1 thought on “A view from the bridge, Uno sguardo dal ponte”
Recensione dello spettacolo
Uno sguardo dal ponte incontro fra tragedia greca e opera lirica
Successo al Teatro dell’Opera di Roma per la prima europea di A view from the bridge di William Bolcom tratto dal lavoro di Arthur Miller
A view from the bridge (Uno sguardo dal ponte) ? uno dei capolavori teatrali pi? importanti della seconda met? del secolo scorso. Scritto nel 1955 dal commediografo Arthur Miller ha conquistato i gusti del pubblico in maniera travolgente. Di questa tragedia se ne ricorda anche una celebre versione cinematografica diretta da Sidney Lumet che si avvalse della straordinaria recitazione del nostro Raf Vallone, un’interpretazione intensa che ne costitu? uno dei punti di riferimento per la realizzazione del personaggio di Eddie Carbone.
Il mondo del teatro d’opera, sempre attratto da quanto il teatro di prosa produce, non poteva esimersi dal dare una sua intepretazione di questo testo che tanto successo ha riscosso presso il pubblico, non solo statunitense. Dopo Renzo Rosselini che ne diede una valida intepretazione, recentemente ? stato William Bolcom a cimentarsi con questa piccola grande tragedia che, ha conosciuto la prestigiosa ribalta europea grazie al Teatro dell’Opera di Roma ed alla rinnovata conduzione artistica di Alessio Vlad.
Per l’occasione ? stato utilizzato l’allestimento del Lyric Opera di Chicago, il teatro che ospit? la prima assoluta dell’opera il 9 ottobre 1999, curato nelle scene ed i costumi da Santo Loquasto e da Amy Hutchinson che, per la rappresentazione romana, ha ripreso la regia di Frank Galati.
Lo spettacolo ? risultato molto coinvolgente perch? si ? rivelato felice sintesi tra musica e drammaturgia. L’opera infatti ? stata concepita come una sorta di moderna tragedia greca, dove il coro integra la narrazione individuando, come corifeo, il personaggio di Alfieri. Una struttura molto efficace per rendere il torbido dramma che si svolge nella piccola casa, all’epoca della grande immigrazione degli italiani negli Stati Uniti, dove ci sono Beatrice ed Eddie una coppia la cui armonia ? rovinata dall’ amore cieco e possessivo di quest’ultimo per la bella nipote Catherine che lo conduce alla vilt? della denuncia dei due clandestini, Rodolfo, invaghito della giovane e di suo fratello Marco.
Tutte queste caratteristiche sono state messe bene in risalto dalla parte visiva dove l’azione aveva una cornice costituita dal coro, situato nell’ombra, spesso immobile ma che comunque faceve sempre intravedere la sua presenza. Come fondale la New York in bianco e nero, come l’abbiamo vista in numerosi film dell’epoca, immagini che ben ci introducevano in quel disperato clima di tragedia, merito delle proiezioni di Wendall K. Harrington e delle luci di Jeff Bruckerhoff.
Per quanto riguarda la parte strettamente musicale concepita da William Bolcom ? di tipo tradizionale nel cui tessuto connettivo sono presenti, sovente, ritmi e melodie della musica americana degli anni ’50 che le donano una connotazione storica inequivocabile.
Dobbiamo dire, per?, che all’ascolto, risulta un po’ prolissa nella prima parte, principalemente costruita su un continuo recitativo, spesso stucchevole, che distoglie l’attenzione dell’ascoltatore. Nella seconda parte, la partitura decolla, prende vigore, risulta felicemente avvincente per portare lo spettatore-ascoltatore nello struggente ed efficace finale. E’ qui che viene fuori la ‘inaspettata’ personalit? di Marco che da indiviuo umile diventa un leone dopo che Eddie lo ha consegnato all’Ufficio dell’Immigrazione.
La parte musicale ? stata affidata alla direzione di David Levi, che all’ultimo momento ha dovuto sostituire il direttore designato, improvvisamente ammalato, Bruno Bartoletti, fornendoci una interpretazione del tutto convincente molto ben coadiuvato dall’Orchestra e dal Coro del Teatro dell’Opera, diretto da Roberto Gabbiani.
I cantanti si sono rivelati tutti molto ben preparati per superare le asperit? di questo tipo di vocalit?, spesso caratterizzata da una impervia tessitura. Kim Josephson ? stato un intenso Eddie, Marlin Miller bravo Rodolfo con un convincente, a volte straordinario, Mark McCrory nell parte di Marco.
Bene anche le parti femminili con Amanda Roocroft (Beatrice) e Amanda Squitieri (Catherine) dallo squisito piglio giovanile e poi l’Alfieri di John Del Carlo felicemente coinvolgente e ben inserito nel contesto scenico. In linea con l’impronta dello spettacolo tutte le altre parti: Dale Travis (Louis), Gregory Bonfatti (Tony), Patrizio Saudelli (Mike), Mario Bellanova e Enrico Cossutta (I e II Immigration Officer), Adriana Morelli (A woman) ed Emanuela Luchetti (Old woman).
La recita alla quale abbiamo assistito ( 25 gennaio) ha avuto un buon successo di pubblico, per certi versi anche inaspettato visto la ritrosia e la diffidenza con la quale si relaziona spesso con le opere al di fuori del grande repertorio. Applausi fragorosi per tutti gli intepreti.
Cocludiamo ricordando che la recita in questione ? stata dedicata ad Andrea Giorgi il maestro che ha guidato il coro del teatro per lunghi anni, recentemente scoparso e ricordato all’inzio sia da Alessio Vlad che da un visibilmente commosso artista del coro per lunghi anni collaboratore del maestro.
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Recensione dello spettacolo
Uno sguardo dal ponte incontro fra tragedia greca e opera lirica
Successo al Teatro dell’Opera di Roma per la prima europea di A view from the bridge di William Bolcom tratto dal lavoro di Arthur Miller
A view from the bridge (Uno sguardo dal ponte) ? uno dei capolavori teatrali pi? importanti della seconda met? del secolo scorso. Scritto nel 1955 dal commediografo Arthur Miller ha conquistato i gusti del pubblico in maniera travolgente. Di questa tragedia se ne ricorda anche una celebre versione cinematografica diretta da Sidney Lumet che si avvalse della straordinaria recitazione del nostro Raf Vallone, un’interpretazione intensa che ne costitu? uno dei punti di riferimento per la realizzazione del personaggio di Eddie Carbone.
Il mondo del teatro d’opera, sempre attratto da quanto il teatro di prosa produce, non poteva esimersi dal dare una sua intepretazione di questo testo che tanto successo ha riscosso presso il pubblico, non solo statunitense. Dopo Renzo Rosselini che ne diede una valida intepretazione, recentemente ? stato William Bolcom a cimentarsi con questa piccola grande tragedia che, ha conosciuto la prestigiosa ribalta europea grazie al Teatro dell’Opera di Roma ed alla rinnovata conduzione artistica di Alessio Vlad.
Per l’occasione ? stato utilizzato l’allestimento del Lyric Opera di Chicago, il teatro che ospit? la prima assoluta dell’opera il 9 ottobre 1999, curato nelle scene ed i costumi da Santo Loquasto e da Amy Hutchinson che, per la rappresentazione romana, ha ripreso la regia di Frank Galati.
Lo spettacolo ? risultato molto coinvolgente perch? si ? rivelato felice sintesi tra musica e drammaturgia. L’opera infatti ? stata concepita come una sorta di moderna tragedia greca, dove il coro integra la narrazione individuando, come corifeo, il personaggio di Alfieri. Una struttura molto efficace per rendere il torbido dramma che si svolge nella piccola casa, all’epoca della grande immigrazione degli italiani negli Stati Uniti, dove ci sono Beatrice ed Eddie una coppia la cui armonia ? rovinata dall’ amore cieco e possessivo di quest’ultimo per la bella nipote Catherine che lo conduce alla vilt? della denuncia dei due clandestini, Rodolfo, invaghito della giovane e di suo fratello Marco.
Tutte queste caratteristiche sono state messe bene in risalto dalla parte visiva dove l’azione aveva una cornice costituita dal coro, situato nell’ombra, spesso immobile ma che comunque faceve sempre intravedere la sua presenza. Come fondale la New York in bianco e nero, come l’abbiamo vista in numerosi film dell’epoca, immagini che ben ci introducevano in quel disperato clima di tragedia, merito delle proiezioni di Wendall K. Harrington e delle luci di Jeff Bruckerhoff.
Per quanto riguarda la parte strettamente musicale concepita da William Bolcom ? di tipo tradizionale nel cui tessuto connettivo sono presenti, sovente, ritmi e melodie della musica americana degli anni ’50 che le donano una connotazione storica inequivocabile.
Dobbiamo dire, per?, che all’ascolto, risulta un po’ prolissa nella prima parte, principalemente costruita su un continuo recitativo, spesso stucchevole, che distoglie l’attenzione dell’ascoltatore. Nella seconda parte, la partitura decolla, prende vigore, risulta felicemente avvincente per portare lo spettatore-ascoltatore nello struggente ed efficace finale. E’ qui che viene fuori la ‘inaspettata’ personalit? di Marco che da indiviuo umile diventa un leone dopo che Eddie lo ha consegnato all’Ufficio dell’Immigrazione.
La parte musicale ? stata affidata alla direzione di David Levi, che all’ultimo momento ha dovuto sostituire il direttore designato, improvvisamente ammalato, Bruno Bartoletti, fornendoci una interpretazione del tutto convincente molto ben coadiuvato dall’Orchestra e dal Coro del Teatro dell’Opera, diretto da Roberto Gabbiani.
I cantanti si sono rivelati tutti molto ben preparati per superare le asperit? di questo tipo di vocalit?, spesso caratterizzata da una impervia tessitura. Kim Josephson ? stato un intenso Eddie, Marlin Miller bravo Rodolfo con un convincente, a volte straordinario, Mark McCrory nell parte di Marco.
Bene anche le parti femminili con Amanda Roocroft (Beatrice) e Amanda Squitieri (Catherine) dallo squisito piglio giovanile e poi l’Alfieri di John Del Carlo felicemente coinvolgente e ben inserito nel contesto scenico. In linea con l’impronta dello spettacolo tutte le altre parti: Dale Travis (Louis), Gregory Bonfatti (Tony), Patrizio Saudelli (Mike), Mario Bellanova e Enrico Cossutta (I e II Immigration Officer), Adriana Morelli (A woman) ed Emanuela Luchetti (Old woman).
La recita alla quale abbiamo assistito ( 25 gennaio) ha avuto un buon successo di pubblico, per certi versi anche inaspettato visto la ritrosia e la diffidenza con la quale si relaziona spesso con le opere al di fuori del grande repertorio. Applausi fragorosi per tutti gli intepreti.
Cocludiamo ricordando che la recita in questione ? stata dedicata ad Andrea Giorgi il maestro che ha guidato il coro del teatro per lunghi anni, recentemente scoparso e ricordato all’inzio sia da Alessio Vlad che da un visibilmente commosso artista del coro per lunghi anni collaboratore del maestro.
Claudio Listanti
claudio.listanti@voceditalia.it