200 Bach fa 200. Bach non aveve per? lui fare’ quindi non ? che questi autori vanno a perdere qualcosa con il grande organici. Speriamo bene!

    Noi ce lo auguriamo molto perch? ne sentiamo la mancanza. In un ambiente cos? grande come la Sala Santa Cecilia mettere pochi esecutori ci sembra riduttivo.

    Comunque ricordo che con Balatsch facemmo la Passione secondo San Matteo con grande organico.

    Quella esecuzione non l’abbiamo ascoltata ma la necessit? si sente principalmente con Haendel.

    Chi lo sa che nel futuro lei possa essere accontento.

    Noi quando possiamo le evidenziamo

    La sua voce potrebbe essere ascoltata. Che ne sappiamo. I sogni son desideri…

    Programmi per il futuro a Santa Cecilia.

    E’ una grande istituzione e, quindi, come sempre avr? programmi vasti che vanno dalla musica antica a quella contemporanea.

    Ultima domanda. Il futuro della nostra Cultura sembra non tanto felice.

    Passer?!

    Passer? speriamo. Certo Santa Cecilia ? ai vertici italiani ed internazionali quindi non ne dovrebbe risentire.

    Quando c’? un problema ne risentono tutti.

    Quale ? la sua idea?

    Se la Cultura ha resistito fino adesso avr? sicuramente un futuro. Come diceva Eduardo ‘A da pass? a nuttata’ La nottata passer? ed uscir? un sole meraviglioso che rischiarer? tutto.

    E’ anche la nostra idea perch? la nostra nazione ha passato, nella sua storia, dei momenti brutti ed ? sempre venuta fuori.

    Capisco. Non solo i napoletani sono ottimisti. Sono molto contento.

    Claudio Listanti
    claudio.listanti@voceditalia.it
    10/2/2011

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